SPETTACOLO, stuntman e miti. La scomparsa di Holer Togni

Il celebre «cascatore» inventore degli Stunt Cars si è spento all’età di settantasei anni. Proveniva dalla nota famiglia circense, e decise di puntare tutto sulle automobili e i camion… sfasciandone a migliaia nel corso dei suoi spettacoli e delle scene cinematografiche girate durante la sua vita. Ai suoi show assistettero fino a un milione di spettatori all’anno. Il ricordo che ne tramanda sua figlia Lidya, che assieme a lui si è formata, nelle auto e nella vita

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«Udo: sposta quella 124 che lì dobbiamo metterci la fila di macchine per il salto finale della 1100 nello spettacolo di stasera…». Sono le otto e mezza di mattina di una domenica della fine degli anni Settanta e al Foro Italico, sul grande piazzale antistante la Curva Sud, tra il Bar del Tennis e i palazzi stile littorio che ospitano gli uffici del CONI, Holer Togni e il suo team stanno approntando lo spettacolo che avrà luogo nel tardo pomeriggio e in serata.

IL MITO DEGLI STUNT CARS

Quel giorno allo Stadio Olimpico si sarebbe giocata una partita di calcio, come ogni domenica, ma l’atmosfera sul lungo viale che conduce all’ostello della gioventù e alla palestra trasformata in tribunale è diversa rispetto al solito. Infatti, lungo lo Stadio del Tennis, laddove la striscia di suolo e mosaici si allunga fino alla fine del Foro Italico armeggia alacremente un’umanità del tutto particolare: da qualche giorno sono arrivati gli Stunt Cars di Holer Togni, che ogni sera rappresentano il loro spettacolo fatto di audaci e attente manovre automobilistiche e molti «crash». È proprio Holer a rivolgersi a Udo, che sale a bordo della vecchiotta Fiat 124 Sport celeste e a retromarcia, con un testa coda, punta il muso del coupé verso uno spazio libero e, dopo un’inchiodata, la parcheggia accanto a una lunga teoria di Fiat 131 Mirafiori allineate, tutte colorate di giallo e recanti dappertutto sulla carrozzeria le striscette quadrettate bianche e nere caratteristiche delle macchine da corsa oltre alle variopinte insegne degli Stunt Cars.

UNA ESISTENZA FUORI DAL COMUNE

Saranno loro le protagoniste dello spettacolo della sera, pilotate dallo stesso Holer Togni e dai suoi stuntman, un evento che richiamerà grandi e piccini dopo la partita di campionato giocata alcune centinaia di metri più in là. Ebbene, sabato scorso Holer Togni se n’è andato, il celebre «cascatore» che inventò gli Stunt Cars si è spento a Milano all’età di settantasei anni. Proveniva dalla nota famiglia circense e decise di puntare tutto sulle automobili e i camion sfasciandone a migliaia nel corso dei suoi spettacoli e delle scene cinematografiche girate nel corso della sua vita. Ai suoi show assistettero fino a un milione di spettatori all’anno. Nel ricordo che ne ha tramandato sua figlia Ledya in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa ANSA poche ore dopo la scomparsa del celebre stuntman, oltre al grande amore per il proprio padre emerge anche una esistenza senza dubbio fuori dal comune, iniziata dalle fasi pionieristiche di questo difficile e pericoloso mestiere e, via via negli anni successivi, resa sempre più spettacolare dall’esperienza maturata tra abitacoli di autovetture, acre odore di pneumatici bruciati e la ricerca della massima sicurezza possibile durante i numeri in pista.

IL RICORDO DELLA FIGLIA LEDYA

«Di piloti bravi ce ne sono tanti – afferma Ledya -, ma mio padre aveva qualcosa di più: era un animale da palco». Per almeno una generazione Holer Togni è stato uno degli uomini-immagine della guida spericolata. Uno spettacolo rischioso e impegnativo del quale rimase affascinato negli Usa all’inizio degli anni Settanta, che poi rappresentò egli stesso in maniera itinerante assieme a suo fratello Divier. «Insieme hanno lasciato il circo e dato vita allo show “Stunt Cars” – racconta Ledya -, che ha girato l’Italia e l’Europa per più di tre decenni, con un pubblico anche di  un milione di spettatori all’anno. Dai grandi stadi all’autodromo di Monza, riprodussero dal vivo le spericolate imprese possibili solo al cinema». Numeri mozzafiato come le due ruote su auto, camion e persino trattori, spettacoli dal ritmo incessante costruiti intorno a temi come il film “Blues Brothers”, che Ledya confida sia stato il preferito da Holer.

NEL GUINNESS DEI PRIMATI

Nel 1995 entrò nel Guinness dei Primati per aver guidato un autoarticolato inclinato su tre ruote. «Mio padre – conclude Ledya – vuole essere ricordato per quello che ha fatto. Ha continuato a lavorare fino all’ultimo perché era un uomo di spettacolo e lo spettacolo ce l’aveva nel sangue. Ci sono pochi personaggi del suo calibro, forse solo zio Darix, il domatore di tigri. Loro erano i più carismatici della famiglia. Mio padre era avanti in tutto: ad esempio fu il primo a introdurre il personal computer nel circo. Era molto curioso e aveva un grande talento con auto e camion. A livello personale, invece, mi ha insegnato a vivere e oggi posso parlare e trovarmi di fronte a chiunque senza paura, perché so di cosa parlo. Stare con lui è stata una grande lezione di vita».

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