RUSSIA, guerra in Ucraina. Quanto regge veramente il fronte interno di Vladimir Vladimirovich? Forse a Mosca è giunto il momento di fare chiarezza

Le crepe emergono con sempre maggiore evidenze e, malgrado la stretta liberticida del Cremlino, il dissenso nei confronti del conflitto che serpeggia nel Paese trova sempre maggiore espressione, poiché si inizia ad avere coscienza delle conseguenze della guerra di aggressione a Kiev. Nel frattempo, però, prosegue la moria di oligarchi e personalità ritenute in passato vicine a Putin, forse in contrasto con lui sull’avventura bellica che sta assumendo una dinamica disastrosa. Stavolta a perdere la vita è stato Ivan Pechorin, responsabile della Far East and Arctic Development Corporation (KRDV), caduto «accidentalmente» da una barca nelle acque presso Vladivostok

Crepe, come per altro accadde anche nell’ultimo periodo dell’Unione sovietica, che cominciano a rendersi evidenti anche grazie alla televisione, dove qualcuno prende coraggio e parla pubblicamente. È il caso del noto regista e produttore cinematografico Karen Georgievič Šachnazarov, dal 1998 alla direttore di Mosfil’m, storici studios cinematografici fondati negli anni Venti. Egli è recentemente intervenuto nel corso di un dibattito televisivo trasmesso da un’emittente russa, nel corso del quale non ha usato mezze parole per esplicare la propria (e di numerosi altri russi) valutazione strategica alla luce dell’attuale situazione. Il suo intervento, che di seguito riportiamo integralmente, è indice dell’inizio della presa di coscienza della complessa realtà della guerra e delle sue possibili conseguenze politiche da parte dell’opinione pubblica russa.

IN PRIMO LUOGO AMMETTERE LA SCONFITTA

«Prima di tutto – ha esordito Shakhnazarov -, esorto tutti a non lasciarsi prendere dal panico a causa della sconfitta che abbiamo subito presso Kharkiv. Dobbiamo ammetterlo, una sconfitta assume un significato quando la riconosci e ne trai delle conclusioni. E se non la riconosci tutto ciò che otterrai sarà un’altra sconfitta, magari ancora più devastante. Dovremmo guardare le cose in modo realistico, poiché questa è una situazione molto difficile e dobbiamo riconoscere che stiamo combattendo un avversario molto potente. Né Vladimir Vladimirovich (Putin), né Zelensky e neppure l’Occidente possono porre fine a questa guerra. Questa guerra potrà cessare soltanto con la sconfitta di uno dei due belligeranti. Per noi, questa sconfitta potrebbe rivelarsi fatale, dobbiamo capire anche questo, perché potrebbe portare alla disintegrazione del Paese. Questa guerra, ed è guerra (non dunque una “operazione militare speciale”, n.d.r.), a mio avviso mi ricorda la guerra sovietico-finlandese. Sì, dobbiamo trarre alcune conclusioni».

TRARRE DELLE CONCLUSIONI DA QUESTA GUERRA

«Il nostro ministero della difesa dovrebbe trarre alcune conclusioni. Sappiamo tutti dei problemi esistenti all’interno delle nostre forze armate. Le forze armate della Federazione Russa erano ovviamente impreparate a una guerra di questa portata, mentre quelle ucraine erano invece pronte. È giunta l’ora di cambiare metodo, poiché la situazione è divenuta piuttosto seria. Si parte dalle piccole cose: smettete di trasmettere i film americani alla nostra televisione (…), voglio solo dire… Rossiya, Channel One, NTV e altri: guarda tutti questi canali, è una follia. Perché lo state facendo? È umiliante! Continuiamo a parlare di non avere abbastanza soldati, 170.000 stanno combattendo mentre il resto del Paese sta riposando. Ecco quale è il quadro che appare. Sappiamo bene che la maggior parte di quei soldati proviene dalle famiglie più povere: contadini, braccianti… quelle persone si sono arruolate non soltanto perché animate da sentimenti patriottici, dato che per loro conta anche il denaro. Alcuni dicono che dovremmo proclamare la mobilitazione generale».

NECESSARIA UNA SOLUZIONE POLITICA

«Il mio sospetto è che sarebbe una cosa molto difficile da fare. Occorre fare un po’ di chiarezza sulla soluzione politica della questione ucraina: dovremmo riconoscere che il popolo ucraino esiste. Dobbiamo riconoscere che, a mio parere, sul territorio liberato dovremmo offrire agli ucraini una visione alternativa dell’Ucraina, cioè quella di una nazione amica della Russia. Negli ultimi sei mesi con tutto ciò che ho sentito dire (dai politici e commentatori russi, n.d.r.), immagino che se fossi dall’altra parte, ascoltando costantemente questo e quello che mi verrà portato via, io combatterei fino alla fine. Sento parlare delle loro rese di massa, ma no. Non assistiamo a rese di massa, loro sono impegnati nella propria difesa. Però, poi si scopre che possono combattere non solo in difesa. La loro motivazione è forte, stiamo affrontando una dura resistenza, capillare a tutti i livelli».

PROSEGUE NEL FRATTEMPO LA MORIA DI OLIGARCHI

Nel frattempo proseguono le morti in circostanze misteriose degli oligarchi e dei uomini di vertice dell’apparato ritenuti vicini al presidente russo Vladimir Putin. L’elenco dei “cadaveri eccellenti” si allunga a dismisura, stavolta è il caso di Ivan Pechorin, ufficialmente deceduto cadendo dalla propria barca nelle acque al largo di Vladivostok, presso l’isola di Russky. Pechorin, definito come un «alleato di Putin», era attivo nel settore energetico in quanto elemento di vertice di una importante branca della Far East and Arctic Development Corporation (KRDV), impegnata nella prospezione e nello sviluppo dei giacimenti minerari ed energetici della regione orientale della Federazione, cruciale in ragione delle ricchezze del suo sottosuolo anche in ragione delle sanzioni internazionali imposte a Mosca. Pechorin non era certamente un uomo qualunque, dato che il periodico “Newsweek” lo aveva definito come «l’uomo chiave» del Cremlino nella regione.

CADAVERI ECCELLENTI

Pechorin è il secondo dirigente del KRDV a cessare di vivere inaspettatamente quest’anno, ultimo dell’ormai lungo e lugubre elenco (in continuo aggiornamento) di uomini d’affari russi e oligarchi. Infatti, nello scorso mese di febbraio la KRVD aveva annunciato il decesso del suo direttore generale, Igor Nosov, perito giovanissimo all’età di 43 anni a causa di un ictus. Più recente invece la morte di Ravik Maganov, presidente del consiglio di amministrazione della Lukoil, «caduto dalla finestra di un ospedale, disgrazia occorsagli poco dopo che la sua società aveva di fatto criticato l’invasione dell’Ucraina. In totale sono almeno altri otto gli oligarchi in legami con l’industria energetica russa che hanno perso la vita in circostanze misteriose nel corso del 2022, tra questi Sergey Protosenya, trovato cadavere in Spagna ad aprile assieme a sua moglie e a sua figlia in un discutibile caso di omicidio-suicidio e Vladislav Avayev, anche lui deceduto a seguito di un omicidio-suicidio appena due giorni prima a Mosca. In maggio Alexander Subbotin, già dirigente nel settore petrolifero, è morto nella casa di uno sciamano presso la capitale a causa di un (probabile) infarto, mentre in luglio Yuri Baranov è stato trovato privo di vita per una ferita da arma da fuoco nella sua piscina a San Pietroburgo.

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