Sul cardinale Giovanni Angelo Becciu si accendono nuovamente i riflettori della cronaca e sempre a causa di controversi casi giudiziari, poiché un filone d’indagine è stato avviato dal promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi parallelamente al processo riguardante la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Il porporato di origini sarde risulta indagato con altre persone per il reato di associazione a delinquere. La conferma è stata fornita oggi dalla Giustizia vaticana, quando il promotore di giustizia in apertura della XXXVII udienza del processo ha riferito dell’esito della rogatoria per l’ipotesi di reato associativo, nell’ambito della quale un Tribunale della Repubblica italiana, quello di Sassari, ha trasmesso oltre Tevere i risultati degli accertamenti condotti sulla cooperativa Spes di Ozieri (la diocesi originaria del cardinale), gestita da Antonino Becciu, fratello di quest’ultimo.
DIOCESI SARDE, DONNE MISTERIOSE E PRESUNTE SPY STORY
Il processo verte sulla nota compravendita del palazzo di Sloane Avenue, nel centro di Londra, dalle cui indagini istruttorie condotte dagli inquirenti vaticani emersero due ulteriori vicende relative ai prestiti e alle donazioni erogati dalla Segreteria di Stato vaticana in favore della diocesi di Ozieri per il tramite di una cooperativa nella quale lavorava il fratello di Becciu, oltreché alle relazioni del cardinale indagato con una donna, anch’ella sarda, Cecilia Marogna, che si spacciò quale agente dei servizi segreti italiani, cooptata poi da Becciu e –ritiene la Giustizia di oltre Tevere – generosamente remunerata a fronte di operazioni di sicurezza che avrebbe effettuato all’estero.
LA POTENTE FAMIGLIA BECCIU
I risultati delle attività investigative svolte su richiesta vaticana dalla Guardia di Finanza di Oristano consistono in estratti di chat che vedono partecipanti il cardinale e suo fratello Antonino, oltre alla nipote di un altro cardinale, Maria Luisa Zambrano. Ad avviso del promotore di Giustizia Alessandro Diddi, da esse si evincerebbero «tracce di pesanti ingerenze della Curia romana sull’attività della diocesi», questo anche a fronte di quanto a suo tempo dichiarato dall’allora vescovo Sergio Pintor, che al riguardo sostenne che «diocesi e Caritas erano in sostanza erano gestite dalla famiglia Becciu». Tra i documenti, nella memoria del telefono della nipote del porporato, risulta registrata la conversazione telefonica che Becciu ebbe con il Pontefice il 24 luglio 2021, cioè appena tre giorni prima dell’apertura del processo e venti giorni dopo l’operazione chirurgica alla quale si sottopose Bergoglio, audio ascoltato in aula ma a porte chiuse, poiché il giudice ha disposto l’uscita del pubblico presente. Una delle ipotesi è che in vista del processo Becciu volle dimostrare di non essere stato abbandonato da Papa Francesco.
FIAT PANIS
Se in precedenza era divenuto noto che il denaro erogato dalla Segreteria di Stato erano stati poi utilizzati dalla cooperativa Spes per aprire un forno dove poi sarebbero state collocate al lavoro persone in difficoltà economica, alla luce delle indagini della Guardia di Finanza si è poi accertato che 927 bolle di trasporto per la consegna di 18.000 chili di pane alle parrocchie sarebbero false, in quanto relative a forniture risalenti al 2018, ma compilate soltanto poche settimane prima dell’inizio del processo, celebrato l’anno seguente, inoltre, nessuno dei panettieri che lavoravano nella cooperativa ha riconosciuto la propria firma apposta su quella documentazione. Becciu è dunque indagato in Vaticano assieme ad altre persone per associazione a delinquere, seppure i suoi difensori abbiano riferito di non essere stati informati di questo.
SE NON DEVI SAPERE NON CHIEDERE NULLA…
Nel corso dell’udienza di oggi ha anche reso testimonianza monsignor Alberto Perlasca, già a capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato quando venne decisa la compravendita del palazzo di Sloane Avenue. Egli ha attribuito ad altri le decisioni sull’operazione, riferendo che «nell’ufficio le questioni economiche e finanziarie erano in mano a Fabrizio Tirabassi, minutante laico della Segreteria di Stato» e che lui (Perlasca) obbediva agli ordini del Sostituto agli Affari generali, cioè, dapprima Becciu e quindi Edgar Pena Parra. «Da noi c’è una scuola – ha dichiarato il monsignore richiesto della vicenda relativa ai versamenti in favore di Cecilia Marogna -, quando le cose non ti vengono dette non devi sapere, quindi non ho chiesto nulla». Infine, riguardo all’intervento nell’affare del broker molisano Gianluigi Torzi, Perlasca ha riferito di aver detto subito che si trattava di una truffa, «e chi fa una truffa è un truffatore e va denunciato».