a cura di ConfimpresItalia – I dati elaborati dal Centro studi di ConfimpreseItalia, sebbene siano stati ricavati da un campione ristretto ma significativo, confermano le fosche, ma purtroppo realistiche, previsioni fatte da altre associazioni. Infatti, nei prossimi mesi 850.000 piccole e microimprese chiuderanno a causa dell’insostenibile peso della bolletta energetica sui fatturati delle aziende. La cifre, a volte stratosferiche, da sole non rendono il senso della gravità della situazione e la prospettiva catastrofica verso la quale siamo diretti. Il dato che certifica la chiusura delle aziende non è il pur impressionante dato assoluto, ma è la percentuale di fatturato che erode. In alcuni casi arriva al 50%, ma di solito in attività come Forni, Somministrazione, Ristorazione, si attesta su una media del 22%con tetti che arrivano anche al 35%. È evidente che con queste percentuali l’unico approdo per le aziende è la chiusura.
COSTI SOCIALI ED ECONOMICI
850.000 aziende rappresentano oltre il 16,5% delle imprese esistenti nel febbraio 2022 (5,146 milioni) ,ed i 3,5 milioni di nuovi disoccupati rappresentano il 15,1% degli attuali occupati (23,15 milioni). Questa mole di disoccupati metterà. Rischio la tenuta sociale del paese con danni inimmaginabili in termine di potenziale destabilizzazione sociale. Questa non è la sede per una indagine sociologica, sulla quale saremmo anche disponibili a confrontarci. In questa sede ci preme evidenziare quale è il costo che lo stato in generale, l’Inps in particolare dovrà sostenere.
I COSTI DEI NUOVI DISOCCUPATI NEL PROSSIMO BIENNIO
Netto in busta: € 1340,67
versamento Inps impresa e dipendente: € 602,66
versamento Irpef: € 237,00
Naspi per singolo dipendente: € 1.053,67
mancato versamento Irpef: € 23,00
mancato versamento Inps: € 602,65
totale intervento mensile per dipendente: € 1.679,32
totale soggetti interessati: 3.500.000
periodo considerato (in mesi): 24
costo complessivo per mese: € 5.877.620.000,00
costo complessivo intervento: € 141.062.880.000,00
VERSAMENTI E INDENNITÀ
Per elaborare questa stima è stato preso a base un lavoratore che abbia un netto in busta di € 1340,67.In questo caso, impresa e lavoratore versano all’Inps 602,66 € e 237 € di Irpef, senza considerare l’assicurazione Inail. Dal momento del licenziamento il lavoratore ha diritto a quella che una volta veniva definita «indennità di disoccupazione» e che ora è la Naspi, quello che percepirà, per due anni, a carico dell’INPS, sarà una indennità di € 1053,67 mensili. Appare del tutto evidente che lavoratore e impresa non verseranno più i contributi all’Inps, generando così un decremento delle entrata pari a € 602,65 mensili, mentre i minori introiti da Irpef ammonteranno a € 23,00 mensili. La somma tra mancate entrate e indennità da versare sarà dunque di €1679,32 al mese per singolo lavoratore. Sulla base di questi dati, come evidenziato in precedenza, il costo per lo Stato supererà, in due anni 140 miliardi di euro.
PREMESSE ALLE PROPOSTE
Prima di presentare le proposte, ConfimpreseItalia ritiene opportuno svolgere delle brevi considerazioni. Viene quindi riportata integralmente una parte della Costituzione della Repubblica, che all’Art. 2. «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Dalla sua lettura sorge l’interrogativo su quale sia l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale che stanno dando le società di gestione dei servizi di luce e gas in un momento in cui la mancata fornitura di questi servizi primari lede il diritto al lavoro di milioni di persone. Energia elettrica e gas costituiscono sicuramente dei servizi di interesse economico generale che possono essere oggetto di attività regolatorie da parte dello Stato.
PREZZI DI GAS ED ELETTRICITÀ
In questo momento su elettricità e gas c’è una strana considerazione delle leggi di mercato: un gruppo decide di fissare su una serie di considerazioni più o meno attendibili di fissare il prezzo di vendita indipendentemente da quello di acquisto. Per fare un confronto che quella che è una altra piaga del carovita che non vogliamo affrontare in questa sede, il prezzo della benzina al distributore varia in funzione del prezzo del petrolio al barile. Qui ci troviamo in una condizione che pure se la luce fosse regalata ai distributori si applicherebbe lo stesso prezzo di vendita. A questo esempio potremmo togliere il condizionale. Tutta l’energia prodotta da fonti rinnovabili continua a costare € 0,15 € a KW mentre il PUN prezzo unico nazionale (alla faccia della libera concorrenza) fissato dal Gestore dei mercati energetici, dipendente dal Ministero del Tesoro, al prezzo attuale di 0,55 € KW. Sarebbe interessante comprendere le ragioni di questo surplus. Ai 0,55 € fissati dal GSE, le singole società rivenditrici applicano il loro servizio da qui il l’insostenibile prezzo che devono pagare le aziende. Inoltre, bisogna pensare che le previsioni danno il prezzo del Kw ad 1,00 € entro dicembre. Chi è il beneficiario di questo regalo?
INTERVENIRE ALLA FONTE
Stesso ragionamento va fatto per il gas dove il mercato è fissato non sul valore reale del prodotto ma sulle previsioni del TTF Gas (Title Transfer Facility). In questa sede ci limitiamo a sottolineare che il gas naturale è un bene fungibile uguale indipendentemente dal produttore e che il prezzo medio del Gas (che costa sempre allo stesso prezzo) dopo avere raggiunto un picco di € 125,42 € mwh, ad aprile aveva un prezzo medio mensile di 92,80 e mwh contro i 222,33 €mwh di luglio. Per ConfimpreseItalia risulta chiaro che si debba intervenire sui prezzi alla fonte e che ogni aiuto possibile intervenendo sui prezzi di vendita più che un sostegno alle imprese sarà un regalo ai produttori o a chi gestisce le reti. Su questo tema il punto di vista del Governo e anche di tutti i partiti è quello di intervenire sul prezzo finale, favorire insostenibili rateizzazioni e altri provvedimenti he riteniamo inutili e costosi.
ALTRE PRIORITÀ
ConfimpreseItalia ritiene che il punto che dovrebbe guidare una scelta difficile e ponderata deve individuare altre priorità e un utilizzo diverso delle informazioni:
- il riferimento è alla SIEG (Servizi interessi economici generali) di cui imprese e cittadini non possono fare a meno;
- prezzi attuali la sopravvivenza delle aziende non dipende da capacità proprie ma è legata all’insostenibilità di un servizio che lo stato deve garantire;
- la coesione sociale è a rischio;
- senza un intervento immediato chiuderanno nel breve periodo almeno 850.000 imprese e che ci saranno 3,5 milioni di nuovi inoccupati;
- oltre al danno sociale, forse irreparabile, c’è un danno economico aggiuntivo insostenibile per lo stato di 141 miliardi nei prossimi due anni;
- comuni, province, ospedali rischiano di andare in default;
- anche se non è ufficialmente dichiarato, ci troviamo davanti ad un conflitto militare localizzato ma a uno “stato di guerra” economico-finanziario di dimensioni mondiali.
NAZIONALIZZAZIONE DI ELETTRICITÀ E GAS
Date queste premesse, come unica soluzione possibile, si propone la nazionalizzazione dei servizi di gestione di elettricità e gas. Dal punto di vista giuridico i trattati europei lo consentono. Basti ricordare come il presidente francese Emmanuel Macron allo scopo di bloccare la scalata di Eni a Edf nazionalizzò quest’ultima, mentre la Germania sta facendo la stessa operazione. Con questa scelta è possibile ridurre quella forbice tra 0,15 € del costo dell’energia e lo 0,55 € del prezzo unico nazionale ed inoltre si può/deve a prescindere sganciare il prezzo dell’energia da quello del gas. ConfimpresItalia tiene a precisare di non essere favorevole ai processi di nazionalizzazione, ma si riferisce a servizi dai quali dipende il futuro del Paese ed è bene che in qualche modo lo Stato eserciti un potere di controllo e di indirizzo. E su questo tema pone una domanda. Probabilmente questo potere lo Stato lo ha, però non lo applica. Va infatti ricordato che il prezzo unico nazionale dell’energia è stabilito dal Gestore mercati energetici, cioè dal Ministero del Tesoro. L’articolo 2 della Costituzione non è stato richiamato genericamente, bensì perché nell’applicazione di tale principio si può rinvenire una soluzione alternativa, quella di un patto tra lo Stato e le società coinvolte nel processo di formazione dei prezzi dell’energia che di questi ultimi ne determini per il periodo necessario una forte riduzione.
AZZERAMENTO DELL’IVA SU ENERGIA ELETTRICA E GAS
Per le imprese non rappresenta uno sconto, ma una anticipazione che in questo momento non possono sostenere. La riduzione dell’Imposta sul valore aggiunto per i privati sarebbe a basso costo, in quanto la stragrande maggioranza delle famiglie per riuscire a sostenere il pagamento delle bollette è costretta a ridurre il resto dei consumi. L’Iva che risparmierebbero sulle bollette, quindi, la pagherebbero facendo altri acquisiti. Valutati i risultati si potrebbe stabilire se rendere definitiva questa misura oppure utilizzarla nella situazione contingente. ConfimpreseItalia chiede dunque alle massime Autorità istituzionali, al Presidente della Repubblica e a quello del Consiglio dei ministri un confronto sulla condizione nella quale attualmente versano le imprese, su quelle sociali generali del Paese nonché sul percorso sopra indicato.
PRENDE AVVIO LA MOBILITAZIONE
Da domani ConfimpreseItalia avvierà la Campagna di mobilitazione e informazione porta a porta nell’ambito dell’iniziativa “salviAMO le imprese, SalviaAMOL’ITALIA”. Nei vari territori avranno luogo degli incontri con i rappresentanti locali del Governo e anche con le amministrazioni locali, allo scopo di monitorare l’andamento della situazione. «Non è escluso che – conclude la nota ufficiale diffusa da Confimpreseitalia -, qualora perdurasse l’attuale situazione, venga convocata una manifestazione nelle modalità che ritenute più opportune».