Il Pontefice è giunto fino alla riva del lago di Sant’Anna e ha benedetto alla maniera indigena, toccando i punti cardinali. È stata la chiusura di una due giorni nella quale le celebrazioni e gli incontri sono stati pervasi da una simbologia dei nativi americani, dalla croce che si dipana a forma di teepee (la tenda dei nativi americani) nella parrocchia del Sacro Cuore al concetto dell’albero delineato da Francesco nell’incontro di ieri, fino dunque all’acqua. Lo riferisce da Edmonton l’inviato di ACI Stampa Andrea Gagliarducci, che in una sua cronaca descrive come questo (appunto, l’acqua) sia segno di purificazione e guarigione, riportando le parole pronunziate del Pontefice.
SECONDA GIORNATA DI BERGOGLIO IN CANADA
Il secondo giorno in Canada si è chiuso dunque con una richiesta di purificazione, ma anche con l’esaltazione del ruolo delle nonne nel giorno di Sant’Anna. Infatti, proprio a Sant’Anna i nativi americani, in particolare quelli delle First Nations, sono molto devoti. E al pellegrinaggio verso il lago, organizzato dagli Oblati sin dal 1889, partecipano da sempre anche membri delle Prime Nazioni, che già consideravano il lago santo ben prima che fosse ribattezzato dal missionario Thibaut «Lac St. Anne». Così, a fianco e con le tradizioni indigene, la cura della natura, il segno dell’acqua, l’amore per la creazione, gli Oblati hanno creato una opera di evangelizzazione, fatta di gesti, di segni, di vicinanza, e anche dei miracoli che sono cominciati a proliferare nel lago, mentre la devozione di Sant’Anna, la nonna di Gesù, si diffondeva anche nelle comunità indigene, da sempre legate alle kokum, cioè alle nonne.
FEDE E LINGUA MATERNA
Papa Francesco la definisce «inculturazione materna», che «è avvenuta per opera di Sant’Anna, unendo la bellezza delle tradizioni indigene e della fede, e plasmandole con la saggezza di una nonna, che è mamma due volte». Secondo Bergoglio «anche la Chiesa è donna e madre, poiché non c’è mai stato un momento nella sua storia in cui la fede non fosse trasmessa in lingua materna, dalle madri e dalle nonne». Anzi, il Pontefice ritiene addirittura che «parte dell’eredità dolorosa che stiamo affrontando nasce dall’aver impedito alle nonne indigene di trasmettere la fede nella loro lingua e nella loro cultura», una perdita che «è una tragedia, ma che oggi può essere superata, perché ora tutti noi, come Chiesa, abbiamo bisogno di guarigione: di essere risanati dalla tentazione di chiuderci in noi stessi, di scegliere la difesa dell’istituzione anziché la ricerca della verità, di preferire il potere mondano al servizio evangelico».
COME IN GALILEA ANCHE AL LAC ST. ANNE UN CONDENSATO DI DIFFERENZE
È il tema del viaggio. È la lettura che il Papa dà a quello che è successo nelle scuole residenziali. Anche se poi la responsabilità dei cattolici è molto attenuata, se si pensa al grande lavoro pastorale che trova espressione proprio a Lac St. Anne. Un lago, come il lago di Galilea, nota Francesco, dove ha luogo molta della predicazione di Gesù, e che si può definire «un condensato di differenze», perché «sulle sue rive si incontravano pescatori e pubblicani, centurioni e schiavi, farisei e poveri, uomini e donne delle più variegate provenienze ed estrazioni sociali. Quel lago era un «meticciato di diversità» e divenne «sede di un inaudito annuncio di fraternità, ovvero di una rivoluzione senza morti e feriti, quella dell’amore». Oggi il Pontefice raggiungerà per Québec City, dove avrà luogo la parte più istituzionale del suo viaggio, prima dell’incontro con le popolazioni Inuit nella loro capitale di Iqaluit e, quindi, il ritorno a Roma.