Il Piano nazionale di resilienza e ripresa costituisce un’opportunità straordinaria ai fini dello sviluppo dell’economa italiana in Europa, ma per la sua piena attuazione un ruolo fondamentale è giocato oggi anche dalle regioni e dagli enti locali. Trasformazione digitale, transizione energetica e rafforzamento del Sistema sanitario nazionale costituiscono non solo la parte preponderante delle risorse previste dal Piano, ma anche il terreno più ampio sul quale misurare i persistenti divari tra territori, i problemi burocratici nella realizzazione di opere, nonché il rispetto dei tempi progettuali, che vuol dire anche e soprattutto piena messa a terra degli investimenti. Differenze e vincoli che vanno superati velocemente ed efficacemente.
IL PNRR ALLA PROVA DEI TERRITORI
È questo il contesto che fa da sfondo allo studio “Il PNRR alla prova dei territori: gli scenari di investimento in digitale, sostenibilità e salute”, presentato recentemente a Roma in occasione del convegno pubblico di lancio di Next Reg, con il patrocinio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e della Rappresentanza della Commissione europea in Italia. Si tratta della nuova iniziativa di monitoraggio e dialogo tra imprese, società civile e istituzioni sull’attuazione del Piano nazionale di resilienza e ripresa nei territori promossa dall’Istituto per la Competitività (I-Com), Nomos e Open Gate Italia. Lo studio fornisce una panoramica sullo stato dell’arte dei settori interessati dagli investimenti e dalle riforme del Piano da un punto di vista territoriale, con un focus specifico sulle regioni del Centro Italia (Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana e Umbria) e con riferimento a tre ben definiti filoni tematici: Digitale, Sostenibilità e Salute.
DIGITALE
Le reti di telecomunicazione sono l’architrave su cui poggia il processo di digitalizzazione di ogni area geografica. Osservando la situazione relativa alle regioni del Centro Italia, il Piano Italia a 1 Giga ha assegnato a Lazio e Toscana due lotti specifici che sono stati aggiudicati rispettivamente per 242,7 milioni di euro e 255,6 milioni. Abruzzo, Marche e Umbria sono invece parte di un lotto unico che, insieme al Molise, è stato aggiudicato per 305,9 milioni di euro. A livello territoriale, la regione centrale che vede la maggior quota di civici da coprire con la rete fissa che ricadono sotto il cappello del Piano è l’Abruzzo (37,3%), seguito da Toscana (24%), Umbria (19,7%), Lazio (19,3%) e Marche (13,1%). Sul versante della connettività mobile 5G, il Lazio occupa la seconda posizione a livello nazionale, con un tasso di copertura del 14,7%, ed è l’unica regione insieme alle Marche (7,32%) ad avere un valore superiore alla media nazionale (7,29%). La copertura in 5G nelle altre regioni si attesta al 5,4% per l’Umbria, 5,3% per l’Abruzzo e 4,4% per la Toscana.
DIGITALIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione in centro Italia corre più veloce in Toscana che, con 106 servizi offerti in modalità completamente digitalizzata dai propri capoluoghi di provincia, supera tutte le altre regioni centrali. Le altre invece presentano un importante distacco, con Lazio a quota 43, Marche a 29, Umbria a 24 e, soprattutto, Abruzzo ad appena 7. Per quanto concerne l’interazione digitale tra cittadini e PA, si osserva come Abruzzo, Marche e Umbria si posizionano al di sotto della media nazionale. In merito all’interazione digitale tra imprese e PA, invece, le Regioni del Centro fanno evidenziare risultati incoraggianti, con Lazio (88%), Toscana (87,5%)e l’Abruzzo (86%) nelle prime 5 posizioni, mentre le Marche (83,3%) si posizionano poco sotto la media nazionale (83,4%). L’Umbria, che pure figura terzultima, presenta una quota del 79,8 per cento. Riguardo alla diffusione delle competenze digitali di base presso le imprese, in testa si colloca il Lazio con il 74% delle aziende dotate di tali competenze, seguito dall’Umbria con il 67,7%, e poi dall’Abruzzo con il 63,2%; Toscana e Marche risultano lievemente arretrate rispetto alle altre regioni, arrivando rispettivamente solo al 61% e al 56,5 per cento.
PROBLEMI DI NATURA BUROCRATICA
Nonostante le proiezioni di copertura al 2026 sia per il fisso che per il mobile siano estremamente positive è necessario che tutti gli attori in campo si impegnino per rispettare le stringenti scadenze dettate dal PNRR soprattutto considerando i problemi di natura burocratica e la mancanza di manodopera che affliggono in maniera cronica la realizzazione delle opere infrastrutturali nel nostro Paese. Nello studio si evidenzia un ritardo degli enti pubblici italiani sotto il profilo della digitalizzazione. Andrebbero quindi incoraggiati tutti gli enti pubblici, e in particolar modo le scuole, a richiedere (e successivamente spendere adeguatamente nei modi e nei tempi previsti) le importanti risorse messe a disposizione in questi anni. È fondamentale che la pubblica amministrazione investa quindi nella formazione dei propri dipendenti, sia attraverso la formazione interna sia con l’offerta di corsi esterni.
SOSTENIBILITÀ
Le regioni italiane sono chiamate a contribuire pienamente alle sfide europee di sostenibilità e agli obiettivi posti al Paese. Un fattore chiave in questo senso è lo sviluppo di impianti di energia rinnovabile. Lo studio mostra come le prime quattro regioni per impianti fotovoltaici installati appartengano tutte al Nord del Paese. Guardando, tuttavia, alla potenza media, è il Mezzogiorno a guidare la classifica, con Puglia, Basilicata e Molise in testa. Tutte le regioni del Centro presentano una capacità di produzione rinnovabile inferiore alla media nazionale (3.196 MW). Nel dettaglio, la Toscana occupa l’11a posizione con 2.701 MW di potenza, il Lazio la 1a con 2.466 MW, l’Abruzzo 13a con 2.422 MW, le Marche 15a con 1.594 MW e l’Umbria 17a con 1.334 MW. I trasporti rappresentano l’unico settore di uso finale dell’energia ha accresciuto le proprie emissioni negli ultimi decenni. La regione che presenta, in termini assoluti, le emissioni da trasporti maggiori è il Lazio con 10,6 MCO₂, seguono poi la Toscana (7,6 MCO₂), le Marche (3,4 MCO₂), l’Abruzzo (2,5 MCO₂) e l’Umbria (1,8 MCO₂). Se si normalizzano i dati rispetto alla popolazione residente, la classifica cambia, con la regione Marche che diventa la più inquinante nel Centro del Paese e la quarta in Italia. La gestione dei rifiuti in Italia vede inoltre profonde differenze all’interno del Paese. Analizzando lo stato della percentuale di raccolta differenziata per regione troviamo Marche (71,6%), Umbria (66,6%) e Abruzzo (65%) posizionarsi al di sopra della media nazionale, mentre Toscana (62,2%) e in particolare Lazio (52,5%), che occupa la terzultima posizione a livello nazionale, sono ampiamente al di sotto sia del valore medio del Paese che della soglia del 65% prevista dalla normativa del settore.
INTERVENTI SUGGERITI
Definire le aree idonee, rimuovere colli di bottiglia ancora ampiamente esistenti, rafforzare le strutture preposte al rilascio delle autorizzazioni, pianificare e attuare uno sviluppo delle infrastrutture adeguato sono alcune delle linee di azione da seguire per riportare l’Italia in cima alle classifiche europee per crescita di impianti di energia pulita. Lato trasporti, un punto centrale di intervento è il trasporto stradale, che costituisce la parte più significativa della domanda di mobilità e il segmento dalle emissioni inquinanti più consistente. In questo ambito sono necessarie politiche che agiscano sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, al fine di supportare la diffusione di veicoli ad alimentazione elettrica ed alternativa. A politiche di incentivo all’acquisto, va affiancata una rapida diffusione delle reti di ricarica elettrica e di rifornimento, quanto più omogenea sul territorio nazionale. Seppure l’Italia presenti ottime performance di economia circolare, legate perlopiù ai rifiuti speciali, mostra criticità importanti nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani. Dirimente è il deficit di impianti, che segna soprattutto il Centro-Sud della Penisola e che alimenta l’esportazione di rifiuti verso regioni con adeguate dotazioni o verso l’estero. Dagli investimenti del PNRR per potenziare la capacità di gestione e di trattamento è lecito attendersi un miglioramento significativo della situazione, con minori impatti ambientali e costi inferiori di gestione.
SALUTE
La pandemia Covid-19 ha rappresentato sicuramente uno spartiacque per il Sistema Sanitario Nazionale, rendendo ancor più evidenti le differenze regionali nell’assistenza medica. Nel periodo 2015-2020 il Servizio sanitario nazionale ha perso ben 37 istituti di cura pubblici. Tra le regioni del Centro, il Lazio è quella che ha registrato il calo più evidente con la chiusura di sette istituti di cura (-12%). A seguire l’Abruzzo con 18 strutture totali in meno (-5,6%) e la Toscana (-2,5%). Il numero di posti letto pro capite nelle regioni del Centro è sceso nelle Marche (-18%), nel Lazio (-11%) e in Toscana (-6%). Per quanto riguarda il personale sanitario, e in particolare le figure maggiormente coinvolte nell’assistenza territoriale, in tutto il Paese si è registrato un calo dal 2015 al 2021. Nel dettaglio, i Medici di medicina generale (MMG) per 10.000 abitanti sono diminuiti dell’8,6% nel Lazio, del 6,8% nelle Marche, del 2% in Toscana e dell’1,9% in Abruzzo. Nel Centro Italia troviamo 11 IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), di cui 8 nel Lazio (6 privati e 2 pubblici), 2 in Toscana (uno privato ed uno pubblico) e uno pubblico nelle Marche. Nessuno di questi è situato in Abruzzo. Per quanto riguarda i Livelli Essenziali di Assistenza, il Centro presenta delle ottime performance in tutte le tre macro-aree di assistenza. Nell’Area Prevenzione i punteggi di Lazio, Marche, Toscana e Umbria superano in media di 23 punti la soglia di sufficienza di 60 punti. L’unica regione sotto il 60 è l’Abruzzo con un punteggio di 54,03. Per quanto riguarda l’Area Distrettuale, tutte le regioni superano la soglia di 60 punti. Anche per l’ultima Area, quella Ospedaliera, viene superata la soglia di sufficienza. Per ciò che concerne il fascicolo sanitario elettronico (Fse), buone performance per il Lazio (dove è utilizzato dal 38% dei cittadini, il 34% dei medici e il 35% delle aziende sanitarie) e la Toscana (il 30% dei cittadini, il 12% dei medici e la totalità delle aziende sanitarie). Da segnalare invece come in Abruzzo nessun cittadino e nessuna azienda sanitaria ne fa uso (contro il 22% dei medici). Anche le Marche non brillano, con una diffusione solamente tra una buona parte dei medici (il 47%).
INFRASTRUTTURE E TECNOLOGIA
Nel complesso, gli interventi previsti dal Piano richiedono sforzi a livello regionale per programmare gli investimenti, realizzare le infrastrutture, acquistare tecnologie ed apparecchiature nei tempi e nelle modalità previste. La dotazione di personale dovrà necessariamente andare di pari passo rispetto alla realizzazione o riqualificazione delle strutture di cura volute dal Piano e, nello specifico, è necessario risolvere la questione personale nel breve termine. Il coinvolgimento dei medici di medicina generale nell’attuazione della riforma richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi di partecipazione alle varie strutture e una revisione dei percorsi formativi per adeguarli alla nuova impostazione delle cure primarie sul territorio. Le disparità regionali sono ancora evidenti, e non riguardano solo la capacità di raggiungere la soglia di sufficienza nella garanzia dei livelli essenziali di assistenza (Lea), ma molte differenze sono presenti anche tra le regioni che superano tale soglia, aprendo quindi ad ulteriori spazi di intervento in termini di equità. I Lea dovrebbero, invece, diventare uno strumento più flessibile, adattabile alle modifiche dei bisogni di salute della popolazione e in grado di rispondervi grazie alle innovazioni tecnologiche più recenti.