ENERGIA, imprese e ricerca. La disconnessione degli innovatori ESG: evidenze dai brevetti green

Nel 2020 gli investimenti sostenibili rappresentavano più del 33% del totale degli asset gestiti negli Stati Uniti; un valore che è cresciuto del 42% rispetto al 2021. Uno dei motivi principali di questa crescita è l’integrazione dei principali ESG all’interno delle decisioni d’investimento, motivata dal fatto che l’investitore oggi è disposto a sacrificare una parte del proprio guadagno per ottenere un rendimento minore ma allineato ai principi ESG. Il Mini Book è la pubblicazione mensile della Fondazione Utilitatis che espone temi rilevanti, in particolare per i settori idrici e ambientali

di Lauren Cohen (*), Umit G. Gurun (**) e Quoc H Nguyen (***), versione italiana a cura di Fondazione Utilitatis (****)(¹)Nel 2020 gli investimenti sostenibili rappresentavano più del 33% del totale degli asset gestiti negli Stati Uniti; un valore che è cresciuto del 42% rispetto al 2021. Uno dei motivi principali di questa crescita è l’integrazione dei principali ESG all’interno delle decisioni d’investimento, motivata dal fatto che l’investitore oggi è disposto a sacrificare una parte del proprio guadagno per ottenere un rendimento minore ma allineato ai principi ESG.

GARANZIA TRA RISCHIO E RENDIMENTO

Allo stesso modo, l’investitore oggi preferisce pagare di più per un fondo che garantisce, ex-ante, la stessa combinazione tra rischio e rendimento, ma che presenta un allineamento ai principi d’investimento ESG. C’è poi un altro elemento, non legato alle preferenze degli investitori, che potrebbe spiegare perché l’integrazione dei principi ESG nelle scelte di investimento è diventata sempre più importante: anche i consumatori oggi sono disposti a pagare di più per un prodotto che considerano conforme ai principi ESG. Ne consegue che le aziende ESG compliant possono acquisire un vantaggio competitivo all’interno del mercato. Inoltre, anche lato lavoratori le preferenze si stanno spostando in questa stessa direzione: le persone preferiscono lavorare nelle aziende in cui i principi ESG sono valorizzati. Nell’insieme, questo scenario consente alle aziende ESG compliant un migliore accesso a fattori produttivi di maggiore qualità o, comunque, meno onerosi. In questo modo l’integrazione dei principi ESG potrebbe tradursi in maggiori rendimenti/profitti.

PRINCIPI ESG E LIBERTÀ DI SCELTA

La principale critica a queste affermazioni è che rispettare i principi ESG in realtà limiti le possibilità di scelta. Questo si tradurrebbe in costi più elevati per le imprese e in una sotto performance della combinazione rischio-rendimento per i fondi. Inoltre non c’è evidenza che le aziende che ricevono molto capitale dai fondi ESG abbiano sovraperformato in maniera tangibile Non è chiaro, infatti, se i flussi provenienti dagli investimenti ESG impattino realmente l’innovazione che dovrebbe contribuire a risolvere i problemi ambientali. Gli obiettivi dell’analisi contenuta nello studio da cui è tratto questo Mini Book sono due: comprendere quale tra tutti i settori produca nella realtà la maggiore quantità e la migliore qualità di brevetti green (²), e se il capitale degli investitori che vogliono investire in imprese ESG compliant venga realmente gestito tenendo conto dei principi di sostenibilità. Un risultato particolarmente sorprendente rivelato da questo studio è che la maggior parte dei brevetti green non proviene da imprese con alti punteggi ESG, che sono comunemente preferite dai fondi ESG, ma al contrario da quelle imprese che sono esplicitamente escluse dal panorama degli investimenti sostenibili.

ENERGIA: BREVETTI E «RICERCA GREEN»

Per dimostrarlo si è analizzato un dataset che copre gli anni dal 2008 al 2017 concentrandosi esclusivamente sulle società quotate statunitensi. Nello specifico si dimostra come il settore dell’energia abbia una rilevante e crescente percentuale della propria attività di brevetti dedicata alla ricerca green. Infatti il settore energetico e minerario è il secondo in quanto a numero di brevetti green emessi all’interno del campione di riferimento. La questione che si solleva a questo punto è se i brevetti creati dalle società energetiche possano considerarsi come contributi importanti alle innovazioni tecnologiche che modellano il campo dell’energia verde. Se i brevetti verdi delle società energetiche ad esempio fossero strettamente focalizzati, non significativi e/o non consequenziali, la loro registrazione da parte delle società non sarebbe considerata di grande importanza come impatto ambientale. Al contrario, lo studio rivela che i brevetti green delle imprese energetiche sembrano essere di qualità significativamente maggiore rispetto alla media. Si osserva infatti che i brevetti delle aziende energetiche sono stati citati non solo da altri brevetti di società dello stesso settore, ma anche da molti soggetti innovatori di altri settori.

IMPRESE ED ENERGIA SOSTENIBILE

I brevetti verdi delle aziende energetiche sono citati al 74% da imprese che non appartengono al settore mentre, in confronto, i brevetti verdi delle aziende non energetiche che sono citati da imprese che non appartengono al settore sono una quota meno rilevante (71%). Inoltre, se si analizza la possibilità che le aziende energetiche acquistino semplicemente questi brevetti innovativi da aziende esterne e da soggetti innovatori, si scopre che la stragrande maggioranza (oltre il 97%) dei loro brevetti green viene avviata e sviluppata internamente. È stato inoltre osservato che i brevetti di energia sostenibile delle imprese energetiche che trattano combustibili fossili sono stati utilizzati per una maggiore produzione energetica di energia alternativa rispetto a quelli delle imprese di energia green; il che suggerisce come le imprese di combustibili fossili stiano utilizzando attivamente i propri brevetti green. Tutte queste considerazioni suggeriscono che le imprese energetiche sono state uno dei maggiori player nella produzione di brevetti green nel periodo di riferimento.

LA PRESSIONE ESERCITATA DALLE OPINIONI PUBBLICHE

Tuttavia, è importante tenere in considerazione la possibilità che in realtà le imprese energetiche stiano rispondendo alla pressione pubblica che le spinge a mettere in atto modifiche radicali nei propri sforzi di ricerca e sviluppo solo al fine di attrarre i flussi di capitale derivanti dai fondi ESG. Un’altra considerazione è che in realtà l’impegno nella ricerca in campo green non sia l’indicatore principale da prendere in esame al fine considerare o meno un’impresa all’interno dei portafogli di investimento sostenibile: le imprese energetiche che utilizzano principalmente combustibili fossili potrebbero infatti avere un’impronta carbonica talmente elevata da far passare in secondo piano i progetti di ricerca e sviluppo sostenibile. In conclusione l’analisi suggerisce che le imprese innovatrici che contribuiscono in maniera forte alla lotta ai problemi climatici sono quelle che paradossalmente ricevono minor capitale utile alla contribuzione delle loro attività di ricerca. Queste imprese sono tra i maggiori player nei diversi settori industriali sia riguardo alla quantità di brevetti prodotti sia riguardo alla percentuale di brevetti utilizzati da imprese non del settore.

I risultati ottenuti sollevano interessanti questioni riguardo l’efficacia delle politiche di esclusione messe in atto in nome dei criteri ESG, insieme alle crescenti campagne di disinvestimento, nonché sull’opportunità che invece altri meccanismi, quali incentivi reward-based, potrebbero portare a scenari innovativi più efficaci.

www.utilitatis.org

NOTE

(*) Professore presso Harvard Business School

(**) Professore presso University of Texas at Dallas

(***) Professore presso DePaul University

(****) Tratta dal paper The Esg-Innovation Disconnect: Evidence from Green Patenting, NBER working paper.

(¹) USSIF Report on US Sustainable and Impact Investing Trends (2020) – www.ussif.org/files/Trends%20Report%202020%20Executive%20Summary.pdf

(²) Identifichiamo i brevetti verdi utilizzando la classificazione IPC dell’OCSE, in base alla quale i brevetti verdi sono quelli che contengono una delle seguenti tecnologie ambientali: gestione ambientale, tecnologie relative all’adattamento dell’acqua, protezione della biodiversità e salute dell’ecosistema, tecnologie di mitigazione dei cambiamenti climatici legate all’energia generazione, trasmissione o distribuzione, trasporto, edifici, trattamento delle acque reflue o gestione dei rifiuti, e produzione o trasformazione di beni.

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