DIFESA, Segredifesa. Il generale Portolano audito dalle Commissioni Difesa dei due rami del Parlamento

Delineate dal Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti le linee guida per la gestione dello strumento militare

Il Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, generale Luciano Portolano, è stato recentemente audito dalla IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati e dalla III Affari esteri e Difesa del Senato della Repubblica. In quei contesti, egli ha avuto modo di illustrare le linee guida alla base del funzionamento dello strumento difensivo nazionale, anche e soprattutto alla luce delle nuove esigenze andate determinandosi a seguito delle tensioni in atto a livello internazionale.

LA RELAZIONE DI SEGREDIFESA

Funzioni proprie dell’area tecnico-amministrativa della Difesa, quella che rinviene al suo vertice il SgD Dna, sono la politica degli armamenti e le attività di procurement, il supporto alla politica industriale della Difesa e la cooperazione internazionale nello specifico settore, la ricerca tecnologica e l’innovazione, le direttive applicative per gli affari giuridici, economici, disciplinari e sociali del personale militare e civile, quelle amministrative e contrattuali relative al procurement e al corretto impiego delle risorse e la gestione del contenzioso. Essa ha due anime: il Segretariato generale della Difesa (competenze di natura tecnico-amministrativa, giuridica e ordinativa) e la Direzione nazionale degli armamenti (operante nella sfera tecnico-industriale).

ANALISI DI SCENARIO

«Prima di passare a illustrare le linee programmatiche – ha premesso Portolano -, vorrei condividere una riflessione sulla necessità, anche per l’area tecnico-amministrativa, di effettuare una continua analisi dinamica dello scenario internazionale. Infatti, per definire in modo compiuto le azioni e le priorità sulle quali indirizzare il nostro operato è necessario comprendere gli effetti strategico-operativi che le dinamiche internazionali determinano sul sistema Difesa, inteso complessivamente come strumento militare e comparto industriale. È evidente a tutti come le attuali dinamiche internazionali si sono inserite, in modo dirompente, in un quadro generale già contraddistinto da sfide e minacce di diversa natura, mettendo in discussione la percezione stessa di sicurezza cui ci eravamo abituati nel post guerra fredda».

SI È INCEPPATO IL MECCANISMO STORICO

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia potrebbe essere definita come un «inceppamento» del meccanismo storico che, negli anni, aveva posto la globalizzazione e l’interconnessione degli interessi economici, energetici e industriali quali principali garanzie per la non belligeranza. Uno shock che, unito alla crisi energetica e finanziaria, ha prodotto effetti di secondo ordine sia sulla Difesa che sull’industria nazionale. È evidente come le dinamiche internazionali abbiano originato un rinnovato e condiviso interesse, in ambito europeo, per l’incremento delle capacità militari, funzionali, soprattutto, per quanto attiene al nostro paese, all’assolvimento della prima e della seconda missione delle nostre Forze armate, ovvero la difesa dello Stato e degli spazi euroatlantici ed euromediterranei, anche in chiave di deterrenza.

TRE ORIZZONTI TEMPORALI

Dunque, i nostri sforzi dovranno mettere in sinergia tre orizzonti temporali: nel breve termine, ripianare i sistemi d’arma e le scorte di munizioni ceduti all’Ucraina; nel medio termine, colmare i gap capacitivi già esistenti prima della crisi; nel lungo termine, sviluppare capacità operative, ossia sistemi, tecnologie, infrastrutture e risorse umane all’altezza delle sfide e degli scenari futuri. In tale contesto, il settore industriale della Difesa in Europa si è trovato a dover fronteggiare un aumento della domanda aggregata, accompagnato dalla richiesta di incremento della velocità di produzione, ma deve anche confrontarsi con la scarsità di alcune materie prime e di semilavorati, oltre che con l’incremento dei costi di produzione, dovuti all’aumento dei prezzi dell’energia. Tra l’altro, vorrei aggiungere che il conflitto in Ucraina rappresenta per tutta la comunità internazionale una fonte di lezioni identificate direttamente sul campo.

COMPLESSITÀ DEI NUOVI CONTESTI OPERATIVI

In generale, ci ha messo di fronte all’importanza del ritorno ai fondamentali di un conflitto, che richiede capacità militari molto più complesse, in termini di dottrina, equipaggiamenti e addestramento, rispetto a quelle sulle quali ci siamo concentrati nel lungo periodo caratterizzato dalle operazioni di peacekeeping o di supporto alla pace. In tale contesto, il Segretariato generale della Difesa si sta concentrando su quelle lezioni afferenti al proprio ambito di responsabilità, ossia sugli aspetti di carattere tecnico-industriale. Questa analisi ha rafforzato la mia personale consapevolezza sull’importanza di poter contare su sistemi d’arma tecnologicamente avanzati, capacità industriali solide e competitive cui si aggiunge la necessità di disporre di una catena di approvvigionamento veloce e sicura. Ad esempio, è evidente come l’invio da parte della comunità internazionale di sistemi d’arma, talvolta superiori a quelli russi per tecnologia e non per numero, abbia consentito di riequilibrare i rapporti di forza, inizialmente fortemente sbilanciati a favore di Mosca.

SINERGIA STATO-INDUSTRIA

In Ucraina altrettanto importante si sta rivelando la sinergia tra Stato e comparto industriale, che ha consentito di mettere a sistema tutte le capacità e le tecnologie della società per supportare le attività operative sul campo. Pertanto, il presupposto fondamentale è la capacità di produzione dei componenti essenziali e del munizionamento. Ma, per incrementare tale capacità è necessario soddisfare due condizioni ben prima dell’inizio di un qualsiasi conflitto o di una crisi. La prima è quella di possedere il know how tecnologico, la seconda si inquadra invece nella disponibilità di una catena di approvvigionamento certa ed efficace. Quindi, tracciati i lineamenti generali dello scenario in cui siamo chiamati a svolgere i compiti istituzionali attribuiti dal quadro normativo, passo ora a descrivere quali sono gli obiettivi che intendo perseguire, e le linee d’azione ad essi funzionali, così da contribuire, in assoluta sinergia con l’area tecnico-operativa, al raggiungimento degli obiettivi di livello politico-militare chiaramente definiti dal ministro della Difesa.

OBIETTIVO 1: INNOVAZIONE

Il primo obiettivo è quello di preservare l’autonomia strategica nella ricerca scientifica, e tecnologica. Muoversi in maniera proattiva nel campo dell’innovazione è la chiave per rimanere competitivi e mantenere un vantaggio tecnologico nei confronti di potenziali avversari. Infatti, in un contesto globale altamente competitivo essere totalmente dipendenti da tecnologie altrui significherebbe accettare il rischio di farsi cogliere impreparati ad affrontare una situazione di crisi, qualora ce ne fosse bisogno. Ma vorrebbe anche dire subordinare la capacità di difendere gli interessi nazionali alla volontà di coloro che detengono il know-how  tecnologico. Pertanto, l’autonomia strategica nella ricerca scientifica e tecnologica deve essere preservata e rafforzata, favorendo un percorso di collaborazione con altri paesi, in un contesto in cui l’Italia possa mantenere un ruolo di partner capace e fortemente propositivo, e non retrocedere alla mera funzione di cliente. Al riguardo, l’articolo 41 del Codice dell’Ordinamento militare individua il Segretariato generale della Difesa quale responsabile delle attività di ricerca e sviluppo, oltreché della produzione e approvvigionamento dei sistemi d’arma.

ALCUNE CONDIZIONI DECISIVE

In tale contesto, intendo concentrare gli sforzi per il raggiungimento di alcune condizioni decisive. La prima è rafforzare la sinergia con il mondo accademico, i centri di ricerca e il comparto industriale, implementando tool e hub dell’innovazione, che possano essere incubatori e acceleratori di idee, e che rendano coerente il flusso che va dalla concezione dell’idea all’investimento finale. Quindi, valorizzare le piccole e medie imprese e le start up, che forniscono un contributo rilevante allo sviluppo del pensiero innovativo, facendo in modo che venga agevolata la loro partecipazione nell’ambito dei progetti del Piano nazionale di ricerca militare e di quelli finanziati dalla commissione europea e nell’ambito dell’Alleanza atlantica. A tal proposito, è necessario incrementare la nostra capacità di influenzare i consessi internazionali sull’innovazione, ricercando l’allineamento degli obiettivi definiti in ambito NATO e Unione europea alle priorità stabilite in ambito nazionale. Quest’ultimo aspetto è molto importante, perché, nel suo ambito di applicazione, il settore tecnologico militare costituisce un assoluto amplificatore di influenza sulla scena internazionale, oltre a contribuire all’esigenza di disporre di sistemi pienamente interoperabili, non solo in ambito interforze, ma anche multinazionale.

INDISPENSABILE CONCENTRARE LE RISORSE

Inoltre, sarà indispensabile far convergere in modo più deciso i progetti di ricerca con le dinamiche di sviluppo capacitivo dello strumento militare e con quelle di politica industriale della Difesa, concentrando l’attenzione e le risorse su quelle aree in cui siamo consapevoli di avere un potenziale gap rispetto alla velocità dello sviluppo tecnologico; tra tutti: cyber, spazio e intelligenza artificiale. Proprio in merito alla convergenza di ricerca e sviluppo capacitivo, ritengo importante sottolineare come la rapidità dell’evoluzione tecnologica potrebbe offrire soluzioni innovative, difficilmente prevedibili, tanto radicali da imporre una nuova visione del modo in cui operiamo. Pensiamo alla Revolution in Military Affairs intervenuta nel periodo fra la Prima e la Seconda guerra mondiale, durante la quale la ricerca tecnologica e la forte spinta industriale consentirono l’introduzione e il perfezionamento di nuove tecnologie e sistemi, tanto dirompenti da rendere obsolete le tecniche, le tattiche, le procedure e gli armamenti utilizzati fino a quel momento. Se da un lato la ricerca deve supportare lo sforzo capacitivo, dall’altro dobbiamo essere aperti a definire i nostri stessi gap capacitivi attraverso un’approfondita analisi delle opportunità offerte dalle tecnologie emergenti.

NUOVE METODOLOGIE

Per questo motivo, sarà importante incrementare la sinergia tra tutte le componenti (area tecnico-amministrativa e tecnico-operativa, industria e centri di ricerca), prevedendo nuove metodologie di lavoro che favoriscano la rapida condivisione di esigenze, proposte e opportunità, per identificare le soluzioni migliori. In altre parole, a mio avviso, il mondo della progettazione e dell’industria della difesa deve affiancare in presa diretta chi opera sul terreno, dimostrando resilienza e rapidità di adattamento e, in molti casi, deve poter precorrere gli accadimenti operativi, con una intensa e costante analisi strategica e di scenario. Su questo principio si basa il secondo obiettivo che intendo perseguire, ovvero attuare processi di procurement efficaci, aderenti alle esigenze dell’area tecnico-operativa e flessibili per adattarsi a uno scenario continuamente mutevole.

OBIETTIVO 2: PROCUREMENT

Nell’ambito del procurement militare la sfida che intendo affrontare è quella di riuscire a fornire allo strumento militare le migliori capacità nel più breve tempo possibile e nell’ambito del budget assegnato. Per il perseguimento di questo obiettivo, la prima condizione da soddisfare è adottare processi agili e flessibili, che consentano rapidità di azione e libertà di manovra, per mitigare i rischi e sfruttare le opportunità, pur garantendo l’assoluta trasparenza dell’azione amministrativa. Un’ulteriore condizione decisiva è rappresentata dalla crescente esigenza di sinergia con lo Stato maggiore della Difesa e con le Forze armate, oltre che con il comparto industriale, al fine di individuare le capacità e le tecnologie più idonee a soddisfare le esigenze operative. In tal senso la strada intrapresa è quella di implementare, soprattutto per i programmi di maggiore complessità, degli specifici integrated project team, ossia gruppi di progetto multidisciplinari che vedono coinvolte tutte le parti interessate in un forum collaborativo che focalizzi l’attenzione, sin dalla fase concettuale, sulla comprensione delle esigenze operative e delle opportunità tecnologiche e di sviluppo.

INTEGRATED PROJECT TEAM

I primi esempi di questo approccio, che intendo estendere ad altri programmi di rilievo, sono relativi allo studio per lo sviluppo di un elicottero di nuova generazione e al programma per il caccia multiruolo di sesta generazione. Tutto ciò è fondamentale per portare avanti il vasto e variegato portafoglio dei programmi già avviati dal segretariato generale della difesa, molti dei quali di particolare complessità e caratterizzati da volumi finanziari di assoluto rilievo e con impatti, in termini di sviluppo tecnologico e di ritorni economici e industriali altrettanto ragguardevoli. La terza condizione è quella di massimizzare le opportunità che emergono in ambito internazionale, con particolare riferimento ai progetti finanziati dal fondo europeo per la difesa, l’European Defence Fund. Si tratta di progetti che mirano allo sviluppo prototipale di nuove tecnologie e capacità, con fondi tratti dal budget comunitario. I vantaggi possono essere molteplici: da un lato i costi non ricorrenti relativi alla progettazione e allo sviluppo non ricadono sul bilancio nazionale, dall’altro il meccanismo stimola la creazione di consorzi industriali che consentono di incrementare il know how e in cui possono essere valorizzate le eccellenze industriali nazionali.

CONTINUO ADATTAMENTO

Per supportare con vigore queste nuove iniziative, è necessario che l’area tecnico-amministrativa metta in atto un processo continuo di adattamento in termini di organizzazione, procedure e metodologie di lavoro. In quest’ottica, ho già dato avvio alla costituzione di un gruppo di lavoro specifico per il coordinamento delle attività nazionali relative al fondo europeo per la Difesa, al fine di cogliere ogni opportunità che esso presenta. Infatti, i consessi internazionali sono volti a facilitare la cooperazione ma, inevitabilmente, stimolano dinamiche competitive che, se ben interpretate, possono generare percorsi di crescita della capacità tecnologica nazionale e sostenere il posizionamento dell’industria della difesa italiana nello scacchiere economico globale. Su questa prospettiva si innesta il terzo obiettivo, ovvero quello di disporre di una base industriale della Difesa competitiva a livello internazionale.

OBIETTIVO 3: POLITICA INDUSTRIALE

Nell’affrontare questo argomento, richiamo le considerazioni già fatte sul concetto di autonomia strategica, quale condizione indispensabile per assicurare l’efficacia e la credibilità militare di un paese.  Condizione, questa, che si raggiunge solo se si dispone di un comparto industriale competitivo e pronto a recepire e condividere le priorità dello sviluppo capacitivo dello strumento militare nazionale. Anche in questo caso, la strada da percorre è quella che promuove l’integrazione di tutti gli attori per condividere e perseguire un’unica visione strategica. La prima condizione decisiva in questo ambito è il superamento del binomio cliente-fornitore tra Difesa e industria. In tale contesto, è mia intenzione sfruttare tutti gli strumenti a disposizione, con particolare rifermento al tavolo di coordinamento della politica industriale, di cui sono responsabile a livello tecnico. Si tratta di un’iniziativa non circoscritta al Ministero della Difesa ma che, in una visione strategica del sistema Difesa, include anche altri dicasteri, l’industria nazionale e le eccellenze accademiche. Il primo traguardo che intende raggiungere il tavolo tecnico è la definizione di un Piano di innovazione tecnologica della Difesa.

PIANO DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA

Si tratta della prima espressione di uno sforzo teso a far convergere le prioritarie esigenze di sviluppo capacitivo dello strumento militare nazionale con gli obiettivi di crescita, competitività e innovazione dell’intero comparto industriale della difesa, incluse le piccole e medie imprese. Precondizioni per il successo dell’applicazione del piano, che sarà completato nei prossimi mesi, saranno l’individuazione delle capacità operative necessarie allo strumento militare e la certezza della disponibilità di adeguati volumi finanziari, resi strutturali nell’arco temporale di riferimento, per rendere credibile e sostenibile il conseguimento degli obiettivi assegnati. A tal proposito, sarebbe importante definire, così come proposto in questa sede dal signor ministro della difesa, un nuovo modello di finanziamento del settore di investimento della difesa, basato su una legge triennale sull’investimento, con profondità a diciassette anni. Un altro passo importante per assicurare la competitività della base industriale della difesa è quello di garantire la catena di approvvigionamento (la cosiddetta security of supply).

LA CATENA DI APPROVVIGIONAMENTO

Si tratta di una condizione decisiva che si articola su due aspetti: garantire la disponibilità di materie prime e semilavorati e assicurare la capacità autonoma di produrre componenti essenziali, difficilmente reperibili sul mercato in caso di crisi. Fallire su questo aspetto significherebbe vanificare ogni sforzo profuso per preservare l’autonomia strategica e incrementare la competitività dell’industria nazionale. La sfida non è semplice, in quanto valutazioni di natura spiccatamente commerciale hanno portato, negli anni, a perdere alcune capacità produttive a causa di dinamiche di delocalizzazione e di frammentazione dei processi produttivi. Gli effetti di questo approccio si percepiscono solo in situazioni di crisi, quando la domanda aumenta e solo chi possiede una capacità produttiva verticale e in house riesce a soddisfarla. Lo abbiamo vissuto durante la pandemia, quando abbiamo toccato con mano le difficoltà legate all’approvvigionamento di dispositivi come, ad esempio, le mascherine; lo stiamo vivendo con il conflitto in ucraina, dove la maggiore richiesta di munizionamento ha evidenziato dei «colli di bottiglia» nel processo produttivo. Consapevoli di questa situazione, abbiamo recentemente avviato un dialogo con l’Agenzia Industrie Difesa (AID) per mappare le catene di approvvigionamento delle materie prime, dei semilavorati e della componentistica essenziale.

ANALIZZARE LE POTENZIALI CRITICITÀ

Questo ci consentirà di analizzare le potenziali criticità e di elaborare le possibili linee d’azione per assicurare le nostre catene di approvvigionamento.  Possibili soluzioni potrebbero ricadere in operazioni di reshoring per riportare processi produttivi sul territorio nazionale, ad esempio potenziando gli stabilimenti della difesa, prevedendo un coinvolgimento attivo di aziende italiane con adeguata expertise e di friend shoring, attraverso accordi di cooperazione internazionale con paesi partner che offrono garanzie di affidabilità. Nell’alveo di questa ultima opzione può essere inquadrata l’iniziativa, che stiamo discutendo con paesi partner, relativa, tra l’altro, ai missili per i sistemi di difesa controaerei, non solo per aumentare la capacità di produzione, ma anche per assicurare più linee di approvvigionamento, necessarie in caso di crisi. Questo approccio contribuirà anche al raggiungimento di un’altra condizione decisiva, che è tesa a tutelare e incrementare asset e know how strategici. In tale contesto, il supporto al comparto industriale della difesa passa attraverso due distinte linee d’azione. La prima è la diligente applicazione del golden power, per evitare tentativi di penetrazione di attori stranieri; attività che non va confusa con la giusta ricerca di joint venture industriali tese all’integrazione delle capacità produttive.

APPLICAZIONE DEL GOLDEN POWER

Al riguardo, il numero delle istruttorie per l’applicazione del golden power è notevolmente incrementato negli ultimi tre anni. Solo per dare qualche dato, nel 2022 sono state esaminate 69 istruttorie, a fronte delle 37 registrate nel 2020 e 31 nel 2019. La seconda linea d’azione è legata alla necessità di promuovere una visione di ampio respiro, tesa a cogliere ogni opportunità di crescita offerta dalla cooperazione industriale. Il nostro approccio, quindi, è teso a ricercare il migliore equilibrio tra le dinamiche di protezione, esercitate attraverso il golden power, e i processi di integrazione industriale volti a far crescere la competitività in ambito internazionale. Infatti, difficilmente un singolo paese europeo avrà la capacità di sviluppare in autonomia un vantaggio tecnologico e capacitivo che risulti competitivo in tutti i domini e per tutte le piattaforme. Per tale ragione, è necessario adottare un approccio pragmatico, teso a valorizzare le nostre eccellenze industriali, riconosciute a livello mondiale e promuovere, per i settori in cui siamo meno competitivi, percorsi di integrazione con quelle realtà industriali che hanno già un consolidato vantaggio tecnologico in ambito internazionale. Solo in questo modo sarà possibile restare competitivi in ambito globale, sfruttare le economie di scala, ottenere una maggiore integrazione e interoperabilità dei sistemi d’arma, incrementare il know how tecnologico nazionale e preservare i livelli occupazionali.

PROMOZIONE DELLE ECCELLENZE NAZIONALI

Sempre con l’intento di promuovere le eccellenze nazionali in ambito internazionale, intendo perseguire un’altra condizione: sostenere e incrementare le opportunità di export. Questo è un aspetto importante, in quanto i tre quarti del fatturato del nostro comparto industriale sono legati proprio alle esportazioni.  Infatti, chiaro è l’interesse dello stato, e in particolare della difesa, a far sì che le aziende nazionali abbiano successo nel mercato internazionale, così da consolidare le proprie capacità produttive e continuare a investire adeguatamente nella ricerca, sviluppando sistemi allo stato dell’arte, che soddisfino le esigenze operative delle nostre Forze armate. In questo contesto, uno degli strumenti normativi più promettenti per offrire opportunità di business all’industria della difesa nazionale sono gli accordi Government to Government (G2G). Tali accordi sono strumenti di politica industriale che consentono la fornitura di beni e servizi da Stato a Stato. Ma hanno anche una valenza politica, che mira a rinsaldare i rapporti tra gli stati contraenti, e una funzione strategica, in quanto permette di avviare programmi di cooperazione su piattaforme comuni e consolidare partnership che generano interoperabilità in campo ingegneristico, operativo, addestrativo, logistico e manutentivo.

PROGRAMMI DI LUNGA DURATA

Inoltre, questi accordi permettono all’industria di focalizzarsi su programmi di lunga durata, consentendo di investire maggiormente nelle fasi successive alla produzione del sistema, grazie alla certezza della richiesta di aggiornamento, ammodernamento e supporto logistico degli equipaggiamenti venduti, mantenendo attiva, la filiera industriale anche nel post vendita. Solo nell’ultimo periodo, si sono concretizzati accordi G2G: con l’Austria, per 36 elicotteri multiruolo e con la Slovenia per un velivolo da trasporto tattico C27J. La formula del G2G è talmente valida che Austria e Slovenia stanno valutando la possibilità di utilizzare questo meccanismo anche per la fornitura di altre piattaforme e di servizi per il supporto logistico. Altri accordi di questo tipo potrebbero essere avviati nel prossimo futuro con altri paesi, tra cui la Romania, la Bulgaria, il Montenegro e il Brasile. È anche da notare che, molte volte, la coesione politica generata dai G2G può produrre effetti positivi in altri settori, stimolando iniziative che ricadono, ad esempio, in cooperazioni business-to-government o business-to-business.

DIALOGO DIRETTO

Queste considerazioni sono state alla base dell’attività che si è svolta a Roma il 25 ottobre scorso per avviare un dialogo diretto tra le aziende per la difesa italiane e quelle austriache ed esplorare opportunità di cooperazione industriale. Similari iniziative sono state discusse anche con la Corea del Sud e con il Montenegro, e saranno promosse in tutte le occasioni possibili. Tuttavia, come è facilmente intuibile, tutti questi impegni comportano un incremento degli sforzi a essi associati e la necessità di rivedere la struttura organizzativa del segretariato generale, pensata prima che venissero avviate tutte queste iniziative. A tal proposito, ritengo che la soluzione sia quella di creare strutture temporanee a geometria variabile, indirizzate a supportare la specifica esigenza, con risorse umane tratte dall’area tecnico-amministrativa e, ove necessario, con il contributo delle Forze armate.

OBIETTIVI 4 E 5: PERSONALE

Parlando di risorse umane mi collego ad altri due obiettivi di fondamentale importanza per l’area tecnico-amministrativa, che riguardano il personale. Il primo è quello di assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici. Al riguardo, desidero sottolineare il mio impegno a favore del personale militare e civile, finalizzato alla piena valorizzazione del fondamentale fattore umano, unico e insostituibile elemento propulsivo di qualsiasi iniziativa e progetto. In tale quadro, però, è da sottolineare la particolare carenza organica di personale civile nell’ambito del dicastero. In questo periodo storico, infatti, la difesa soffre di carenze di personale civile senza precedenti, a causa dei blocchi delle assunzioni negli anni passati per il contenimento della spesa pubblica e del raggiungimento dell’età pensionabile da parte di corpose aliquote di personale assunto negli anni Ottanta.  A oggi, rispetto a un volume organico complessivo di circa 27.900 unità di personale civile per tutta la difesa, si conta una forza effettiva pari al 54 per cento. Per tali ragioni, nel corso dell’ultimo anno, grazie al supporto assicurato dal gabinetto del ministro della Difesa, è stata impressa una decisa accelerazione all’avvio di procedure assunzionali, mediante la pubblicazione di bandi di concorso e lo scorrimento delle graduatorie ancora valide, ricorrendo, ove possibile, anche a quelle di altri ministeri.

IMPIEGO DELLE RISORSE DISPONIBILI

Ho inteso, infatti, sfruttare da subito il budget assunzionale disponibile, derivante dai pensionamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni. Grazie a questa azione sono state assunte 229 figure professionali, cui si aggiungeranno, nei prossimi mesi, ulteriori 709 tra dirigenti, funzionari e assistenti tecnici e amministrativi.  Inoltre, nel 2023 saranno pubblicati almeno altri due bandi, già autorizzati, per l’assunzione di oltre 2.100 civili della Difesa. Per raggiungere l’obiettivo di assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici dovranno verificarsi tre condizioni: la prima è mantenere costantemente aggiornato il censimento quantitativo e qualitativo delle professionalità necessarie, anche in considerazione dei prossimi pensionamenti; la seconda, ottimizzare le procedure concorsuali per renderle più veloci e competitive sul mercato del lavoro; in ultimo, sarà necessario continuare nei prossimi anni con lo stesso impulso impresso alle assunzioni di personale civile e sfruttare l’intero budget assunzionale assegnato. A oggi, infatti, solo continuando con questo trend, saremo nelle condizioni di garantire un volume organico pari a 20.000 unità a partire dal 1° gennaio 2025 (volume previsto dalla legge 244/2012).

TUTELA E VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE

L’altro obiettivo tende invece alla tutela e alla valorizzazione del personale e al miglioramento dei processi di gestione delle risorse umane. In questo ambito, forniremo il nostro contributo per ricercare le migliori soluzioni per dare concreta attuazione dalla specificità militare, sia per l’adeguamento del sistema pensionistico sia in materia di tutela legale. Abbiamo, inoltre, dato avvio a un tavolo tecnico per meglio regolamentare l’istituto del transito nei ruoli civili del personale militare non più idoneo al servizio militare incondizionato, con l’intento di rendere il meccanismo efficace per i singoli e sostenibile per le Forze armate. Invece, al fine di perseguire il miglioramento dei processi di gestione delle risorse umane, stiamo procedendo con una spinta digitalizzazione della gestione documentale e ricercando procedure sempre più veloci per la trattazione delle pratiche di contenzioso.

OBIETTIVO 6: INFRASTRUTTURE

Chiudo con un argomento, non ultimo per importanza, che riguarda le infrastrutture militari. Il sesto obiettivo infatti è la valorizzazione ed efficientamento energetico del patrimonio immobiliare. Direi preliminarmente che l’ammodernamento del patrimonio infrastrutturale della Difesa deve essere considerato un elemento imprescindibile nell’ambito del processo di sviluppo capacitivo, che va inteso come prodotto dei fattori che lo influenzano, e non come somma tra di essi. In questo ambito ho individuato tre obiettivi da perseguire: il primo è legato al completamento dei grandi progetti, curati dalla direzione dei lavori e del demanio (Geniodife), che puntano alla riqualificazione e all’ammodernamento infrastrutturale delle basi militari di tutte le Forze armate; il secondo è diretto alla razionalizzazione e alla valorizzazione delle infrastrutture non più in uso. Ad esempio, in tale quadro, dal 2012 a oggi sono stati venduti quasi 1.300 immobili residenziali che hanno generato proventi per circa 190 milioni di euro. Inoltre, lo scorso dicembre è stata avviata la vendita di quattro immobili di pregio per un valore totale stimato superiore a 10 milioni di euro; il terzo e ultimo è quello indirizzato alla ricerca e all’implementazione di soluzioni funzionali volte a ridurre il footprint energetico delle basi militari, facendo ricorso anche ai fondi resi disponibili dal programma di riqualificazione energetica della Pubblica amministrazione centrale.

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