In perfetta concomitanza sia con il vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO) che con quello interreligioso mondiale al quale ha preso parte anche il Pontefice, e a poche ore dalla vittoriosa controffensiva ucraina contro i russi, nel Caucaso e in Asia centrale sono riesplosi due conflitti «congelati», quello del Nagorno-Karabakh e quello tra Tagikistan e Kirghizistan.
ORDINE DI RITIRO DALLA LINEA DI CONTATTO
Dopo i combattimenti dei due giorni scorsi i presidenti kirghizo e tagiko hanno ordinato alle rispettive forze di ritirarsi dalla linea di contatto lungo la frontiera al seguito del cessate il fuoco in vigore da oggi. Le autorità di Biškek hanno confermato il bilancio delle vittime: sono almeno ventiquattro le persone sono rimaste uccise negli scontri divampati nella regione sudorientale di Batken al confine con il Tagikistan. L’ordine di porre fine ai combattimenti è stato dato da Samarcanda, luogo del vertice internazionale della SCO, dove si trovavano entrambi i capi di Stato dei paesi belligeranti, il kirghizo Sadyr Japarov e il tagiko Emomali Rahmon.
GUERRA A POCHI CHILOMETRI DA SAMARCANDA
Un fronte per altro affatto distante dal territorio dell’Uzbekistan, paese ospite del summit, che aveva visto convenire, tra gli altri, Xi Jinping, Putin, Erdoğan, l’indiano Modi e l’iraniano Raisi. Le unità militari e della polizia di frontiera di Biškek e Dušnbe si erano scontrate praticamente lungo l’intera linea di frontiera comune, con i militari tagiki che – secondo quanto dichiarato dal Comitato di Stato per la Sicurezza nazionale kirghizo – avevano aperto le ostilità hanno bombardando e invadendo porzioni di territorio di alcuni distretti di confine del Kirghizistan, in particolare a Kulundu, Maksat e Zhany-Zher del distretto di Leylek della regione di Batken.