RUSSIA, attentato a Darya Dugina. Alta tensione a Mosca: ha preso avvio la lotta di successione a Vladimir Putin

La terribile morte della figlia di Alexander Dugin, ideologo dell’estrema destra ultranazionalista russa e personalità molto ascoltata al Cremlino, seppure sollevi numerose ipotesi riguardo alla matrice dell’atto dinamitardo in sé, non dovrebbe tuttavia depistare dalla sua probabile vera ragione di fondo, cioè le prime dirompenti avvisaglie dello scontro in essere per la successione a Vladimir Putin alla guida della Federazione. Il passato insegna che in quel paese le potenti strutture che agiscono nell’ombra sono perfettamente in grado realizzare i presupposti di situazioni utili a molteplici operazioni, la Cecenia lo ha insegnato. Quali? La lotta per il potere a Mosca, ulteriori restringimenti della libertà in Russia derivanti da estensioni dello stato di emergenza, nonché una ancor più muscolare azione militare nell’Ucraina occupata

«Omicidio premeditato su contratto», questa l’accusa della polizia della Federazione russa che indaga sulla drammatica fine di Darya Dugina, senza tuttavia sbilanciarsi sui moventi e i mandanti dell’atto criminale. La ventinovenne deceduta nell’esplosione del suv di suo padre del quale si trovava alla guida, nei pressi del villaggio di Bolshiye Vyazemy, è la figlia di uno degli uomini vicini a Vladimir Putin, quell’Alexander Dugin convinto eurasista che, nelle vesti di influente ideologo nel suo pese e non solo, a partire dagli anni Novanta si spese attivamente per unificare le formazioni della destra russa con i partiti europei della Nuova Destra (inclusi quelli ultranazionalisti o di orientamento apertamente fascista) e con alcuni di quelli islamisti in Asia. Nelle complesse e controverse dinamiche post-sovietiche Dugin fu alla guida di uno dei tre sodalizi che si approcciarono all’ex kagebešník divenuto presidente della Federazione russa esercitando su di lui una certa influenza. Probabilmente è iniziata la guerra del dopo-Putin.

ALEXANDER DUGIN E DARYA DUGINA

Malgrado non ricopra una posizione ufficiale nel governo, Alexander Dugin viene ritenuto molto vicino al Presidente, al punto da aver ricevuto il nomignolo di «Rasputin di Putin». La stessa Darya Dugina era un personaggio pubblico in Russia, avendo abbracciato le posizioni politiche del padre sostenendole anche mediante la sua attività di giornalista. In questa veste aveva apertamente sostenuto l’occupazione militare dell’Ucraina e per questo all’inizio dell’anno era stata sanzionata dalle autorità statunitensi e britanniche sulla base dell’accusa di «aver contribuito alla disinformazione online sull’invasione». Lo scorso maggio, nel corso di un’intervista aveva descritto la guerra come uno «scontro di civiltà», esprimendo orgoglio per il fatto che sia lei che suo padre fossero divenuti oggetto delle sanzioni occidentali.

IN RUSSIA  SI È APERTA LA LOTTA PER IL DOPO-PUTIN?

Cosa c’è dunque dietro questo attentato? La terribile morte della figlia di Alexander Dugin, ideologo dell’estrema destra ultranazionalista russa e personalità molto ascoltata al Cremlino, seppure sollevi numerose ipotesi in ordine alla matrice dell’atto dinamitardo in sé, non dovrebbe tuttavia depistare dalla sua probabile vera ragione di fondo, cioè le prime dirompenti avvisaglie dello scontro in essere per la successione a Vladimir Putin alla guida della Federazione. Il passato insegna che in quel paese le potenti strutture che agiscono nell’ombra sono perfettamente in grado realizzare i presupposti di situazioni utili a molteplici operazioni, la Cecenia lo ha insegnato. Quali? La lotta per il potere a Mosca, ulteriori restringimenti della libertà in Russia derivanti da estensioni dello stato di emergenza, nonché una ancor più muscolare azione militare nell’Ucraina occupata.

IMMEDIATA LA GUERRA DI PROPAGANDA

Non appaiono quindi casuali le pressoché immediate e assertive prese di posizioni ufficiali di vari esponenti avari livelli del regime putiniano. A cominciare da  Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, che attraverso un proprio post su Telegram ha affermato che, qualora venisse accertato un collegamento ucraino, questo «equivarrebbe a terrorismo di stato». Kiev ovviamente ha preso subito le distanze dall’attentato, ma in una fase delicata come quella attuale per il Cremlino, non soltanto sul fronte di guerra ucraino ma anche su quello interno, in incidenti come quello della scorsa notte possono rinvenirsi diverse valenze, anche alla luce dei recentissimi episodi bellici (esplosioni ed attacchi) verificatisi nella Crimea occupata e nelle regioni russe prossime alla frontiera con l’Ucraina.

UN COLPO ALL’IMMAGINE DLL’UOMO FORTE DI MOSCA

Insomma, al momento in Russia diversi giocatori potrebbero stare a giocare diverse partite allo stesso tavolo ma con il medesimo mazzo di carte, pronti a indirizzare la propaganda allo scopo di sfruttarla ognuno per i propri scopi. In fondo non si tratterebbe della prima volta in questi ultimi tempi che qualche componente del ristretto (ma non per questo non variegato) sistema di gruppi di potere che attualmente sostiene Putin abbia tentato di giocare a quest’ultimo qualche tiro mancino mettendolo in difficoltà. Adesso la situazione è particolarmente delicata, perché c’è una guerra che ha fatto tra i soldati dell’Armata russa quasi cinquantamila morti e c’è un durissimo confronto con l’Occidente sul piano economico e internazionale. L’ordigno che ha orribilmente ucciso Darya Dugina intacca inoltre l’immagine vincente e rassicurante dell’ormai invecchiato e malato leader in declino, che nella difficile fase del dopo-Eltsin aveva, con alterne fortune, garantito sicurezza e stabilità. L’esplosione dell’autovettura di uno dei suoi maggiori ideologi, assertore di una politica russa più aggressiva sulla scena mondiale e dell’invasione militare dell’Ucraina, non mancherà di sollevare degli interrogativi in una opinione pubblica che potrebbe iniziare a stancarsi della guerra.

Condividi: