Uomini contro: al pari di quegli ufficiali che nel film girato più di cinquant’anni fa da Francesco Rosi si opponevano alla carneficina della Prima guerra mondiale attraverso l’insubordinazione ai loro superiori gerarchici, anche nel Parlamento italiano si sono manifestati degli «uomini contro», cioè coloro i quali si sono opposti in varie maniere all’approvazione (che poi però c’è stata lo stesso) del cosiddetto «decreto Ucraina».
UOMINI CONTRO
Infatti, grossomodo contestualmente alla diffusione della notizia dell’autorizzazione del Governo tedesco, resa nota per il tramite del portavoce del cancelliere Olaf Scholz, Steffen Hebestreit, che oltre a consentire la fornitura di carri armati Leopard 2 da parte dei paesi che dalla Germania avevano in precedenza acquistato quel tipo di mezzo corazzato, disponeva l’invio in Ucraina di quattordici carri della versione 2A6 prelevati dalle unità della Bundeswehr, a Roma il parlamentare della Repubblica Paolo Ciani esponente di Demos (Democrazia solidale), formazione politica di ispirazione cattolica, votava a differenza del suo gruppo parlamentare contro l’approvazione del decreto che prorogherà la fornitura di aiuti militari a Kiev per tutto il 2023.
VOTO IN CONTRASTO CON IL PD
«È necessario trovare nuove strade per aprire i negoziati» poiché «continuare a inviare armi rischia di prolungare la guerra», ha dichiarato al riguardo l’esponente di Demos nel corso di un’intervista rilasciata a fanpage.it, tenendo a precisare come non abbia votato contro il suo partito (appunto Democrazia solidale, del quale Ciani è anche il segretario), bensì in contrasto con il gruppo parlamentare, quindi il Partito Democratico. «Noi ci siamo presentati alle elezioni con una coalizione – ha tenuto a precisare -, tuttavia la nostra posizione su guerra e armi sono sempre state le stesse (…) una presenza maggiore di armi prolunga le guerre, non le fa terminare prima e, un’escalation militare nella quale l’avversario è una potenza nucleare è molto pericolosa».
LESA DEMOCRAZIA
Ciani eccepisce inoltre che questo provvedimento «prevede un anno di possibilità di invio di armi senza passaggi ulteriori in Parlamento, aspetto che evidenzia anche problemi di metodo, perché in questo modo si lede la democrazia parlamentare. Infatti, se tra sei od otto mesi mutasse lo scenario internazionale il Parlamento potrebbe comunque venire scavalcato dalle decisioni, e questo è sbagliato. I tampi cambiano: i primi provvedimenti sono stati la risposta a un’aggressione brutale e rispondevano anche a questa logica, ora però siamo entrati in una nuova fase del conflitto. E poi è fondato il rischio che le armi cedute a Kiev possano finire nelle mani sbagliate, come in passato si è verificato in Afghanistan e in Siria».
DUE COMPAGNIE CARRI IN PIÙ IN ATTESA DELL’OFFENSIVA DI PUTIN
Intanto Kiev, nell’inquietante attesa dell’offensiva russa di primavera, si appresta a ricevere gli ottanta carri armati Leopard 2 che nelle prossime settimane gli verranno ceduti in maniera congiunta da dodici Paesi europei, mezzi corazzati più moderni di quelli che schiera attualmente in linea l’esercito ucraino (si tratta per lo più di materiali di concezione sovietica prodotti in Russia o nella stessa Ucraina) che andranno a equipaggiare due nuovi battaglioni carri. «Non lontano da qui c’è una guerra in Europa e dobbiamo chiarire che noi facciamo tutto il necessario per sostenere l’Ucraina – ha riferito in mattinata al Bundestag il cancelliere tedesco Scholz riguardo alla decisione sulla fornitura di Leopard 2 -, ma allo stesso tempo dobbiamo evitare un’escalation che conduca a uno scontro tra NATO e Russia. Questo è il principio seguito finora e continueremo a seguirlo: sosteniamo Kiev, ma non entriamo in guerra».