La storia di un gioco di inganni messo in atto attorno a un’eredità, dove il tema romantico amore-morte viene sostituito da quello più concreto, amore-denaro. Il racconto dalla voce del protagonista, uomo così incerto su sé stesso dal non comprendersi se il suo agire sia figlio della buona o della malafede. Non si tratta di una storia di avidità. Sentimenti più complessi animano l’agire del protagonista: affermazione di sé, desiderio di giustizia, odio e disprezzo e, anche, amore.
L’EREDITÀ DEI CREA
Un ricco imprenditore fattosi da sé, rozzo e tirannico, ossessionato dall’idea di avere un erede del «suo stesso sangue», vuole un pronipote che abbia la più alta concentrazione di questa materia prima al fin di lasciargli in eredità l’Impresa avviata nel corso della vita. Ma il vecchio ha anche due nipoti, un maschio adulto, che è anche il suo braccio destro negli affari, e una femmina minorenne, che ha vissuto da quando era bambina in un collegio. Un matrimonio tra i due potrebbe dare l’erede desiderato, tuttavia, il vecchio del maschio non si fida, poiché lo considera un debole, mentre della femmina si fida ancor meno a causa di certi suoi trascorsi «artistici» e frequentazioni equivoche. Contro il suo volere, però i due si sposano, mettendo poi al mondo l’erede. Non potendo fare a meno di accettare il fatto compiuto, il vecchio lascia tutto il patrimonio al neonato e decide di andare a riposare per l’eternità. Apparentemente tutto bene, dunque.
UNA PANTOMIMA E IL PREVALERE DEL SANGUE
Al contrario. La pantomima che i due sposi hanno messo in scena non era stata scritta a due mani: ognuno ha agito per conto proprio, ma solo uno dei due protagonisti ha mentito sapendo di mentire, recitando il proprio ruolo con fredda razionalità al punto da sacrificare anche il più forte degli istinti, quello sessuale. L’altro ha mentito solo a sé stesso, per cui alla fine l’unico sconfitto è lui. Ma, in fondo il vero vincitore è il vecchio Crea, che ha lasciato tutta l’eredità al figlio dei suoi nipoti, l’erede con la più alta concentrazione di sangue familiare nelle proprie vene. A prevalere è quindi la vera eredità dei Crea, quella che il vecchio imprenditore definiva «il sangue».
L’AUTORE
Umberto Segato è nato nel 1932 a Mira, in provincia di Venezia. Ha iniziato giovanissimo a lavorare al quotidiano “Il Giorno”, per passare poi alla televisione, divenendo inviato speciale del TG2 Rai. Nel 1963 collaborò alla realizzazione de “La Germania di Adenauer”, nel 1964 firmò assieme ad Alfredo Todisco un docufilm su Ernest Hemingway. Nel 1966 con Enzo Siciliano realizzò una serie di servizi culturali per la rubrica “Zoom”, il rotocalco di attualità di Andrea Barbato e Pietro Piuntus. Successivamente fece parte della redazione della trasmissione giornalistica “AZ: un fatto come e perché”, a cura di Luigi Locatelli. Nel 1976 la sua inchiesta “Friuli anno zero” venne selezionata per il Premio Italia. Per “Il senno di poi” (Tg2 Dossier del 2 luglio 1977) si occupò di autostrade mediante una propria inchiesta giornalistica. Dal 1978 fu il conduttore dell’edizione del Tg2 della notte. Sotto la direzione di Andrea Barbato (in seguito sostituito da Ugo Zatterin), nel 1980 presiedette il comitato di redazione del Tg2.