La notizia era nota ormai da giorni, diffusa anche in maniera critica (se non addirittura al limite del sarcasmo) da alcune testate giornalistiche. Mercoledì 6 luglio 2022, presso la Sala stampa della Camera dei Deputati a Monte Citorio il think tank Vision & Global Trends del professor Tiberio Graziani avrebbe dato luogo a un convegno sul tema della guerra e della pace e delle fratture in seno all’Occidente, in particolare all’Europa, provocate degli effetti della guerra in Ucraina, sanzioni alla Russia in primo luogo.
UN’OPERAZIONE MILITARE SPECIALE
Al riguardo si poteva leggere sul comunicato stampa di invito inviato alle varie redazioni italiane che «a oltre quattro mesi dall’inizio dell’operazione speciale militare in Ucraina, secondo la versione russa, o invasione, secondo la speculare versione euroatlantica, cominciano a emergere le prime avvisaglie di una frattura all’interno del cosiddetto “fronte occidentale”, che si riflette nelle società civili dei vari Paesi europei». La tesi di fondo espressa è sostanzialmente quella che gli americani, in particolare l’amministrazione democratica presieduta da Joe Biden, anche attraverso la NATO avrebbero trascinato l’Europa, volente o nolente, in una guerra che potrà recargli soltanto nocumento, a cominciare dalla distruzione del suo sistema manifatturiero a causa degli effetti di vario genere delle sanzioni imposte alla Russia.
SOSTANZIALE COBELLIGERANZA
Proseguiva il comunicato stampa: «Facendo leva su una prima e subitanea reazione emotiva, l’Unione europea e i singoli parlamenti e governi nazionali hanno scelto e deciso di scendere in campo a favore dell’Ucraina, inasprendo le sanzioni contro la Federazione russa e inviando armi a Kiev. Tali decisioni, in particolare quella dell’invio di armi, che di fatto rende cobelligerante anche il nostro paese, sono avvenute senza un serio e approfondito dibattito democratico sulla opportunità dello schieramento a favore di uno dei contendenti e sulle relative conseguenze, nel medio e lungo periodo, di una decisione forse avventata e certamente non adeguatamente ragionata».
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Ha affermato il citato Graziani, uno dei promotori dell’iniziativa, nel corso dell’evento: «Si riscontra una mancanza di dissenso nell’opinione pubblica italiana, a differenza di quanto invece avvenne più di venti anni fa ai tempi dell’attacco NATO alla Jugoslavia di Milošević, quando si mobilitarono le piazze per protestare. Oggi gli unici dibattiti a livello di società civile si svolgono nei media attraverso i talk show». Eppure l’Italia è il paese occidentale che ha consentito più degli altri la parola a tutti, anche qualora fosse stata la meno condivisibile e accettabile possibile. Evidentemente, seppure con tutte le tare del caso, i principi della democrazia liberale hanno funzionato, permettendo la massima libertà di espressione.
L’INGANNO
Ad avviso dei relatori del convegno di oggi si sarebbe di fronte a una serie di inganni: una saldatura del potere politico con quello mediatico ha fatto sì che gli italiani concepiscano il proprio paese sempre più come un paese belligerante. Ma, essi altresì aggiungono, «vi è una marcata frattura tra l’opinione pubblica e la politica, con una crescente disaffezione della popolazione nei confronti del Governo Draghi», questo in un una fase particolarmente delicata, caratterizzata dal combinato composto di vari elementi perturbatori della stabilità e a pochi mesi dalla scadenza naturale della legislatura.
SPALLATA DELLA PIAZZA O LEGGE MARZIALE?
Mentre dal palco della sala Stampa di Via della Missione nel corso dei loro interventi i parlamentari convenuti (gli onorevoli Pino Cabras e Raphael Raduzzi di Alternativa) evocano più volte sottilmente il profilarsi di un autunno caldo, qualcosa che, posto in questi termini potrebbe indurre a pensare anche a una possibile «spallata della piazza» al «Governo dei Migliori», dai banchi un signore pone loro una domanda sulla possibilità di uno «stato di emergenza» che prolunghi la vita dell’esecutivo in carica in caso di coinvolgimento diretto nella guerra dell’Italia.
SCENARI APOCALITTICI
Insomma, gli ingredienti per uno scenario non certo incoraggiante ci sono tutti e la contronarrativa (in parte, va riconosciuto, fondata su dati ineccepibili) è efficace: l’Occidente è destinato a fracassarsi, gli Usa perdono continuamento credibilità e potere (si pensi alla crisi indotta dal ricorso al sistema swift), il modello economico europeo basato sulle esportazioni starebbe dimostrando di non reggere a questa sfida geopolitica, mentre l’economia russa sarebbe più che mai solida grazie agli introiti derivatigli dalla commercializzazione degli idrocarburi, incrementatisi a oggi del 70% rispetto al 2021. A un tratto l’onorevole Cabras cala l’asso di briscola dell’incertezza: «Se dovesse cadere Putin l’Occidente avrebbe certezza riguardo a coloro i quali poi saranno suoi interlocutori a Mosca in eventuali trattative?»
L’IPOTESI DI UNA TRATTATIVA INTERNAZIONALE A BARI
Già, il futuro dell’ex kagebešník divenuto «zar». È malato, il suo potere è davvero così monolitico come sembra o come vorrebbero farci credere dal Cremlino? Trattare? Ma come? Abbandonare il Donbass? In effetti in Ucraina ci avevano pensato ancora prima che le truppe di Mosca invadessero il Paese. Dal convegno di Roma viene fatta una proposta, la cui discussione ad avviso dei relatori va subordinata all’eliminazione delle sanzioni: una conferenza internazionale di pace a Bari. Nella città di San Nicola si intavolerebbero le discussioni partendo dai due presupposti della garanzia dell’autonomia nazionale ucraina contemperata dalla ridefinizione dei confini.
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale della conferenza.