Israele è una società moderna e consolidata e, malgrado l’attuale panorama politico internazionale nel quale hanno assunto il potere non poche forze ispirate dall’autoritarismo e dal sovranismo spinto, si spera che la situazione di preoccupazione per le sorti della democrazia alla fine volga per il meglio. Questo seppure si registri una sempre più marcata polarizzazione al suo interno, soprattutto a seguito dell’affermazione delle destre (Likud più partiti religiosi e ultranazionalisti) e del fatto – ritenuto da molti nel Paese – che l’anziano premier incaricato, Benjamin Netanyahu, stia per superare (per alcuni abbia già superato) la linea rossa, il punto di non ritorno da un sistema democratico bilanciato nei suoi poteri.
PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI: VERSO IL METODO ERDOĞAN?
I problemi sono tanti e di non facile soluzione. I palestinesi in primo luogo e la minaccia iraniana allo Stato ebraico, ma anche la criminalità interna e l’integrazione sociale delle fasce più emarginate della popolazione. Nel varo del suo nuovo governo «Bibi» sta incontrando alcune difficoltà, poiché fatta la scelta sulla coalizione con i partiti politici oltranzisti, oltreché con i tradizionali alleati delle formazioni religiose che lo aiutano nei numeri alla Knesset per ottenere la maggioranza, egli deve necessariamente confrontarsi con le pressanti richieste delle formazioni che lo appoggiano, come Otzma Yehudit di Itamar Ben-Gvir, che pretende il controllo sulle forze di sicurezza, e del Partito sionista religioso di Bezalel Smotrich, che attraverso il controllo dell’amministrazione civile avrebbe la possibilità di incidere profondamente su questioni quali quella degli insediamenti colonici.
DUE RUOLI CHIAVE: LA SICUREZZA E L’AMMINISTRAZIONE CIVILE
La preoccupazione di molti settori della società civile e delle forze armate è cosa nota, un sentimento che ha trovato conferma nel colloquio telefonico intercorso nel fine settimana tra lo stesso Netanyahu e il capo di stato maggiore delle Israel Defence Force (IDF), tenente generale Aviv Kohavi. Un confronto al massimo livello per Israele, nel corso del quale il comandante di Tsahal avrebbe esordito manifestando preoccupazioni riguardo al futuro del controllo dello strumento difensivo dello Stato ebraico, paventando tutte le possibili conseguenze negative per esso derivanti da scelte avventate relative ai futuri decisori politici. In merito a tale colloquio, al momento né il primo ministro incaricato, né il suo staff hanno espresso considerazioni.
LETTERA APERTA DEI MILITARI
Un portavoce delle Forze armate israeliane ha tuttavia reso noto che Netanyahu e Kohavi hanno concordato che le decisioni riguardanti le IDF verranno assunte soltanto a seguito della presentazione al premier incaricato da parte dei militari di un quadro chiaro delle possibili conseguenze e del significato di quelle stesse decisioni. Intanto, in questo clima di tensione un migliaio di ufficiali già in servizio nell’aeronautica militare, tra i quali figura anche l’ex capo di stato maggiore delle IDF, generale Dan Halutz, hanno inviato una lettera aperta al presidente della Corte suprema dello Stato ebraico, signora Esther Hayut, e ad altri magistrati, nella quale viene espresso l’allarme per la tenuta della democrazia nel Paese quale conseguenza dell’imminente varo (è in calendario per il prossimo giovedì) dell’esecutivo Netanyahu, della cui coalizione di governo fanno parte le formazioni ultrareligiose e di estrema destra.