IRAN, nucleare. Arricchimento dell’uranio: gli ayatollah sempre più vicini alla bomba

Nell’impianto sotterraneo di Fordow lo si arricchisce al 60%, quindi molto oltre la soglia del 3,67 fissata negli accordi raggiunti in precedenza. Nel frattempo, stante l’aggravarsi della minaccia iraniana nella regione, il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), generale Aviv Kohavi, in un suo intervento ha esortato gli Stati Uniti d’America a intensificare i piani militari congiunti per contrastare il programma nucleare iraniano

La Repubblica Islamica ha iniziato la produzione di uranio arricchito al 60% nel suo impianto sotterraneo di Fordow, la notizia, circolata in precedenza, è stata poi ufficialmente confermata dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Si tratta dunque di un livello di arricchimento notevolmente superiore a quello del 3,67%, fissato quale «soglia massima» nel quadro dell’accordo raggiunto sette anni fa tra le maggiori potenze mondiali e la teocrazia di Teheran al fine di evitare che quest’ultima si dotasse di armi nucleari. In base a esso, la Repubblica Islamica aveva accettato un congelamento delle sue attività di arricchimento nell’impianto di Fordow, sito riattivato nel 2019 e recentemente modificato allo scopo di renderlo più efficiente.

LA CONDANNA INTERNAZIONALE

Londra, Parigi e Berlino hanno subito condannato l’espansione del programma nucleare di Teheran poiché esso «è privo di alcuna giustificazione civile credibile» e costituisce una «sfida al sistema globale di non proliferazione». In una dichiarazione congiunta diffusa nella giornata di ieri dal governo britannico i tre Paesi europei, cosiddetti «E3» (Francia, Regno Unito e Repubblica federale tedesca) stigmatizzano il passo degli ayatollah dichiarando che l’Iran «ha compiuto nuovi significativi passi che svuotano l’accordo del 2015 dei suoi contenuti». Inoltre, in esso vi si afferma che «presentare questa escalation come una reazione alla risoluzione dell’AIEA che chiede la cooperazione della Repubblica islamica in materia di salvaguardia è inaccettabile», poiché «l’Iran è legalmente obbligato ai sensi del Trattato di non proliferazione ad attuare pienamente l’accordo di salvaguardia».

PREOCCUPAZIONI E PIANI MILITARI DI ISRAELE

Nel frattempo, stante l’aggravarsi della minaccia iraniana nella regione, il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (Idf), generale Aviv Kohavi, in un suo intervento ha esortato gli Stati Uniti d’America a intensificare i piani militari congiunti per contrastare Teheran. «Attraversiamo una fase critica», ha egli dichiarato a seguito degli incontri avuti a Washington lunedì scorso con il presidente dei capi di stato maggiore congiunti degli Stati Uniti, generale Mark Milley, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il direttore della Central Intelligence Agency William Burns. Il comandante delle Idf si è inoltre intrattenuto a colloquio con l’ambasciatore israeliano nella capitale americana Michael Herzog.

SITI NUCLEARI E «PROXI» DI TEHERAN NEL MIRINO?

L’emittente pubblica israeliana “Kan 11” ha riferito che le forze armate statunitensi e quelle dello Stato ebraico si starebbero addestrando congiuntamente simulando attacchi contro l’Iran e gli alleati di quest’ultimo nella regione mediorientale, tuttavia si tratta di una notizia che non ha ricevuto alcuna conferma ufficiale. Di fatto, il clima è mutato, poiché se in precedenza si prendeva in esame anche una possibile soluzione negoziata della questione nucleare iraniana, ora la soglia di rischio si è indubbiamente elevata. Riguardo invece alla situazione critica in Israele a causa dl terrorismo palestinese, nel loro colloquio Kohavi e Sullivan hanno concordato la necessità di adottare misure in grado di ridurre la tensione e l’insicurezza in Cisgiordania, con l’americano che ha ribadito come una soluzione negoziata che preveda due Stati permanga la strada migliore per raggiungere una pace duratura.

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