di Giuseppe Morabito, generale dell’esercito italiano in ausiliaria e attualemnet membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Il futuro energetico dell’Europa è attualmente influenzato negativamente dall’aggressione russa contro l’Ucraina e si potrebbero creare problemi alla transizione energetica. Attesi i prezzi estremamente elevati del greggio e del gas naturale, in parte ora accompagnati dagli alti prezzi globali del gas naturale liquefatto (GNL), incombono sui paesi membri dell’Unione europea enormi pressioni economiche. Dopo la richiesta dei suoi membri di non escludere il gas naturale durante la transizione energetica, pur sostenendo anche provvisoriamente nuovi progetti nucleari (un’ex zona vietata), l’UE deve prendere decisioni importanti.
LE RITORSIONI DI MOSCA ALL’EUROPA
Al momento, la stragrande maggioranza dei membri dell’UE è soggetta alle forti “contro-sanzioni” energetiche di Mosca ma le atrocità russe in Ucraina sono la ragione di una riconsiderazione totale delle relazioni economiche, militari e finanziarie tra Europa e Russia. La triste realtà mostra però che sostituire gas naturale e petrolio russi con altri fornitori sul mercato globale non sarà così facile. Politicamente il bisogno c’è, fortemente sostenuto dalla maggioranza degli europei. L’attuale opposizione di Germania, Ungheria e altri paesi a mettere in atto un blocco su vasta scala delle importazioni di energia russe è principalmente economica. La realtà è che ampi settori economici e i consumatori europei sono completamente dipendenti dalle forniture energetiche russe a basso costo. L’anno 2022 non sarà la fine di tutto questo, si prevede solo un importante cambiamento di atteggiamento e probabilmente minori volumi di prelievo da Mosca.
RINNOVABILI SÌ, MA QUANDO?
La politica a favore delle rinnovabili è ancora molto sostenuta e a Bruxelles, dove c’è chi sogna ancora una vera rivoluzione (verde) rinnovabile e sostenibile all’interno del continente europeo. L’attuale forte opposizione ancora esistente in alcuni paesi ha portato, comunque, la Commissione europea a seguire un percorso teso a raggiungere gli obiettivi velocemente. Con un importante cambio di politica, ora ha accentrato tutto nelle sue mani e da maggio ha deciso di mettere a disposizione 300 miliardi di euro per accelerare non solo la fine della dipendenza russa dal gas, ma anche per attuare strategie per ridurre il consumo energetico (abitazioni, industria) e l’energia sostenibile su vasta scala. La maggior parte di questo denaro è già disponibile nel cosiddetto Corona Fund, ma potrebbero essere messi all’asta nuovi certificati di CO₂.
UNA STRATEGIA ENERGETICA EUROPEA
L’attuale strategia energetica, che consiste principalmente nell’inverdimento su vasta scala dell’Europa, è accelerata, dagli eventi, anche se, probabilmente, una lunga lista di paesi si opporrà, poiché la maggior parte delle finanze è basata sul debito dell’UE, che, alla fine, dovrà essere rimborsato. Allo stesso tempo, non tutti i membri dell’UE potrebbero ricevere quote sufficienti, poiché le attuali regole di distribuzione finanziaria di Bruxelles stanno favorendo i paesi dell’Europa meridionale, Italia inclusa, mentre i membri dell’Europa orientale avranno più bisogno, considerando la loro dipendenza da petrolio, gas e carbone. Oggi, l’enfasi sulle energie rinnovabili, tagliando la burocrazia per i parchi eolici e solari, sembra molto positiva, e i paesi dell’Europa orientale dovranno realizzare grandi progetti e modificare le loro infrastrutture energetiche, che ora sono basate su petrolio, gas e carbone.
RIDURRE LE IMPORTAZIONI DI GAS DALLA RUSSIA
Gli obiettivi sia politici sia morali per ridurre di due terzi le importazioni di gas russe nel 2022 rappresentano una sfida importante, poiché la domanda prevista nel secondo semestre del 2022 non mostra opzioni reali per farlo senza pagare un costo estremamente elevato. Tenendo conto che alla fine tutti i prezzi, saranno sicuramente spinti verso l’alto dalle strategie sul mercato globale e finiranno sulle bollette dei consumatori e degli elettori, la situazione è complicata. La presidente della Commissione UE Ursula Von der Leyen ha ripetuto che “dobbiamo ora ridurre il più rapidamente possibile la nostra dipendenza dai combustibili fossili russi”. Il messaggio è lodevole, ma il risultato forse no. Gli analisti considerano non solo aumenti nei combustibili fossili russi ma anche i prodotti petroliferi e i fertilizzanti. Contrastare la Russia aumenterà purtroppo anche i prezzi al consumo e i costi di produzione agricola e a questo punto gli elettori “tartassati” non potrebbero essere molto “governativi” una volta chiamati alle urne.
WASHINGTON E BRUXELLES
Per quanto riguarda il GNL proveniente dagli Usa, era stato pubblicizzato un accordo tra il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e l’UE, ma questo senza chiarire che Washington non decide le strategie e gli investimenti delle società private statunitensi. Al momento, la maggior parte degli operatori americani sarà molto cauta e preoccupata nell’impegnarsi nelle richieste dell’UE, poiché la stessa nuova strategia UE punta a un minore utilizzo di combustibili fossili in futuro. Nessun investimento può essere effettuato su questa particolare politica. Altre possibilità, come sfruttare risorse in Nigeria, Angola, Egitto o Algeria, vede questi paesi al completo delle potenzialità o al momento non hanno abbastanza capacità estrattiva. Il Qatar, visto dai più come la salvezza, non sarà in grado di produrre quote maggiori di GNL fino al 2025-2026.
PREOCCUPANO ANCHE LE MATERIE PRIME NON ENERGETICHE
Le bollette energetiche più elevate non sono l’unico problema di cui preoccuparsi, poiché anche molte materie prime sono direttamente collegate alla transizione energetica. Metalli, minerali e logistica mostreranno aumenti dei prezzi e per aumentare il solare e l’eolico (anche offshore) sarà necessaria una quantità esponenziale di nuove società minerarie e manifatturiere. La Cina Popolare e India avranno un ruolo importante. Alla fine i consumatori potrebbero pagare il prezzo e spingeranno per i cambiamenti, soprattutto se una minore domanda di gas e petrolio non spingerà al ribasso i prezzi in generale, perché è palese che oggi più di ieri gli idrocarburi hanno perso il loro splendore, ma non il loro potere di influenzare le politiche a lungo termine. Si deve iniziare a sperare che sia trovata una soluzione all’aggressione russa e la visita dei tre presidenti (Draghi, Macron, Scholz) deve focalizzarsi sul trovare un accorso per giungere a una tregua e, se possibile, allargare la discussione, non solo sull’adesione dell’Ucraina all’UE e allo sblocco delle forniture di cereali, e parlare anche d’idrocarburi (tra cinque mesi arriva l’inverno).