GIORDANIA, instabilità. La monarchia hashemita cerca di porre un freno alle manifestazioni di piazza

La recente uccisione di un agente di polizia avvenuta nella città meridionale di Ma'an nel corso dei violenti disordini iniziati con la protesta per l’aumento del prezzo dei carburanti, sarebbe indice della graduale criticizzazione della situazione nel Regno hashemita

Il poliziotto è stato ucciso giovedì notte da un colpo di pistola sparato da un individuo non identificato mentre operava in servizio di ordine pubblico al fine di sedare i disordini divampati nella città, dove alcuni gruppi di giovani manifestanti avevano attaccato alcuni edifici istituzionali. L’episodio si è verificato nell’acuzie della fase di proteste nel corso delle quali altri membri delle forze di sicurezza sono rimasti feriti, seppure non sia del tutto chiaro quale livello di diffusione abbia raggiunto il clima di violenza nel Paese mediorientale. Tuttavia, si tratta di episodi che non vanno assolutamente sottovalutati, poiché agli sforzi della monarchia profusi al fine di contenere la diffusione delle proteste si contrappone un crescente malcontento popolare derivante dalle non buone condizioni economiche nelle quali versa la popolazione.

ECONOMIA E CONTROVERSIE REGIONALI

L’economia giordana affronta da anni condizioni difficili e risulta sempre più dipendente dai paesi del Golfo Persico e da altri Stati mediorientali. La Giordania, che non ha sbocchi diretti al mare, vede la sua popolazione composta da una corposa componente palestinese (forse addirittura maggioritaria) e da un’altra beduina. Confina con l’instabile Cisgiordania e, inoltre, il sovrano è anche Custode dei luoghi santi dell’Islam e del Cristianesimo di Gerusalemme, aspetto che per lui è ulteriore fonte di problemi e controversie, in primo luogo con lo Stato ebraico. La precaria situazione di Re Hussein rinveniva le sue cause nelle dinamiche politiche e belliche del Medio Oriente, con al centro la questione palestinese e i conflitti per essa scatenati dagli Stati arabi.

PASSATO E PRESENTE DI UNA MONARCHIA DALLE MOLTE DIFFICOLTÀ

Oggi Re Abdallah II, al pari di suo padre, vive anche lui una condizione difficile dovuta alle  influenze del mai risolto conflitto israelo-palestinese e dei continui stravolgimenti della situazione in Iraq e in Siria, tenendo bene in conto le problematiche poste dal movimento dei Fratelli musulmani e del corposo afflusso di rifugiati dalle confinanti Iraq e Siria. Oggi i profughi siriani in Giordania costituiscono significativa parte della popolazione, infatti sono giunti ad ammontare a un milione di persone, una presenza non indifferente e fonte di possibile ulteriore instabilità.

DIVERSI ELEMENTI DI CRISI

Allo stato attuale viene rilevato come il sostegno occidentale e quello fornito da alcune petromonarchie del Golfo non siano più sufficienti a mantenere stabile il Regno hashemita, a questo punto la partnership con Egitto e Iraq diviene importante, anche perché la Giordania è in grado fungere da canale commerciale verso la Siria. Ma Damasco è sotto sanzioni e anche presso il confine giordano non controlla la situazione, mentre trafficanti di droga riconducibili all’Iran sono attivi nel sud della Siria e si scontrano con le forze di sicurezza di Amman.

IL FATTO DI MA’AN

Il recente incidente verificatosi a Ma’an non va dunque sottovalutato, poiché potrebbe essere indie di una escalation. A venire ucciso non è stato un agente di polizia colpito a caso, bensì il colonnello Abdul Razzaq Dalabeh, vicecapo delle forze di sicurezza nella provincia, seppure anche altri membri delle forze di sicurezza sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco. L’omicidio ha scatenato la polemica da parte della tribù Bani Hassan, alla quale Dalabeh apparteneva. Il Regno fa infatti affidamento su potenti tribù allo scopo di sostenersi al potere e domenica ha aperto una nuova campagna di reclutamento per le forze armate. La monarchia adesso  dovrà risolvere anche questo nuovo problema nel tentativo di frenare la protesta e fornire giustizia alla tribù dell’ufficiale assassinato, questo appunto per scongiurare l’escalation.

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