Il ministero degli esteri del Kazakistan ha reso noto che non riconoscerà l’annessione da parte della Federazione Russa del Donbass e di eventuali altri territoti occupati militarmente da Mosca, neppure alla luce alla luce dei risultati dei referendum che in quei luoghi si stanno tenendo in questi giorni. Il messaggio fatto pervenire da Astana (Nur Sultan) è stato oltremodo chiaro, esortando altresì Mosca al rispetto dei principi relativi all’integrità territoriale e della sovranità. «Il nostro presidente – si legge nella nota ufficiale kazaka – ha chiarito in più occasioni, anche nel suo discorso tenuto alle Nazioni unite, l’importanza di salvaguardare i principi del diritto internazionale che si basano sulla carta dell’Onu», che, appunto, si riferisce alla responsabilità dei suoi membri rispetto all’integrità territoriale degli Stati».
UN’OPPORTUNITÀ PER ASTANA
Secondo Temur Umarov, membro del Carnegie Endowment for International Peace, il Kazakistan si starebbe liberando dalla morsa della Russia proprio grazie all’opportunità fornitagli dalla guerra in Ucraina, evento che ha avviato un processo di mutazione della geopolitica in Asia. Prima del conflitto la Bielorussia era il più stretto alleato di Mosca a ovest, mentre il Kazakistan lo era sud, tuttavia, a differenza di Minsk i kazaki non cercherebbero ulteriori opportunità nelle relazioni con il Cremlino, al contrario vorrebbero affrancarsene discretamente e senza strappi che possano provocare conseguenze deleterie. Il presidente cinese Xi Jinping ha scelto il Kazakistan per il suo primo viaggio all’estero dal gennaio 2020 e ha promesso ad Astana di sostenerla nella salvaguardia dell’indipendenza nazionale, della sovranità e dell’integrità territoriale: indubbiamente un’ottima occasione per sganciarsi dall’ingombrante vicino russo.
NESSUNA COOPERAZIONE COL CREMLINO
Dal primo momento dell’invasione militare russa dell’Ucraina nessun sostegno è pervenuto a Mosca dalle autorità kazake, con il presidente Kassym-Jomart Tokayev che ha apertamente opposto un rifiuto di farlo, così come Astana non ha riconosciuto le repubbliche secessioniste del Donbass e non ha cooperato con Mosca nei tentativi di quest’ultima di eludere le sanzioni economiche irrogate dall’Occidente. I media filo-governativi russi e i canali Telegram sono giunti addirittura a diffondere la notizia di una fornitura di armi all’Ucraina da parte della società kazaka Technoexport, accuse respinte con decisione da Astana, che si basano su informazioni relative a una presunta triangolazione attraverso la Giordania e il Regno Unito. Nei suoi tre decenni di esistenza come Stato indipendente, il Kazakistan ha partecipato a tutte le iniziative di integrazione promosse da Mosca, quali la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai SCO), l’Unione economica eurasiatica (EEU) e l’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (CSTO).
LA RIVOLTA DI ALMATY: UN PESSIMO SEGNALE PER I KAZAKI
Tuttavia, ad Astana si ha piena consapevolezza dei essere limiti invalicabili imposti nelle relazioni con la Russia, aspetti che mantengono l’economia del Kazakistan dipendente da Mosca per generi alimentari e vestiti. Infatti, oltre il 40% del fabbisogno interno del Paese centroasiatico viene soddisfatto attraverso le importazioni dalla Russia e, quando quest’anno quest’ultima ha interrotto le spedizioni di zucchero, i kazaki si sono trovati ad affrontare carenze e sensibili aumenti dei prezzi. È per questa ragione che Astana si trova costretta a continuare a guardarsi alle spalle dal Cremlino, che ha dimostrato la propria influenza in gennaio, quando ha inviato le sue forze a stabilizzare in pochi giorni la situazione divenuta critica ad Almaty. Un pessimo segnale per i kazaki, poiché Mosca è intenzionata a mantenere lo status quo nelle campo delle relazioni bilaterali, soprattutto oggi che l’isolamento internazionale del Cremlino rende il Kazakistan un partner più prezioso che mai.
TIMORI E DIFFIDENZA
Ma Astana vorrebbe ridurre questa influenza e, contestualmente, diversificare i propri legami con il mondo, un intendimento ulteriormente avvalorato dall’aggressiva politica estera di Mosca esplicatasi a partire dal 2008 con l’invasione della Georgia e poi con quella dell’Ucraina nel 2014. Al riguardo va rilevato che Astana non ha mai riconosciuto né l’Abkhazia, né l’Ossezia meridionale, come non considera la Crimea parte della Federazione russa, temendo potenziali operazioni simili ai suoi danni. Un divario che si va sempre più accentuando di pari passo alle dinamiche messe in moto da Vladimir Putin. Tanto più alla luce delle precedenti esercitazioni militari congiunte tra Kazakistan e NATO, che assumono un particolare significato ora che Mosca è in sostanziale conflitto con l’Occidente. Come affrancarsi, dunque, dall’ingombrante vicino?
KAZAKISTAN E NATO
La strategia potrebbe essere quella dello sfruttamento del momento opportuno, cioè quello attuale: mentre la Russia è debole e dissipa tutte le sue energie in Ucraina e al suo interno ai fini della stabilizzazione del regime di Putin, i kazaki possono estendere le loro relazioni con altri paesi. Tokayev ha recentemente visitato la Turchia, paese col quale ah rafforzato la partnership elevandola a un livello strategico, prevedendo la produzione di sistemi d’arma turchi in Kazakistan e lo scambio di informazioni di intelligence. Si tratta di una importante novità, poiché è la prima volta che un paese membro della CSTO coopera in questi campi con uno della NATO. Il presidente kazako si è poi recato anche in Azerbaigian, dove con il presidente Ilham Aliyev ha concordato forme di intensificazione in materia di cooperazione economica, tra le quali la rotta alternativa a quella russa dei flussi di materie prime energetiche da esportare in Europa.
L’INGRATO TOKAYEV
Ma Tokayev non è in debito con il Cremlino, che a gennaio lo ha salvato da un tentativo di colpo di stato? Forse le vicende di allora non stanno proprio in questi termini, forse Mosca ha provato a espandere la sua influenza nella regione, anche perché la stessa Russia ha temuto per la propria sicurezza e ha agito al fine di evitare che la situazione nel paese vicino finisse totalmente fuori controllo. In ogni caso, a Mosca i centri di potere maggiormente assertivi in politica estera manifesta aperto malcontento riguardo alla posizione di Astana, paventando ritorsioni nel caso di una deterioramento delle relazioni bilaterali. Non è uno scherzo, dato che la Russia pesa per 1/5 sul commercio estero kazako e oltre la metà dei flussi di materie prime energetiche esportate da Astana in Europa transita attraverso il territorio della Federazione russa (l’80% delle esportazioni di petrolio del Kazakistan passa attraverso il Caspian Pipeline Consortium, di cui Mosca detiene una quota del 31%). Quindi, se il Cremlino decidesse di tagliare la principale fonte di reddito del Kazakistan, quest’ultimo precipiterebbe in una grave crisi.
IMPREVEDIBILITÀ DEL PROCESSO DECISIONALE AL CREMLINO
In queste condizioni quanto potrà durare l’atteggiamento di apparente amicizia della Russia nei confronti del Kazakistan? Si vocifera che a Mosca monti il sentimento di frustrazione e intolleranza nei confronti dell’alleato centrasiatico e, come da manuale, iniziano a manifestarsi le “misure attive” opera del collaudato apparato di disinformazione, che mediante la diffusione di fake news relative a un «genocidio di russi in atto in Kazakistan» alimentato la discussione pubblica sulla «denazificazione» di quel paese, con il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev che è giunto a dichiarare (poi ha cercato di smentire) che, «dopo l’Ucraina, Mosca potrebbe rivolgere la sua attenzione al Kazakistan settentrionale». Valutare la situazione attuale e le possibili prospettive future è un difficile esercizio che non può prescindere dalla ponderazione dei fattori relativi all’incertezza nel processo decisionale al Cremlino, reso ancora più imprevedibile dai recenti rovesci militari russi sul campo di battaglia ucraino.