I sostenitori di Jair Bolsonaro, ex presidente di estrema destra brasiliano sconfitto alle ultime elezioni svoltesi lo scorso autunno dal candidato della sinistra, Luiz Inácio Lula da Silva, hanno assaltato i palazzi delle istituzioni federali nella capitale Brasilia. Sulla falsariga di quanto accadde esattamente due anni fa a Washington, negli Stati Uniti d’America, quando suprematisti ed elementi dell’estrema destra trumpiana devastarono Capitol Hill, nel pomeriggio di oggi, dopo aver travolto il cordone delle forze di sicurezza che presidiavano gli edifici per difenderli, hanno invaso il palazzo presidenziale di Planalto, il Congresso e la sede del Tribunale supremo, rendendosi protagonisti di una serie di gravissimi atti vandalici.
DEVASTATO IL PLANALTO, DEMOCRAZIA FERITA
All’interno del Planalto, capolavoro modernista dell’architetto Oscar Niemeyer, la massa di facinorosi che in precedenza aveva attaccato la polizia federale ha distrutto tutto ciò che si è trovata di fronte, compreso anche l’ufficio del neo-rieletto presidente Lula, che però non si trovava nella capitale bensì in visita alle popolazione dell’entroterra paulista recentemente colpite da disastri causati dal maltempo. Egli ha immediatamente convocato una riunione d’emergenza. Altrettanto ingenti i danni provocati dagli estremisti bolsonariani nell’edificio che ospita deputati e senatori, che non erano riuniti essendo domenica.
LULA CRITICA LA POLIZIA MILITARE ED ESONERA IL GOVERNATORE
Lula ha in seguito criticato la polizia militare e ha annunciato un l’esonero del governatore del Distretto federale, Ibaneis Rocha, personalità ritenuta vicina a Bolsonaro. Al momento sarebbero almeno 2.500 i militari mobilitati per un eventuale intervento a Brasilia, seppure l’esecutivo sarebbe restio a impiegare le forze armate in un tale frangente. Al Congresso, dopo aver devastato il primo piano del parlamento gli estremisti si sono asserragliati nel secondo e, solo a questo punto, la polizia militare ha iniziato a sparare proiettili di gomma e bombe stordenti dagli elicotteri per disperdere la folla residua che dall’esterno stava cercando di fare ingresso nell’edificio. Soltanto dopo alcune ore è stato possibile riacuisire il controllo del tribunale supremo.
UNA SEDIZIONE ANNUNCIATA DA GIORNI
Si è trattato certamente di una sedizione prevedibile, poiché ormai da giorni centinaia di elementi della destra bolsonariana manifestavano davanti al comando dell’esercito denunciando presunti brogli elettorali, per altro non dimostrati, che sarebbero stati compiuti nel corso del ballottaggio delle presidenziali dello scorso 30 ottobre, dal cui esito Lula è uscito vittorioso con meno di due milioni di voti in più del suo avversario. I primi segnali di una deriva della protesta si erano manifestati proprio nelle ore immediatamente successive alla rielezione di Lula, quando i bolsonariani avevano dato avvio a una protesta mediante blocchi stradali con camion e trattori che aveva paralizzato l’intero Paese. Questi erano poi stati rimossi a seguito di un intervento dello stesso ex presidente, seppure si fosse caratterizzato per la non eccessiva convinzione.
PAESE POLARIZZATO E IN PREDA A UN PERICOLOSO SCONTRO POLITICO
Tuttavia, le manifestazioni della destra erano comunque proseguite nelle piazze anche all’indomani dell’insediamento del nuovo presidente, il primo gennaio. Mercoledì scorso il neoministro della Giustizia, Flavio Dino, e quello della Difesa, José Mucio, avevano assunto l’impegno di sgomberare i concentramenti degli estremisti bolsonariani a Brasilia entro il 6 gennaio, ma non ci sono riusciti. Il Brasile conosce dunque una fase di progressiva polarizzazione politica, registrando un incremento del livello di tensione in numerose grandi città, incluse San Paolo e Rio de Janeiro. Sempre il ministro Dino ha affermato di «sperare che la polizia non debba agire» per contenere «gli atti violenti e antidemocratici. Tutti noi vogliamo che prevalga il diritto e non ci siano reati, poiché la presa di potere di cui parlano i dimostranti potrà avvenire soltanto nel 2026 a seguito di nuove elezioni e questo assurdo tentativo di imporre la volontà con la forza non prevarrà».
LA REAZIONE ALLA DE-BOLSONARIZZAZIONE
Appare evidente come non sia estranea a sviluppi violenti del confronto politico l’azione di de-bolsonarizzazione della pubblica amministrazione brasiliana annunciata dalle forze politiche di sinistra, presidente Lula in testa, che si sono affermate alle ultime elezioni. Se così dovesse andare si tratterebbe dell’allontanamento di ottomila militari nominati o cooptati da Bolsonaro e dai suoi ministri durante il periodo della sua presidenza, dunque va messa nel conto anche la possibile reazione di questi potenti e organizzati settori. Organizzazione che emerge con evidenza della perfetta dinamica dell’assalto, che – in assenza dell’ex presidente, allontanatosi dal Brasile alcuni giorni fa per recarsi in Florida -, assume tutti i tratti di un’azione pianificata a tavolino.
DA TUTTO IL MONDO CONDANNE DELLE VIOLENZE
«Condanniamo gli attacchi alla Presidenza, al Congresso e alla Corte Suprema del Brasile. Usare la violenza per attaccare le istituzioni democratiche è sempre inaccettabile. Ci uniamo al presidente Lula da Silva nel sollecitare la fine immediata di queste azioni», questo il messaggio twittato dal segretario di Stato statunitense Antony Blinken, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso sostegno a Lula confermandogli «l’appoggio incrollabile della Francia». Una condanna assoluta degli attacchi alle istituzioni brasiliane e un totale sostegno al presidente Lula è giunta anche dall’Unione europea, con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel che ha sottolineato come Lula da Silva sia stato «democraticamente eletto da milioni di brasiliani con un voto equo e libero»; medesima posizione quella dell’alto rappresentate Josep Borrell, che si è detto «costernato» per le azioni compiute dagli «estremisti violenti». La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola si è infine detta «profondamente preoccupata» per la situazione in Brasile.