Gli ultimi attacchi effettuati contro obiettivi iraniani a Isfahan e al confine siriano, la minaccia iraniana incombente su Israele e l’intera regione del Medio Oriente allargato, la posizione degli Stati Uniti d’America in questa particolare fase, i rapporti intercorrenti tra l’Unione europea e la Repubblica islamica dell’Iran, con il nodo dell’inclusione del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione islamica (IRGC) nell’elenco delle organizzazioni terroristiche e, infine, l’impatto generato dalla violenza in Cisgiordania sugli attori e le dinamiche regionali, questi i temi affrontati nel corso di un dibattito trasmesso ieri dall’emittente televisiva France24, al quale hanno preso parte importanti analisti.
IL COMPLESSO E INSTABILE SCENARIO REGIONALE
L’assunto che «gli amici dei tuoi amici sono anche tuoi amici» non è necessariamente sempre vero. Di questo se ne è accorto Israele con il divampare del conflitto in Ucraina a seguito dell’invasione militare scatenata dal Cremlino nel febbraio scorso. Allora Gerusalemme si premurò di mantenere accettabili relazioni con Mosca, consapevole del fatto che i russi si trovavano (e tuttora si trovano) immediatamente a ridosso della loro frontiera. Mosca sostiene il suo alleato Bashar al-Assad, un sostegno imprescindibile ai fini della sopravvivenza del regime che rinviene quest’ultimo e la sua famiglia al proprio vertice. Israele, dunque, pur non rivendicando quasi mai apertamente le proprie azioni militari compiute sul martoriato territorio del paese confinante, ha continuato a colpire gli iraniani e loro proxi, cioè la minaccia ormai da tempo divenuta diretta ai propri confini.
PERCHÉ ISFAHAN
Tuttavia, il raid effettuato mediante l’impiego di velivoli senza pilota (droni) lo scorso sabato sera contro la fabbrica di armamenti nella terza maggiore città iraniana, Isfahan, potrebbe avere mutato sensibilmente i termini della questione. Nelle ore successive molto si è detto su questo attacco mirato e, di massima, si registra la concorde impressione che esso sia stato pianificato e portato a termine allo scopo di lanciare un messaggio sia alla Repubblica islamica che alla Federazione russa, le cui forze armate da quella fabbrica avrebbero ricevuto droni kamikaze o, forse, le testate destinate ad armare questi ultimi, armi impiegate poi contro gli ucraini. Ancora non si conosce molto né del raid di sabato scorso e neppure dei suoi reali obiettivi. Quello che era noto già in precedenza era l’importanza di Isfahan in quanto hub industriale militare e, in particolare, per il programma nucleare degli ayatollah.
IL RAID: UNA TEMPISTICA AFFATTO CASUALE
L’attacco al complesso industriale di Isfahan ha avuto luogo in una fase particolarmente delicata che la regione sta attraversando e la sua tempistica non appare affatto casuale. I velivoli senza pilota hanno infatti bombardato la fabbrica iraniana contestualmente alle visite nello Stato ebraico del direttore della Central Intelligence Agency (CIA) e del segretario di Stato americano, nell’immediatezza delle esercitazioni militari congiunte tra le forze armate statunitensi e le Israel Defence Forces (IDF). Giorni difficili, funestati dagli attacchi terroristici compiuti dai palestinesi in Israele (è di venerdì scorso la strage di civili a Gerusalemme) in risposta all’uccisione di un gruppo di militanti della Jihad islamica che preparavano un attentato avvenuta nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, dove assieme ai militanti dell’organizzazione armata filo-iraniana nel corso del conflitto a fuoco con le forze di sicurezza israeline ha perso la vita anche una donna che non c’entrava nulla.
ANALISI E SCENARI
Ora, l’operazione logica è apparentemente semplice qualora ci si affidi fideisticamente alla proprietà transitiva, tuttavia non è però detto e permangono in ogni caso degli interrogativi: gli Stati Uniti d’America oltre a rinvenire in Israele il loro maggiore alleato nella regione sono anche i principali sostenitori dell’Ucraina, paese impegnato nella resistenza all’invasione russa; gli ultimi eventi verificatisi Medio Oriente fanno dunque di Israele un alleato dell’Ucraina contro la Russia? La complessa materia è stata discussa in modo analitico da un gruppo di esperti nel dibattito (in lingua inglese) trasmesso ieri dall’emittente televisiva France24. Esso, moderato dal giornalista Françoise Picard, ha visto la partecipazione di Ely Karmon (Senior Research Scholar, ICT, Reichman University), Scott Lucas (Professor, Clinton Institute, University College Dublin), Barbara Slavin (Lecturer, George Washington University) e Matthew Brodsky (Senior Fellow, Gold Institute for International Strategy).