UCRAINA, conflitto e negoziati. Vaticano, Papa Francesco: «C’è una missione in corso per la pace in Ucraina che ancora non è pubblica»

Bergoglio si dice «disposto a fare tutto il possibile per la pace», poiché «la pace si fa aprendo canali».

a cura di Andrea Gagliarducci, vaticanista dell’agenzia giornalistica ACI Stampa – Non è una novità, ma Papa Francesco lo ha ribadito: «Sono disposto a fare tutto il possibile per la pace in Ucraina». In venti minuti di conferenza stampa, il Pontefice ha risposto alle domande sul suo rapporto con l’Ungheria, sul tema delle migrazioni, sull’aiuto che può dare sulla situazioni in Ucraina, rendendo inoltre noto un calendario dei possibili viaggi, aggiungendone uno di cui non rivela nulla che potrebbe avere luogo alla fine dell’anno. Infine, ha annunciato che c’è una missione in corso per la pace in Ucraina, ancora non pubblica.

L’INCONTRO CON IL PATRIARCA ORTODOSSO RUSSO

La questione della pace in Ucraina è particolarmente sensibile, anche considerando il fatto che il tema è stato quello su cui si è trovata più convergenza tra l’Ungheria e la Santa Sede, anche considerando l’incontro che il Papa ha avuto di recente con il metropolita di Budapest Hilarion, in precedenza “ministro degli Esteri” del Patriarcato di Mosca per tredici anni, personalità che fu l’architetto dell’incontro all’Avana tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill. Il Pontefice sottolinea che «la pace si fa aprendo canali», sottolinea che, nel caso dell’ecumenismo, è necessario «mantenere i rapporti», ha ricordato la sua unica conversazione con il Patriarca Kirill dallo scoppio della guerra e ha mostrato apprezzamento per il nuovo capo del Dipartimento delle relazioni estere del Patriarcato, Antonij, che «è stato un parroco a Roma, che conosce bene l’ambiente».

IL PONTEFICE È IN CONTATTO CON I RUSSI

Ad ogni modo, il Papa ha dichiarato di essere «in collegamento con Kirill», sottolineando altresì che il loro incontro, in precedenza previsto per il giugno 2022 a Gerusalemme, è rimasto in sospeso. Egli ha poi notato come ci voglia un rapporto buono con il nuovo ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, perché adesso «lasciamo l’ambasciatore che è stato da sette anni in Vaticano (Aleksander Avdeev, n.d.r.)», definito dal Papa «un uomo grande, colto, molto equilibrato». Papa Francesco ha notato che il rapporto con la Russia passa soprattutto attraverso l’ambasciatore, e da quando è mancato Avdeev «è mancato qualcosa». Il Pontefice ha quindi sottolineato che «a tutti interessa la strada della pace», e che lui è «disposto a fare tutto quello che si deve fare», e che «anche adesso è in corso una missione, ma ancora non è pubblica».

I BAMBINI DEPORTATI

Egli ha anche affermato che pensa di poter aiutare nel riportare i bambini deportati in Russia, come richiesto dal primo ministro ucraino Denys Shmyhal, che è stato in visita in Vaticano il 27 aprile scorso. Anzi, ha aggiunto, «si tratta di un dettaglio che aveva rivelato anche l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica ucraina Sviatoslav Shevchuk, che la Santa Sede ha fatto da intermediario in alcune delle situazioni dello scambio di prigionieri, ed è andata bene». Piuttosto, il Papa sottolinea che si deve aiutare ricordando che «è un problema di umanità prima di un problema di guerra», e che «tutti i gesti umani aiutano, mentre i gesti di crudeltà non aiutano»; anzi, il Pontefice chiede di continuare ad aiutare le donne che emigrano con i figli mentre i mariti sono morti o al fronte, di «non far spegnere l’entusiasmo del momento».

LE MIGRAZIONI DIVIDONO BUDAPEST DALLA SANTA SEDE

Il tema delle migrazioni è quello che sembra tenere più a distanza Ungheria e Santa Sede. Papa Francesco ribadisce che «l’Europa deve prendere in mano» la situazione, che Cipro, Grecia, Malta e Italia sono i Paesi che accolgono di più e che «l’Europa si deve far sentire». Il Pontefice collega il problema delle migrazioni con la questione della natalità, poiché «ci sono paesi come Italia e Spagna dove non si fanno figli. Ultimamente l’anno scorso io ho parlato a un incontro delle famiglie su questo e ottimamente ho visto che anche il governo e altri governi ne parlano». Per quanto riguarda i prossimi viaggi, il Papa ha confermato che andrà a Lisbona per la Giornata mondiale della gioventù, o che comunque «per il momento non è cancellato il viaggio», e ha confermato anche l’intenzione di recarsi a Marsiglia per le Giornate del Mediterraneo (probabilmente il 23 settembre) e in Mongolia (forse a fine agosto).

LE RESTITUZIONI DEI BENI ARCHEOLOGICI

Ma aggiunge «un ultimo di cui non ricordo il programma», invece, su un incontro tra ragazzi russi e ucraini alla Giornata mondiale della gioventù afferma che «Americo (Aguiar, n.d.r.) ha qualcosa in mente». Durante la conferenza stampa sull’aereo papale viene affrontato anche il tema della restituzione dei monumenti. È stato chiesto al Papa se, dopo la donazione alla Grecia di tre frammenti delle sculture del Partenone custodite ai Musei Vaticani, sia disposto ad altri gesti del genere, per esempio nei confronti dei popoli e dei gruppi indigeni del Canada che hanno fatto delle richieste riguardo alla restituzione degli oggetti nella collezione vaticane quale parte del processo di riparazione dei danni subiti nel periodo coloniale. «Quello del Partenone è stato un gesto giusto, ma si deve fare un discernimento comunque sulle restituzioni. La restituzione delle cose indigene è in corso con il Canada. Almeno eravamo d’accordo nel farlo. Adesso domando come va quello. Ma l’esperienza che ho avuto con gli aborigeni del Canada, che è stata molto fruttuosa anche negli Stati Uniti».

GESUITI NEGLI USA

I gesuiti stanno facendo qualcosa con quel gruppo di indigeni dentro gli Stati Uniti d’America, il generale mi ha raccontato l’altro giorno. Ma, tornando alla restituzione, essa è una misura che si può restituire, che è necessario, che è un gesto che è meglio farlo. Delle volte non si può, non c’è possibilità da politica, possibilità reale o concreta». Il Pontefice ha comunque mostrato di amare molto l’Ungheria, di conoscerla anche perché faceva servizio in una parrocchia ungherese da giovane. Così, ha raccontato ai giornalisti di aver avuto esperienze «nel Sessanta, quando studiavo in Cile», dove erano «tanti gesuiti ungheresi che erano dovuti andare a lì perché cacciati dall’Ungheria».

BERGOGLIO, IL GULASH E IL TOCAI

Ma ha anche detto di essere amico «delle suore ungheresi di Maria, che avevano una scuola a venti chilometri da Buenos Aires», cui faceva una visita «due volte al mese, un po’ da cappellano straordinario», e con la società ungherese a Buenos Aires. Scherzando il Pontefice ha anche rivelato che capiva soltanto le parole «gulasch» e «tocai», poi ha anche conosciuto «l’entusiasmo breve» della rivolta di Budapest del 1956, e poi «la delusione dopo». Il Papa però si è detto colpito dalla profonda cultura degli ungheresi, «anche quelli che non erano di una classe sociale alta», e che parlava «normalmente il tedesco o l’inglese, perché in ungherese non si parla. Fuori dell’Ungheria», e ha aggiunto una battuta generale: «Soltanto in paradiso si parla perché dicono che ci vuole un’eternità per imparare la lingua ungherese».

Condividi: