Apparentemente, l’eliminazione fisica dell’anziano leader e ideologo dell’organizzazione jihadista al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, assumerebbe tutti i connotati di un’operazione «chirurgica» a tutti gli effetti: due sofisticatissimi missili Hellfire R9X hanno colpito con estrema precisione l’obiettivo, cioè l’attuale abitazione rifugio di al-Zawahiri nella Kabul controllata dai talebani. Nessun evidente segno delle esplosioni e, secondo la versione ufficiale della dinamica resa da Washington, nessun ferito.
R9X: MISSILE MISTERIOSO
Dunque, gli americani avrebbero utilizzato l’Hellfire R9X, missile «senza testata» che si ritiene sia dotato di sei lame simili a rasoi che si estendono dalla fusoliera dopo il lancio allo scopo di tagliare il bersaglio senza pero provocare esplosioni. Tuttavia, né il Pentagono né la CIA (cioè le due agenzie statunitensi che hanno sempre praticato le cosiddette «eliminazioni mirate» dei terroristi presenti sulle loro liste nere) hanno mai dichiarato o ammesso di fare uso del R9X, sistema d’rama la cui esistenza è stata registrata per la prima volta nel marzo 2017 a seguito dell’uccisione di un altro leader di al-Qaeda, Abu al-Khayr al-Masri, eliminato mentre era in viaggio in automobile in Siria da alcuni droni (UCAV). A quel tempo le fotografie del veicolo esibite alla stampa e al pubblico mostrarono un grande foro nel tetto e il metallo dell’auto, con tutti gli annessi interni dell’abitacolo distrutti. L’attacco provocò la morte di tutti gli occupanti della macchina che si trovavano assieme ad al-Masri, tuttavia, la parte anteriore e quella posteriore del veicolo parvero intatte, aspetto che collideva con i precedenti riconducibili ad azioni simili effettuate fino ad allora, nelle quali i missili Hellfire armati con testate esplosive, una volta lanciati dai droni o dagli elicotteri provocavano disastrose esplosioni non infrequentemente foriere di danni collaterali e vittime innocenti.
LA «BOMBA NINJA»
In seguito, alcuni dettagli relativi al misterioso sistema d’arma sono trapelati e questo ha fatto sì che essa, in virtù delle sue precipue caratteristiche e della sua letalità, venisse soprannominata «bomba ninja». L’Hellfire R9X sarebbe poi divenuto l’arma preferita dall’antiterrorismo di Washington per uccidere i leader di gruppi estremisti evitando vittime civili. E, appunto apparentemente, è quello che sarebbe successo anche con al-Zawahiri. Al riguardo, un funzionario della Sicurezza statunitense ha reso noto alla stampa che «la mattina del 31 luglio Zawahiri si trovava in piedi da solo sul balcone della sua residenza di Kabul, quando un drone statunitense ha lanciato i due Hellfire». Egli ha quindi aggiunto come i membri della famiglia del leader di al-Qaeda, seppure presenti nella medesima abitazione non fossero però stati colpiti dal missile, o, perlomeno, stando alle parole del funzionario americano, «non si dispongono indicazioni che dei civili siano stati feriti per effetto di questo strike». Per quanto invece concerne gli aspetti politici e operativi della questione, va rilevato che per l’amministrazione Biden si tratta sicuramente di un successo, poiché l’eliminazione di al-Zawahiri ha dimostrato la capacità di Washington di eliminare un capo terrorista in un luogo ostile mediante i droni e con la ragionevole certezza di colpire la persona giusta.
UN DURO COLPO AD AL-QAEDA E UN SUCCESSO PER BIDEN
A differenza dell’operazione che portò all’eliminazione di Osama bin Laden, per la quale gli americani dovettero intervenire con le forze speciali, in quanto non c’era piena certezza sugli elementi informativi acquisiti dell’intelligence, nell’operazione di Kabul le cose sono andate in maniera diversa. È stato inferto un duro colpo ad al-Qaeda, seppure non si possa certamente affermare che la minaccia terroristica sia stata estinta assieme alla vita dell’anziano medico ideologo jihadista egiziano. Ad avviso del professor Ely Karmon, Senior Research presso l’International Institute for counter-terrorism della Reichmann University di Herzliya intervistato dall’emittente radiofonica israeliana in lingua inglese “Kan”, «l’eliminazione di al-Zawahiri rappresenta sicuramente di un successo importante per l’amministrazione Biden dopo il disastroso ritiro dall’Afghanistan, sia sul piano politico che su quello strategico», poiché, egli sostiene, si tratta di un avvenimento «in grado di influenzare anche il corso delle trattative con i talebani nel senso del raggiungimento del migliore accordo possibile». Infatti, l’azione dimostra un ritorno americano nell’instabile Paese centroasiatico, seppure mediante strumenti tecnologicamente avanzati quali i droni e i missili R9X. «In questo modo – prosegue Karmon -, Washington impedisce ad al-Qaeda di ricostituire una propria consolidata presenza in Afghanistan, inoltre, fornisce la prova come da parte loro non siano stati rispettati i termini degli accordi, condizionando negativamente la situazione economica, sociale e politica del Paese».
DALL’AFGHANISTAN ALLA CISGIORDANIA
Intanto a Jenin, in Cisgiordania, la scorsa notte un’unità speciale delle forze di sicurezza israeliane ha catturato Bassem al-Saadi, comandante locale della Jihad islamica palestinese. In seguito, per tutta la giornata di martedì il livello di allerta lungo il confine con la Striscia di Gaza è rimasto elevato e numerose strade sono state chiuse in via precauzionale nell’eventualità di attacchi armati in ritorsione provenienti dall’enclave costiera palestinese. Bassem al-Saadi è stato catturato mentre era assieme ad Ashraf al-Jada, suo genero e aiutante nell’organizzazione, mentre un altro membro del gruppo terroristico è rimasto ucciso in uno scontro a fuoco con i militari dello Stato ebraico. Secondo lo Shin Bet (il servizio segreto interno di Israele), il sessantunenne leader della Jihad islamica palestinese nel corso degli anni precedenti era stato arrestato e poi rilasciato dalle autorità di Gerusalemme per sette volte. Sempre il servizio segreto interno ha reso anche noto come al-Saadi negli ultimi mesi avesse «operato con maggiore tenacia al fine di consentire la ripresa della attività della sua organizzazione armata, puntando alla creazione di una forza militare significativa nella Cisgiordania settentrionale, in particolare nell’area di Jenin».
PALESTINESI: LA COMPETIZIONE TRA HAMAS E JIHAD ISLAMICA
Sempre secondo le analisi elaborate dallo Shin Bet, la presenza di al-Saadi in Cisgiordania avrebbe costituito un fattore significativo nella radicalizzazione dei militanti della Jihad islamica sul campo. Riferendosi alla cattura di al-Saadi, nella medesima intervista rilasciata a “Kan” citata in precedenza, il professor Karmon ha ribadito come nell’area di Jenin esista una elevata concentrazione di terroristi, «dove spesso la Jihad islamica palestinese ha agito in stretto collegamento con gli elementi più estremisti del Fatah impedendo alle forze di sicurezza dell’Autorità palestinese di operare liberamente sul territorio, in particolare in alcune zone della città e nei campi profughi». Egli ha quindi aggiunto, che all’interno dell’universo palestinese Jihad islamica e Hamas sono in forte competizione.