a cura della Fondazione Utilitatis, pubblicato nell’aprile 2022 – Alla vigilia della Giornata della Terra del 22 Aprile, la Fondazione Utilitatis ha presentato il Green Book 2022, il rapporto del settore dei rifiuti urbani che da questa edizione verrà pubblicato con cadenza annuale. Il volume della Fondazione, promosso da Utilitalia e che ha visto la collaborazione di ISPRA, fa emergere come nel settore dei rifiuti italiano si stiano affrontando una serie di importanti riforme strutturali, ma con numerose difficoltà da superare.
I DATI DEL GREEN BOOK 2022 SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
Considerando le sole aziende attive nel comparto, il settore nel 2020 ha registrato 13 miliardi di euro di fatturato (circa lo 0,8% del prodotto interno lordo, Pil) e occupato oltre 95.000 addetti diretti (1,6% del comparto industria). Tale ammontare è realizzato prevalentemente da aziende di grandi dimensioni che in termini numerici risultano in minoranza, mentre prevalgono le aziende di piccole dimensioni. In termini dimensionali il 51% dei gestori registra un fatturato inferiore a 10 milioni di euro annui, mentre il 3% degli operatori ha un fatturato superiore a 100 milioni di euro, corrispondente al 37% del fatturato di settore.
Il settore si caratterizza per l’elevata dispersione sia orizzontale, con un elevato numero di operatori, sia verticale, con la presenza di numerosi gestori specializzati nelle fasi a monte o a valle della filiera. Solo il 19% degli operatori ad occuparsi dell’intero ciclo (il dato scende al 2,4% se si considerano anche le gestioni comunali in economia). Il numero di aziende attive nel settore dei rifiuti supera le 650 unità (escluse le gestioni in economia): il 52% è specializzato nelle fasi di raccolta e trasporto, il 20% è operativo sia nelle fasi di raccolta sia nella gestione diretta di uno o più impianti di recupero e smaltimento, mentre il restante 28% è specializzato nella gestione impiantistica.
29 MILIONI DI TONNELLATE DI RIFIUTI IN ITALIA
Molti enti locali gestiscono in economia il servizio: secondo i dati ARERA, i comuni attivi in una o più fasi del servizio sono più di 6.300, per un totale complessivo (tra aziende e enti locali) di 7.253 soggetti attivi nel comparto; il 70% di questi dichiara di svolgere soltanto un’attività (per gli enti locali tipicamente la riscossione della Tari). Su un numero di 2.092 gare espletate dal 2014 al 2021 per l’affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti urbani, il 59% sono gare per i servizi di raccolta, spazzamento e trasporto, il 20% è relativo all’affidamento per il recupero o smaltimento dei rifiuti, mentre il 21% riguarda l’affidamento dell’intero ciclo integrato. In termini dimensionali, l’85% dei bandi analizzati prevede l’affidamento del servizio per un solo comune (Osservatorio gare Utilitatis).
La produzione italiana di rifiuti urbani e assimilati nel 2020 ammontata a circa 29 milioni di tonnellate, in calo rispetto al 2019 di oltre un milione di tonnellate per effetto della chiusura di numerosi esercizi commerciali correlata all’emergenza epidemiologica. Il tasso di effettivo riciclaggio dei rifiuti urbani è compreso tra il 54,4% (utilizzando la Metodologia 2 della Decisione 2011/753/UE inizialmente adottata dall’Italia) e il 48,4% (usando la metodologia 4 che considera i rifiuti urbani senza distinzioni merceologiche), in entrambi i casi al di sopra della media europea del 47,8%, mentre il conferimento in discarica è stimato al 20%, un valore leggermente migliore rispetto alla media europea del 23 per cento.
IL DEFICIT IMPIANTISTICO
Al Centro e al Sud, caratterizzati dal deficit impiantistico già segnalato, i quantitativi di rifiuti raccolti superano quelli trattati, e il ricorso alla discarica rimane ancora la principale destinazione (oltre il 60% per il rifiuto urbano residuo). La mancata chiusura del ciclo di gestione rende dipendenti da altre regioni o da Paesi esteri. Confrontando infatti i flussi di rifiuto organico e rifiuto indifferenziato raccolti e trattati nelle rispettive macro aree, si osserva come le regioni del Centro-Sud abbiano difficoltà a garantire il recupero e lo smaltimento dei propri rifiuti prodotti. Ponendo infatti in relazione i quantitativi raccolti e avviati agli impianti di trattamento in ciascuna area geografica per la frazione organica, è evidente la profonda differenza tra le ripartizioni geografiche sia a livello di quantitativi trattati, sia a livello di tipologia di trattamento effettuata.
Nelle aree geografiche del Centro e del Sud la frazione organica viene infatti avviata prevalentemente a impianti di compostaggio (rispettivamente 78% e 82% dei quantitativi trattati) mentre nell’area del Nord a impianti integrati di trattamento aerobico e anaerobico (il 59% dei quantitativi trattati). Passando ad analizzare i numeri relativi al rifiuto urbano residuo (RUR) raccolto e trattato, bisogna evidenziare l’alta quota di RUR avviata in discarica nelle ripartizioni Centro e Sud, che, in entrambi i casi, supera abbondantemente il 50% del totale (rispettivamente 70% e 63%).
MEGLIO AL NORD; MA IL PNRR PUÒ AIUTARE MOLTO
Il Nord, al contrario, mostra una bassa quota di conferimento in discarica e un altissimo ricorso al recupero energetico (incenerimento) proveniente dalla RUR (93%) L’assetto impiantistico inadeguato contribuisce al differenziale di spesa per il servizio di igiene urbana tra le varie macroaree del Paese, a causa del maggiore costo sostenuto per il trasporto dei rifiuti verso impianti fuori regione. Per una famiglia di 3 componenti in un’abitazione di 100 metri quadri, nel 2021 la spesa per il servizio è stata pari a 318 euro, con forti differenze territoriali tra le macroaree: 282 euro per il Nord, 334 euro per il Centro e 359 euro per il Sud. Tali differenze si sono conservate nel tempo: in un arco temporale di 8 anni (2014-2021), al Nord la spesa per il servizio si è mantenuta mediamente pari a 272 euro, al Centro la spesa si attesta a livelli superiori al dato medio (329 euro), così come per le aree del Sud (356 euro). Rispetto alla spesa media mensile familiare di 2.328 euro (Istat; 2020), la spesa per la TARI ha un’incidenza dello 0,81 per cento. Se confrontata con i costi sostenuti per i servizi energetici, idrico, telefonia e spese condominiali, la TARI ha un’incidenza dell’8 per cento.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) fornisce concrete opportunità per ridurre il divario che distingue il territorio italiano grazie a possibili investimenti mirati a migliorare i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti. A questo si aggiunge che nel 2022 è stata pubblicata dal Ministero per la Transizione ecologica (MITE) la proposta di Programma nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR), che costituisce una delle riforme strutturali per l’attuazione del PNRR. Nel 2022 il MITE ha pubblicato la proposta di PNGR che costituisce una delle riforme strutturali per l’attuazione del PNRR. Tra gli obiettivi di esso si rinviene l’individuazione e il superamento dei gap gestionali e impiantistici che caratterizzano il settore. Inoltre, il PNGR, che ha un orizzonte temporale di sei anni (dal 2022 al 2028), rappresenta un importante strumento di indirizzo per Regioni e Province autonome in materia di pianificazione della gestione dei rifiuti.
PIANI REGIONALI GESTIONE RIFIUTI (PNGR)
Entro diciotto mesi dalla pubblicazione del PNGR definitivo, le Regioni e le Province autonome saranno infatti tenute ad approvare o adeguare i rispettivi piani regionali di gestione dei rifiuti. Il PNGR individua i criteri per la definizione delle macroaree (nell’ambito delle quali, previo accordo tra Regioni, può essere garantito il principio di prossimità) partendo dal principio secondo cui ogni Regione deve garantire la piena autosufficienza per la gestione:
- dei rifiuti urbani non differenziati;
- dei rifiuti derivanti da trattamento dei rifiuti urbani;
- degli scarti da raccolta differenziata;
- dei rifiuti organici.
Anche la regolazione indipendente del servizio, uno dei pochi casi a livello europeo, ha continuato il proprio percorso con l’approvazione della delibera 363/2021/R/Rif. L’Autorità ha difatti configurato una disciplina tariffaria per il secondo periodo regolatorio (2022-2025) che tende ad assorbire il framework delle direttive europee sull’economia circolare (decreto legislativo 116/2020). L’aspetto di maggior rilievo riguarda l’avvio della regolazione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento con perimetrazione degli ambiti applicativi della disciplina. I diversi modelli industriali e di mercato esistenti nel territorio nazionale vengono inquadrati attraverso la segmentazione della filiera impiantistica in tre ambiti: integrata, impianti minimi, impianti aggiuntivi.