Le due brutte notizie sono giunte praticamente in maniera contestuale: la francese Edf ha comunicato al Ministero della Transizione ecologica italiano che nei prossimi due anni sospenderà le forniture di elettricità a causa del fermo di oltre la metà dei reattori nucleari d’oltralpe, rendendo così il nostro paese esposto per quel 5% del fabbisogno fino a oggi soddisfatto attraverso le importazioni dalla Francia. Ma non finisce qui, poiché anche Svizzera, Austria e Slovenia, dai quali importiamo elettricità, potrebbero ridurre o sospendere le loro forniture. Come se tutto questo non bastasse, a stretto giro è arrivata anche l’altra tegola sulla testa di Governo e sistema-paese, l’inquietante quanto in parte oscura comunicazione fatta dalla società di Stato algerina Sonatrach nella quale, senza mezzi termini, si rende noto che Algeri potrebbe non ottemperare nei tempi stabiliti al dettato del recente accordo in materia energetica stipulato con Roma. Un problema serio che coglie il Paese mentre attraversa una fase delicata, quella immediatamente precedente le elezioni politiche anticipate.
UNA FASE DI INTENSE CONTRATTAZIONI
La Sonatrach si è giustificata asserendo che «fatica a reperire i volumi aggiuntivi di gas naturale» che si era impegnata a fornire all’Italia nel quadro del recente accordo stipulato lo scorso 19 luglio da Algeri e Roma, «i termini di esso – prosegue la compagnia energetica – potrebbero non essere attuati nei tempi previsti». In aprile Sonatrach ed Eni avevano stipulato un contratto per la fornitura di gas naturale i cui dettagli, tuttavia, non sono stati resi pubblici. In seguito, alla fine di giugno, in occasione della visita ufficiale del presidente algerino in Italia, le due società del settore energia avevano raggiunto un’ulteriore accordo inerente lo sviluppo di giacimenti a gas e l’avvio di un progetto pilota finalizzato alla produzione di idrogeno verde nel Paese nordafricano. Quindi fu la volta vertice bilaterale del 18 luglio, quando, presenti nella capitale algerina Draghi e Descalzi, venne siglato un nuovo contratto di fornitura di gas allo scopo di ridurre la forte dipendenza energetica italiana dalla Russia.
LE FATICHE DI SONATRACH
Dall’inizio del 2022 l’Algeria ha fornito all’Italia 13,9 miliardi di m³ di gas naturale, incrementando del 113% i volumi inizialmente concordati, tuttavia, l’ultimo accordo tra Sonatrach ed Eni prevedeva la fornitura di ulteriori 6 miliardi di m³ entro la fine dell’anno, rientranti nei 9 miliardi di m³ pattuiti per la consegna dal prossimo novembre fino all’inizio del 2024, sostanzialmente un miliardo di m³ in più al mese. Ma qui insorgono le difficoltà, poiché Sonatrach a mobilitare soltanto 200 milioni di m³ di gas aggiuntivo per il prossimo mese di novembre. La compagnia nazionale algerina di idrocarburi non ce la fa e afferma di riuscire a fatica a inviare in Italia 4 miliardi di metri cubi attraverso il gasdotto Transmed, condotta gestita assieme a Eniche collega la costa africana con quella siciliana attraversando il territorio della Tunisia, condotta che ha una capacità pari a 32 miliardi di m³ di gas naturale all’anno, ma finora utilizzata mediamente a circa il 70% della sua potenzialità, qualora quel gas così necessario all’Italia vi venisse immesso e pompato.
3 IPOTESI ESPLORABILI
Della questione insidertrend.it ha investito il presidente di Federpetroli Italia, Michele Marsiglia, che, intervistato nel pomeriggio di ieri (la registrazione audio integrale – A480 – si può ascoltare di seguito), ha esplorato le varie possibili ipotesi relative alle cause di questo passo indietro compiuto dalla Sonatrach. Esse sarebbero tre: la citata incapacità algerina di produrre e inviare i volumi di gas concordati in Italia (derivante anche dall’impossibilità algerina di finanziare investimenti in nuovi pozzi estrattivi), una reazione al cosiddetto price cap (o tetto al prezzo di vendita del gas) che l’Unione europea vorrebbe imporre ai produttori che esportano nel Vecchio continente e, financo, il “convitato di pietra”, cioè la Russia di Putin, che potrebbe avere condizionato la politica estera di Algeri, che da sempre è in ottimi rapporti con Mosca.
LA QUESTIONE DEL «PRICE CAP»
Riguardo al price cap, Marsiglia ha, tra l’altro, evidenziato la logicità delle posizioni di Sonatrach, affermando che «limiti posti ai prezzi del gas, dunque dei guadagni sulla sua attività di commercializzazione, danneggerebbero quelle economie e anche gli speculatori, quindi i paesi non appartenenti all’Unione europea si sono detti disponibili a orientarsi verso altri possibili clienti non sottostanti alle leggi europee. Il blocco del prezzo, ovviamente, ai venditori non conviene». A questo punto rimane la terza ipotesi, cioè l’azione più o meno discreta della longa manus del Cremlino. I primi giorni di agosto il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha annunciato che a breve avrebbe compiuto un viaggio in Africa visitando una serie di Paesi dove Mosca è presente in vario modo, molti di essi produttori di idrocarburi. «La Russia è membro a pieno titolo di Opec+ – ha rammenta Marsiglia -, l’organizzazione dei paesi esportatori di greggio, dunque la Russia è tra gli attori principali del sistema energetico internazionale, e la prima capitale nella quale è atterrato è stata Algeri».
LA «LONGA MANUS» DI MOSCA
«In quell’occasione – prosegue il presidente di Federpetroli Italia – Lavrov è stato oltremodo chiaro, poiché ha fatto capire che avrebbe cercato di “sottrarre volumi di gas” da quelli concordati con l’Eni e l’Italia. A tal proposito non va poi dimenticato che Mosca è presente anche in Libia, dove è riuscita a prendere il posto degli investitori italiani in non pochi casi, sia nell’onshore che nell’offshore. Conseguentemente, allo stato attuale dei fatti, sia in Africa che in Medio Oriente possiamo aspettarci degli stravolgimenti dall’oggi al domani come quello della Sonatrach». La Federazione russa è il maggiore fornitore di materiali d’armamento dell’Algeria, paese che risulta anche essere tra i primi quattro acquirenti di armi russe nel mondo. Washington ha recentemente accentuato l’esercizio di pressioni sull’Algeria a causa della stretta vicinanza di quest’ultima con la Russia di Putin.
PRESSIONI DI WASHINGTON SU ALGERI
È accaduto che per la prima volta un alto funzionario statunitense si è incontrato direttamente con un elemento apicale delle forze armate del Paese nordafricano in assenza di personalità civili o di rappresentanti della presidenza della Repubblica. Mercoledì scorso ad Algeri l’ambasciatrice americana Elizabeth Moore Aubin ha conferito con il capo di stato maggiore dell’esercito Saïd Chanegriha. Un’evidente segnale dell’attività di dissuasione dei generali algerini dal rafforzamento della cooperazione in campo militare con Mosca che, nelle ultime settimane, sta ponendo in essere la Casa Bianca. Nella medesima giornata dei colloqui tra la Moore Aubin e Chanegriha, negli Stati Uniti il senatore repubblicano Marco Antonio Rubio ha inviato una lettera al segretario di Stato, Antony Blinken, nella quale chiedeva con vigore l’applicazione nei confronti dell’Algeria del Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act, legge che autorizza l’imposizione di sanzioni nei confronti di coloro i quali «si impegnino consapevolmente in una transazione materiale con settori della Difesa o dell’intelligence della Federazione Russa, o che operino per o in nome di essi».