ISRAELE, crisi politica e possibili scenari. Netanyahu è sempre più debole nei sondaggi, ma l’opposizione è divisa

Le possibili dinamiche a breve termine non potranno prescindere dalle scelte del primo ministro in carica, che dovrà fare di tutto per mantenere una maggioranza alla Knesset che sostenga il suo esecutivo e contestualmente «flemmatizzare» la protesta popolare contro di lui, che nelle ultime settimane ha visto centinaia di migliaia di cittadini dello Stato ebraico scendere in piazza per manifestare. Ma i due principali leader dell’opposizione oggi non sono uniti, al contrario, e Benny Gantz sta negoziando con Bibi. Di seguito pubblichiamo l’opinione di Pinchas Inbari, già corrispondente per Israel Radio e il quotidiano “Al Hamishmar”, attualmente collaboratore del Jerusalem Center for Public Affairs e di diversi media esteri

a cura di Pinchas Inbari – La decisione del primo ministro Benjamin Netanyahu di onorare l’Itikaf quest’anno alla fine del Ramadan, dopo aver rinviato la decisione, che avrebbe dovuto essere conseguente, non è necessariamente indice del fatto che egli abbia deciso di mantenere lo status quo del Monte del Tempio, piuttosto di sospenderne la sua cancellazione. A questo punto andrebbero svolte una serie di rilevanti considerazioni riguardo agli interessi dello Stato di Israele e (anche e soprattutto) sui reali obiettivi dell’agire di Netanyahu, che vanno rinvenuti nella sua guerra all’Alta Corte di Giustizia allo scopo di abrogare le leggi sulla corruzione, agire dal quale deriva il suo crollo nei sondaggi di opinione, con parte degli elettori del suo partito, il Likud, che si orientano in direzione di Benny Gantz.

I PROCESSI A CARICO DI «BIBI»

Ho a lungo sostenuto che tutto ciò che Netanyahu vuole è un patteggiamento senza disonore e che, al pari di un irascibile giocatore di poker, alzi sempre la posta in gioco finché il suo concorrente (nel suo caso lo Stato di Israele) non scopra le proprie carte consentendogli di raccogliere il jackpot. Ebbene, ritengo che questa fosse l’intenzione originaria del precedente procuratore generale, Avichai Mandelbit, che ha unificato tutti i fascicoli allo scopo di allungare all’infinito i tempi del processo lungo, poiché egli era molto vicino a Netanyahu e lo ha incontrato in privato innumerevoli volte. Mandelbit aveva dunque motivo di credere che «Bibi» si ponesse sulla sua stessa linea, tuttavia, quando si è invece reso conto di aver commesso un errore, oppure che Bibi gli aveva mentito, gli si è rivoltato contro e ha rilasciato diverse dichiarazioni mettendo in guardia il Paese contro di lui.

FLEMMATIZZARE LA PROTESTA DI PIAZZA

Nel frattempo Netanyahu ha giustamente valutato che l’opposizione guidata da Yair Lapid e Benny Gantz sarebbe stata troppo debole per creargli davvero grossi grattacapi, però le manifestazioni popolari di massa che hanno caratterizzato le ultime settimane di vita del Paese lo hanno indotto ha mutare strategia, costringendolo a decidere se giocare prima le carte che aveva in mano. Fino a questo momento non lo ha fatto, poiché intende fare approvare una serie di leggi sulla corruzione in un colpo solo, ma per poterlo fare dovrà però attendere che in Israele il clima di protesta attualmente espresso contro di lui e contro la possibile deriva dittatoriale si plachi, che la protesta rientri. Quello di cui ha bisogno ora è appunto flemmatizzare le manifestazioni, e uno degli strumenti a sua disposizione per farlo sono i colloqui negoziali nella residenza del Presidente della Repubblica, attraverso i quali Netanyahu cerca di addivenire a un punto di svolta.

GIOCHI POLITICI DI UN’OPPOSIZIONE DISARTICOLATA

Infatti, al momento, di fronte all’affiatata compagine di governo l’opposizione si presenta disarticolata, con Lapid e Gantz intenzionati sinceramente a portare a buon fine i colloqui, dato che entrambi temono che dalla forte protesta di piazza possa emergere una nuova forza politica che li eliminerebbe entrambi dallo scena politica israeliana, tuttavia essi sono reciprocamente sospettosi l’uno dell’altro, oltreché entrambi in competizione per la leadership dell’opposizione. Ma, qual è la principale differenza tra Yair Lapid e Benny Gantz? Mentre Lapid fa riferimento a una nuova Legge costituzionale basata sulla Dichiarazione di Indipendenza di Israele, Gantz e i suoi (principalmente Matan Kahane) affermano invece che il sistema giudiziario ha sì bisogno di riforme, ma non così come le vorrebbe varare Netanyahu. La lettura della posizione di quest’ultimo che si trae è che Gantz si sta sostanzialmente riferendo a Netanyahu allo scopo di prendere il posto di Ben-Gvir nell’attuale governo, questo in cambio di un sostegno politico alla Knesset che gli consenta di varare una riforma in maniera che l’opinione pubblica israeliana possa accettare.

UN COMPROMESSO MOLTO AL RIBASSO

Però il problema è che Bibi non è interessato alla riforma, bensì soltanto alla nomina dei magistrati che dovranno giudicare nel suo processo. Fino a questo momento Gantz ha assunto una posizione di rifiuto della politica di Netanyahu, tuttavia il sospetto è che si tratti di una farsa, che al momento della verità costringerà Gantz a seri compromessi pur di conseguire il suo obiettivo, compromesso il cui significato politico sarà la sostituzione di fatto di Ben-Gvir in cambio della nomina di “soltanto” due giudici della Corte Suprema. Ma per quale posizione? Un altro abbandono di Galant creerebbe una tempesta che trascinerebbe nel suo vortice sia lui che Netanyahu. E infatti abbiamo superato questa fase, a meno che Gantz non accetti una nomina al vertice del Ministero della Sicurezza nazionale in qualità di vice primo ministro. Uno scenario del genere potrebbe recuperare gli elettori di Bibi, dargli giustizia alla Corte Suprema come un “chiodo di Juha”, nominando il resto dei suoi giudici.

IL CHIODO DI JUHA  E LE POSSIBILI DINAMICHE

Il chiodo di Juha, una sorta di Hershel di Ostropol (figura archetipale nell’umorismo ebraico, n.d.t.), è la storia di colui che vendette la propria casa a qualcuno, dicendogli però che gli avrebbe lasciato un chiodo sul muro della casa. L’ingenuo acquirente acconsentì e allora Juha fece ritorno nella casa con un cappotto che appese al «suo» chiodo. Ma, siccome aveva lì il «suo» cappotto, portò anche un ferro da stiro e lo mise vicino al cappotto, poi di nuovo altro, finché non riacquistò la casa che aveva «venduto». Di fronte all’atteggiamento morbido di Gantz, Lapid con la sua richiesta di una Carta costituzionale basata sulla Dichiarazione di Indipendenza ha assunto invece una posizione più dura. Seppure sia difficile che ciò accada, va comunque rilevato che anche Lapid non ha chiede le dimissioni Netanyahu, bensì quelle di Ben-Gvir, e se quest’ultimo alla luce della “debolezza” del primo ministro decidesse di dimettersi, Gantz e Lapid probabilmente farebbero ingresso nel governo, quindi prenderebbe avvio un nuovo gioco che vedrebbe aperte tutte le opzioni possibili, inclusa quella del tentativo di direzione della protesta di piazza contro entrambi. Ma oggi questo è ancora presto per dirlo.

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