La Sala Stampa estera a Roma era oltremodo affollata di giornalisti e video operatori, convenuti all’evento di presentazione organizzato da Romeo Editore S.r.l in collaborazione con Open Gate Italia, che ha visto Massimo Micucci, che di Open Gate Italia figura tra i responsabili, introdurre Renzi e Sansonetti, oltreché moderare gli interventi dei colleghi presenti. Ovviamente non sono mancate alcune domande “birichine” alle quali Matteo Renzi ha risposto ricorrendo a qualche dribbling, come quando gli è stato chiesto se da direttore editoriale de “Il Riformista” affronterà tematiche scottanti quali quella della libertà di stampa in paesi come l’Arabia Saudita.
IL FUTURO DI RENZI E QUELLO DEL TERZO POLO
La nuova e ulteriore occupazione dell’ex Presidente del Consiglio dei ministri (sarà ufficialmente il direttore della testata dal 3 maggio 2023 al 30 aprile 2024) ha inoltre alimentato le speculazioni in ordine alle ipotesi sul futuro della sua ultima formazione politica e del relativo tandem di vertice che egli fino adesso forma con Carlo Calenda. Non solo, ora si apre anche la querelle relativa alle possibili conseguenze di eventuali querele a carica di un direttore di testata che mantiene pur sempre le prerogative di parlamentare della Repubblica. Infine, viene apertamente dichiarata la funzione di strumento in chiave politica del quotidiano, poiché, come per altro affermato dallo stesso Renzi, «Il Riformista darà voce a tutta quella parte del Paese che crede nel lavoro e non nel Reddito di Cittadinanza; che pensa che non si possano bloccare Chat GPT o il Mes, insomma che al momento non è rappresentata da nessuna fonte di informazione. Voglio precisare – ha quindi egli aggiunto – che con Il Riformista “non lascio ma raddoppio”; ovvero: continuerò la mia attività politica come parlamentare dell’opposizione, mettendoci sopra il carico da novanta di questa esperienza».
ALLA RICERCA DELLA «MAGGIORANZA SILENZIOSA» PERDUTA
Traspaiono quindi con evidenza le basi di quello che potrà essere il tentativo di fidelizzazione ed eventuale aggregazione di quei settori dell’opinione pubblica che un tempo venivano definiti come “maggioranza silenziosa”, cioè quel potenziale bacino di consenso elettorale che, in una società in crescente polarizzazione, si pone sostanzialmente al centro, o per dirla con le parole dello stesso Renzi, rivolgendosi a «quella maggioranza silenziosa che non si sente rappresentata né dall’ala sovranista al governo, né dalla sinistra radicale di Elly Schlein e Giuseppe Conte». L’editore Alfredo Romeo ha dichiarato di aver acquistato quattro anni fa “Il Riformista”, «quotidiano nato come raccordo tra le posizioni della sinistra e quelle del centro, in una cornice radicale, liberale e garantista», attestatosi poi su posizioni «più nettamente di sinistra, pur mantenendo sempre alta la bandiera del garantismo (…) “Il Riformista”, invece, adesso tornerà alla sua vocazione originale liberal-democratica, garantista e pluralista, rappresentando tutte le idee dalla sinistra più moderata di ispirazione socialista e democratica, alle tradizioni popolari e liberali».
COSA DIRÀ “L’UNITÀ”
Sansonetti assumerà dunque la direzione de “l’Unità”, storica testata che fu organo di stampa ufficiale del Partito comunista italiano, della quale egli stesso è stato cronista e condirettore per diversi anni. «La sinistra ritorna ad avere una voce nella stampa italiana – ha al riguardo affermato -, negli ultimi anni si era creato un vuoto impressionante che aveva determinato un’inevitabile sbilanciamento dell’informazione a destra. Oggi, quest’operazione ripristina gli equilibri, tornando a dare voce alla sinistra che finora non poteva condurre alcuna battaglia editoriale. Proprio perché esistono molti tipi di riformismo, io e Matteo Renzi faremo due giornali molto diversi, partendo dal presupposto che l’Unità resterà un giornale totalmente garantista». Un giornale che, tuttavia, pone alla luce il dramma personale delle persone che ci lavoravano, che nei suoi termini è stato espresso stamani mediante una nota diffusa dal Comitato di redazione de l’Unità e dalla segreteria generale della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI).
IL PRECEDENTE FALLIMENTO DI UNA STORICA TESTATA
«La dolorosa vicenda occupazionale dei giornalisti de l’Unità non è conclusa – vi si legge -, lo ricordiamo anche a Matteo Renzi, che per un anno si cimenterà come direttore de Il Riformista. Parliamo dello stesso Renzi segretario del Partito Democratico nel periodo più buio de l’Unità, dell’avvento degli editori Pessina-Stefanelli, all’uscita del Pd dalla società editoriale, alla chiusura del quotidiano. La storia più recente ha raccontato la procedura fallimentare a carico degli editori Pessina-Stefanelli e l’acquisto all’incanto della testata fondata da Antonio Gramsci da parte dell’editore Alfredo Romeo, già proprietario de Il Riformista. “La vera notizia è il ritorno in edicola de l’Unità“, dice Renzi, ma dimentica che il nuovo progetto editoriale ha lasciato fuori le giornaliste e i giornalisti de l’Unità che hanno vissuto sulla loro pelle l’epilogo della testata. Un’operazione, lo ribadiamo, che si manifesta non come un’opportunità per il pluralismo dell’informazione, recuperando una testata fondamentale per la storia democratica del Paese con il suo patrimonio professionale, ma come una mera speculazione editoriale».
RESTA TUTTAVIA INTATTO IL TEMA OCCUPAZIONALE E PROFESSIONALE
«È la prima volta – conclude la nota congiunta di Fnsi e Cdr – che un’intera redazione, quella de Il Riformista, scriverà le pagine della nuova Unità, mentre si darà vita a una nuova redazione che sarà diretta da Matteo Renzi. All’editore Alfredo Romeo e al direttore Piero Sansonetti ricordiamo con forza che la vicenda dell’Unità coincide con la storia di diciassette giornalisti e quattro poligrafici licenziati dopo il fallimento. Il tema occupazionale e professionale resta intatto».