Da almeno dieci mesi il Paese è spaccato tra due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, dall’altra il Governo di stabilità nazionale guidato dal premier designato Fathi Bashagha, ma il 2023 potrebbe segnare una svolta nel Paese nordafricano.
RIPRENDE LA PRODUZIONE PETROLIFERA
Intanto va rilevato che la produzione petrolifera è ripresa dopo i blocchi della metà del 2022, attestandosi stabilmente a 1,2 milioni di barili di petrolio, questo mentre il cessate il fuoco in vigore dall’ottobre 2020 parrebbe tenere, seppure si registri la presenza di miliziani e mercenari proxi della Turchia oltreché dei contractors russi della Wagner. Nel suo ultimo intervento al Consiglio di sicurezza, l’inviato speciale dell’Onu in Libia, Abdoulaye Bathily, ha sollecitato i paesi membri «ad aiutare a marcare il 2023 come l’anno dell’inizio di una nuova era attraverso l’ascesa di istituzioni legittime tramite elezioni libere ed eque». Un obiettivo che la missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ritiene possibile conseguire attraverso l’esercizio di pressioni sui leader libici affinché essi si accordino sulle regole per le elezioni presidenziali e parlamentari, che dovrebbero tenersi contestualmente.
DINAMICHE INTERNE E INFLUENZE ESTERNE
La situazione internazionale potrebbe essere favorevole a questa dinamica, poiché il lento riavvicinamento in atto tra Turchia ed Egitto, unitamente all’avvio di una politica estera maggiormente ispirata al pragmatismo da parte degli Emirati Arabi Uniti costituiscono gli elementi potenziali di una futura riunificazione del Paese. È tuttavia innegabile che le dinamiche interne libiche vengano fortemente influenzate da quelle che vedono protagonisti, attivi e passivi, le potenze regionali, come la Turchia dell’interventista Recep Tayyip Erdoğan, che dovrà misurarsi con le prossime difficili elezioni presidenziali in calendario per il prossimo mese di giugno.
INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON L’ITALIA
Per quanto concerne l’Italia, essa si conferma il primo partner commerciale di Tripoli, con un interscambio che nei primi nove mesi del 2022 ha superato i 9 miliardi di euro. In questo campo l’aumento registrato è stato pari all’80,85% rispetto al medesimo periodo del 2021, con una quota di mercato del 23,66% davanti a Cina Popolare (3,67 miliardi di euro di interscambio e 9,62% di quota di mercato), Spagna (3,23 miliardi e 8,47% di mercato), Grecia (3,16 miliardi e 8,47% di quota di mercato), Germania (2,91 miliardi e 7,82% di mercato), Turchia (2,54 miliardi e 6,67% di mercato) e Stati Uniti d’America (1,84 miliardi e 4,82% di mercato).
MATERIE PRIME ENERGETICHE ED ENI
Una possibile svolta potrebbe altresì derivare dall’annuncio dell’estrazione di nuovi ingenti volumi di gas naturale nell’offshore libico. Lo scorso dicembre, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha reso nota la scoperta di corposi giacimenti di idrocarburi al largo delle coste del Paese nordafricano. Il Gruppo di Piazzale Mattei è l’unica realtà aziendale che opera a livello internazionale a non aver mai abbandonato la Libia in questi anni di guerra e instabilità, garantendo per altro in questo modo alla popolazione locale la sua unica fonte di reddito. Ora che le quotazioni delle materie prime energetiche sui mercati sono schizzate in alto, il cane a sei zampe è in procinto di investire alcune decine di miliardi di dollari nel Paese nordafricano, rispondendo così ai ripetuti allarmati appelli lanciati agli investitori esteri dalla National Oil Corporation, che da tempo sollecita lo sviluppo di progetti del genere.