Anche l’Italia viene lambita dalle oscure triangolazioni poste in essere da trafficanti e servizi segreti al fine di approvvigionare l’Armata russa di componenti fondamentali al funzionamento dei suoi sistemi d’arma, come i materiali dual use da installare nei sistemi di navigazione inerziale di missili e droni, quali giroscopi, oscillatori e altro rinvenuti nei container nel porto di Gioia Tauro alcuni giorni fa.
«DUAL USE» PER DRONI E MISSILI
Si tratta di manufatti spesso prodotti da imprese occidentali, anche americane, come quelli bloccati dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e posti sotto sequestro per ordine della Procura della Repubblica di Palmi. Nei container provenienti dal Canada e ufficialmente destinati al Qatar i materiali di cui sono in corso gli accertamenti relativi alla loro conversione a usi militari. Dubbi anche sulla loro destinazione: forse non Doha, bensì il porto di Tartus in Siria, per poi (questa è infatti una delle ipotesi al vaglio degli investigatori) prendere la strada della Russia. Dunque Mosca parrebbe non farcela più da sola, poiché nella sua Armata si è aperto un buco per quanto concerne la componentistica che, fino al momento delle sanzioni, in qualche modo riusciva a importare dall’Occidente o da altri paesi in grado di fornirgliela, come la Cina Popolare o altre imprese asiatiche (come quella che fa funzionare i missili da crociera Kh-101 e i sistemi antiaerei Pantsir).
IL VIAGGIO DI BIDEN IN ISRAELE E ARABIA SAUDITA
Pochi giorni prima erano giunte le parole di Jake Sullivan (consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca) sulla fornitura a Mosca di UAV o UCAV (velivoli senza pilota da ricognizione o armati) da parte dell’Iran. Alcuni analisti della materia affermano che, stante un evidente deficit russo in questi specifici settori, la denuncia dell’intelligence di Washington veniva tuttavia resa pubblica praticamente in maniera contestuale con la visita del presidente Joe Biden in Arabia Saudita, dunque un annuncio che, probabilmente, andrebbe interpretato nel quadro dell’attuale politica estera di Washington relativa ai suoi alleati nel Medio Oriente e per incrementare le pressioni internazionali su Teheran per ottenere degli effetti sull’accordo sul nucleare post-JCPOA.
FORNITURE MILITARI IRANIANE ALLA RUSSIA
Se in una dinamica del genere l’operazione di condizionamento delle opinioni pubbliche arabe e occidentali ci sta tutta, risponde altresì a verità il fatto che l’Armata russa in Ucraina si trovi in evidente difficoltà nell’impiego di velivoli senza pilota armati e che, conseguentemente, sia oltremodo plausibile che si sia rivolta agli iraniani per approvvigionarsi di sistemi d’arma del genere, inclusi i cosiddetti «droni suicidi» o «droni kamikaze». Non solo, nel quadro di un accordo il personale della Repubblica Islamica addestrerebbe i militari russi delle unità destinate a ricevere queste armi. Ora, al netto delle immediate smentite ufficiali dei portavoce del governo di Teheran, è fuori di dubbio che l’Iran sia in possesso di una propria industria aerospaziale sviluppata malgrado le sanzioni imposte al paese e le massicce restrizioni alle importazioni di questi ultimi anni.
ESAURITE LE SCORTE, MOSCA RASCHIA IL BARILE
Non erano pochi a ritenere che le forze armate russe avrebbero piegato l’Ucraina in poche settimane. Ebbene, essi si sbagliavano. I combattimenti sul campo si protraggono infatti ormai da mesi, ponendo a dura provale capacità di Mosca di proseguire in modo martellante la sua azione di attacco. Ad avviso dell’intelligence statunitense le carenze inizierebbero a evidenziarsi chiaramente in particolare nel settore degli armamenti di precisione. Da alcuni rapporti è emerso, ad esempio, come a causa della mancanza di missili Kalibr, l’artiglieria russa si sia vista costretta a fare ricorso ai sistemi antinave Kh-22 e Kh-32 (ma si parla addirittura dei noti sistemi terra-aria S-300) per attaccare obiettivi terrestri. Dunque sistemi d’arma costosi impiegati in ruoli non propri, ripiego che ha conseguentemente comportato un elevato tasso di fallimenti.
EFFETTI DELLA CARENZA DI ARMAMENTO DI PRECISIONE
Scarseggerebbe anche il munizionamento guidato «intelligente» (PGM), come le bombe KAB-250 e KAB-500, mentre molte perdite di velivoli russi andrebbero ricondotte alla sopravvenuta necessità di effettuare missioni di attacco a bassa quota utilizzando «bombe stupide» prive di guida terminale sul bersaglio, esponendo così i velivoli di Mosca ai micidiali missili anti-aerei spalleggiabili (MANPADS) della contraerea ucraina. Attualmente i russi incontrano notevoli difficoltà nella ricostituzione dei loro stock a causa delle sanzioni che impediscono l’acquisizione di componenti chiave quali i microchip. È quindi assai probabile che Mosca possa rivolgersi a Teheran per la fornitura di sistemi d’arma, poiché quest’ultima ha dimostrato di essere perfettamente in grado di produrli in serie e di impiegarli.
DRONI SUICIDI: UNA CONSOLIDATA ESPERIENZA
Droni suicidi di fabbricazione iraniana vennero impiegati contro le infrastrutture petrolifere saudite il 14 settembre del 2019, quando a essere colpiti furono gli impianti della compagnia petrolifera Aramco. L’attacco fu portato a termine con diciotto UCAV e sette missili e, mentre il primo genere di sistemi venne intercettato dalle batterie di Patriot PAC-2 ceduti da Washington a Riyadh allo scopo di proteggere le infrastrutture, un medesimo risultato non venne però conseguito nei confronti dei droni. L’Iran ha in seguito dimostrato pubblicamente le proprie capacità nella realizzazione di droni, anche impiegabili in sciami, come il moderno Shahed-136. Il teatro bellico ucraino, nel quale le forze di Kiev hanno fatto ricorso intensamente di armi di questo genere (come quelli forniti loro dalla Turchia), si presenta come ottimale per i russi una volta che dovessero disporre di UAV e UCAV con hardware iraniano, avvalendosi per il loro efficace impiego dell’expertise dei consiglieri di Teheran.