L’innalzamento del livello di allerta era stato deciso nello scorso mese di luglio, quando la milizia dell’organizzazione sciita libanese filo-iraniana Hezbollah aveva indirizzato quattro propri droni verso il giacimento di gas di Karish, situato al largo della costa mediterranea di Israele. Ora, alla luce della stipulazione di questo importante accordo, esso è stato ridotto.
UN ACCORDO DI PORTATA STORICA
Lo storico accordo sui confini marittimi è entrato in vigore giovedì sera, a seguito di una cerimonia che ha avuto luogo nella dell’Unifil di Naqura, presso il confine tra i due Paesi, la nota “linea blu”. Esso pone fine ad anni di controversie sulla questione e di ripetuti lanci di missili e razzi da parte di Hezbollah, questo seppure Gerusalemme e Beirut rimangano ancora formalmente in guerra, poiché l’accordo non concerne il confine terrestre, oggetto di disputa (in verità piuttosto pretestuosa) di una piccola porzione di territorio a ridosso dell’alta Galilea.
IL «SÌ» DI HEZBOLLAH (E DI TEHERAN)
In ogni caso non si può non riflettere su un aspetto: il Libano non avrebbe certamente potuto giungere a un accordo del genere senza il consenso dell’organizzazione politico-militare sciita libanese (largamente rappresentata al parlamento di Beirut) sostenuto dall’Iran. E, non sarebbe dunque casuale che l’organizzazione che fa capo ad Hassan Nasrallah dopo l’accordo siglato giovedì scorso abbia dichiarato che avrebbe posto fine alla sua «mobilitazione speciale» contro Israele, quando in precedenza era invece giunto a minacciare un attacco qualora Gerusalemme avesse iniziato a estrarre gas dal giacimento di Karish prima che venisse formalizzato un accordo al riguardo.
IL GAS È UNA RISORSA
Mercoledì scorso dal sito offshore è iniziata l’estrazione dellla materia prima energetica e, quasi contestualmente, Nasrallah ha parlato alla televisione dichiarando che «tutte le misure eccezionali e speciali e la mobilitazione attuate dalla resistenza per diversi mesi sono ora dichiarate concluse», definendo inoltre l’accordo una «grande vittoria per il Libano», ma anche che esso «non costituisce però un trattato internazionale e meno che mai un riconoscimento di Israele». Insomma, il leader di Hezbollah “fa il suo mestiere” e cerca di tenere il punto, ma le sue parole paiono contrastare sia con le dinamiche in atto (che Hezbollah potrebbe pur sempre condizionare manu militari) che con le dichiarazioni rese poco prima dal primo ministro dello Stato ebraico Yair Lapid, che aveva affermato come l’accordo rappresentasse de facto il riconoscimento di Israele da parte del Libano.
IL TEATRINO DELLA PROPAGANDA
Dunque, mentre il presidente Michel Aoun dal suo palazzo di Baabda respingeva questo assunto, il capo negoziatore libanese invece si esprimeva pubblicamente nel senso di «una nuova era», facendo addirittura esplicito riferimento agli Accordi di Abraham stipulati recentemente tra Israele e altri Stati arabi di Medio Oriente e Africa. Il Paese dei cedri è afflitto da tempo da una grave crisi economica e l’apporto che gli può derivare dalla commercializzazione del suo gas naturale gli sarebbe senza dubbio di giovamento. Dal canto suo, il primo ministro dello Stato ebraico, Yair Lapid, aveva bisogno di ottenere un risultato importante che lo aiutasse sul piano del consenso elettorale a pochi giorni delle consultazioni per il rinnovo della Knesset e del Governo, indette per il prossimo primo novembre a seguito della crisi del gabinetto di coalizione che era stato presieduto da Naftali Bennet e, successivamente, in alternanza, dallo stesso Lapid.
FINE DI UN’ANNOSA CONTESA
L’accordo pone fine a una lunga serie di contrasti sugli 860 chilometri quadrati di Mediterraneo sotto i cui fondali si trovano i giacimenti di gas israeliani di Karish e di Qana libanesi. Sulla base di esso viene riconosciuta a Israele una linea di confine (stabilita già nel 2000) a cinque chilometri a largo della costa settentrionale del Paese, nelle acque antistanti la città Rosh Hanikra. Da quel punto, delimitato da una boa galleggiante, il confine seguirà quello meridionale dell’area contesa, ormai divenuto noto come «Linea 23». A questo punto il Libano potrà godere dei benefici di natura economica derivanti dallo sfruttamento delle risorse presenti nell’area a nord di della citata Linea 23, incluso appunto il giacimento di Qana, mentre Israele procederà alla produzione di gas a Karish e riceverà entrate da Qana se e quando inizieranno le operazioni.