RUSSIA, Putin a Minsk. Al vertice degli autocrati si è parlato di armi e soldati

Cementata l’alleanza sul piano militare tra i paesi: la Bielorussia riceverà armi da Mosca, seppure tutti neghino l’esplorabilità dell’ipotesi di un’unione tra i due Stati ex sovietici. Intanto partono le grandi manovre tattiche congiunte: si tratta di un diversivo per confondere le idee allo stato maggiore di Kiev oppure c’è da aspettarsi davvero un attacco da nord?

In questo 2022 quello che ha avuto luogo nella giornata di ieri è stato l’ottavo vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e quello bielorusso Aleksandr Lukashenko, con la particolarità che per la prima volta in tre anni è stato l’uomo del Cremlino a recarsi dal suo alleato in visita. La delegazione che ha accompagnato Putin era composta dai ministri degli esteri, della difesa e dell’energia.

FANTASMI SU MINSK

Una visita caratterizzata dal clima di generale tensione, alimentato anche dagli allarmi lanciati da Kiev relativi a una possibile ulteriore offensiva condotta dall’Armata russa partendo dal territorio bielorusso con il sostegno diretto delle forze armate di Minsk. Un fantasma che ha aleggiato assieme a quello della concretizzazione del progetto di unione tra Federazione russa e Bielorussia. «La Russia non ha interesse ad assorbire nessuno, semplicemente non avrebbe senso», ha dichirato allo specifico riguardo lo stesso Putin nel corso della conferenza stampa congiunta che ha fatto seguito alle due ore e mezzo di colloqui tra i due presidenti.

COOPERAZIONE IN CAMPO MILITARE

Per la verità, già nella mattinata di ieri il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, aveva escluso che il viaggio di Putin a Minsk avesse lo scopo di convincere Lukashenko e i suoi a coinvolgere il loro paese nel disastroso conflitto scatenato nella confinante Ucraina. «Si tratta di invenzioni assolutamente stupide e prive di fondamento», questo era stato il sarcastico commento di Peskov, mentre in seguito il suo presidente si è imitato ad annunciare che durante i colloqui è stato raggiunto un accordo teso al rafforzamento della cooperazione in tutti i settori, in particolare in quello della difesa. «Mosca e Minsk adotteranno misure comuni al fine di garantire la propria sicurezza», quali consegne reciproche di armi, nonché la cooperazione nella fabbricazione di armamenti. La Russia continuerà inoltre ad addestrare i militari bielorussi a pilotare i velivoli di progettazione sovietica che sono stati riequipaggiati per il possibile utilizzo di munizioni dotate di testate speciali.

UN VICOLO CIECO

«Abbiamo testato questi aerei in Russia e li stiamo preparando ora», ha sottolineato Lukashenko, «Minsk dispiegherà i sistemi missilistici S-400 e Iskander avuti da Mosca, ma questo non significa che siano una minaccia per nessuno». Egli ha quindi sottolineato come la Russia possa fare a meno della Bielorussia, ma «noi non possiamo fare a meno della Russia. Siamo in grado di proteggere la nostra indipendenza da soli, senza la Russia? No. E se qualcuno pensa di poterci separare oggi, creare un cuneo tra di noi, non ci riuscirà». Minsk procede dunque sulla sua strada obbligata che la allontana sempre più dall’Occidente, una direzione scelta (chissà) definitivamente dal regime autocratico al potere dopo le sanzioni e l’isolamento internazionale impostogli per aver represso le proteste seguite alle contestate elezioni presidenziali dell’agosto 2020, quando Lukashenko, al potere dalla fine dell’Unione sovietica, ha imposto un proprio sesto mandato nonostante le accuse di brogli.

MANOVRE TATTICHE CONGIUNTE: UNA DIVERSIONE PER KIEV?

Ora per lui c’è soltanto il Cremlino, l’ingombrante e pretenzioso alleato che si è imbarcato in una sanguinaria avventura bellica che lo sta prosciugando delle sue risorse, sia umane che materiali. Lo scorso febbraio Putin e i suoi generali hanno preteso di utilizzare il territorio bielorusso quale base di retroguardia per le truppe che in seguito hanno attaccato l’Ucraina, mentre è di ieri la notizia che l’esercito russo condurrà manovre tattiche in Bielorussia, attività che avranno luogo a seguito della formazione di una forza congiunta di diverse migliaia di uomini. Potrebbe trattarsi di un diversivo, ipotizzano gli analisti della materia militare, poiché non è escluso che le esercitazioni a ridosso del confine siano state congegnate allo scopo di distogliere unità ucraine dal fronte sudorientale. Qualcosa che ha in ogni caso allarmato lo stato maggiore di Kiev, con il presidente Volodymyr Zelensky che ha confermato come il dispositivo difensivo che a lui fa capo sia stato allertato allo scopo di fronteggiare qualsiasi possibile scenario di guerra, poiché «la situazione al confine settentrionale per l’Ucraina resta una “priorità costante».

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