VATICANO, Ebrei. Relazioni con la Chiesa cattolica romana

Firmato ieri nell’Aula Nuova del Sinodo “I nostri legami”, bozza di documento destinato all’implementazione che punta a migliorare le relazioni ebraico-cristiane. Si tratta di un evento che ha luogo in una cornice importante, poiché è la prima volta che una organizzazione ebraica, in questo caso il World Jewish Council, svolge una riunione del proprio comitato esecutivo all’interno delle Mura leonine

Il termine «Kishreinu», che in ebraico significa «I nostri legami» designa da ieri la bozza di documento firmata nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano dal cardinale Kurt Koch, presidente del Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani, e dall’ambasciatore Ronald Lauder, presidente del World Jewish Council, la cui riunione del proprio comitato esecutivo si teneva entro le Mura leonine.

CHIESA DI ROMA E «NOSTRA AETATE»

A ridosso, dunque, del sessantesimo anniversario della dichiarazione Nostra Aetate, che regola i rapporti con le religioni non cristiane, la Chiesa di Roma assume un nuovo impegno, una nuova charta, come l’ha definita il cardinale Koch, nell’auspicato senso dell’impegno di reciproca comprensione. Essa è stata concepita allo scopo di approfondire i legami e svilupparli secondo il principio ebraico del Tikkun Olan, cioè la riparazione del mondo. Nell’occasione, Koch ha sottolineato come il dialogo tra i due popoli (cristiano ed ebraico) non sia soltanto un impegno, «bensì cresca con l’identità», inoltre si pone nei termini di «un obbligo interno, considerando che la Nostra Aetate parla del patrimonio comune di cristiani ed ebrei».

KOCH SI ACCANISCE CONTRO L’ATEISMO

Il porporato ha inoltre ricordato che «in questi anni tutti i pregiudizi sono stati superati» e sono iniziate «riconciliazione e cooperazione mentre cresceva l’amicizia personale», ma soprattutto «c’è un prevalente ateismo che tende a marginalizzare la religione, dunque non si può essere “alienati”, poiché ci sono dei doveri comuni come quello di aiutare i rifugiati o assistere tutte le persone che sono colpite da un conflitto crudele, perché ogni guerra è una sconfitta dell’umanità». Si tratta di una risposta all’impegno promosso dal World Jewish Congress, con questo nuovo documento che dovrà trovare un perfezionamento definitivo in altre sessioni. Tuttavia, ha sottolineato Ronald Lauder, «è la prima volta che il Vaticano ospita l’incontro di una organizzazione ebraica».

CIÒ CHE UNISCE È PIÙ FORTE DI QUELLO CHE DIVIDE

Lauder ha sottolineato che la Nostra Aetate «ci ha dimostrato che quello che ci unisce è più forte di quel che divide», e ha messo in luce il rifiuto dell’antisemitismo più volte delineato dai papi, ricordando come a sua volta lui stesso abbia protestato, in un editoriale pubblicato dal “New York Times”, riguardo ai silenzi sugli attacchi alle comunità cristiane. Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, ha poi messo in luce come «il legame e il rafforzamento di un legame di lunga durata è una sfida anche per la comunità ebraica, che deve trovare il coraggio e la fiducia di conoscere la cultura cattolica, leggerne pensiero e linguaggio per comprendere il pieno significato dei cambiamenti maturati e proposti».

CONTRASTARE INSIEME L’ANTISEMITISMO

Ella ha tuttavia ammesso che si tratta di un compito certamente non facile, poiché «spesso l’atteggiamento difensivo prevale in quanto secoli di prevaricazione sono difficili da eludere. L’auspicio è dunque che la Santa Sede adotti la definizione di “antisemitismo” stabilita dall’International Holocaust Rimembrance Alliance, cosa che avrebbe la capacità di fare girare la ruota dell’odio antisemita nell’inversa direzione».

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