Diversificazione delle fonti di approvvigionamento in alternativa alle forniture energetiche russe: si susseguono le missioni ufficiali effettuate nei paesi produttori di idrocarburi dagli esponenti del Governo Draghi accompagnati dall’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi. «Si tratta di sforzi doverosi – ha commentato al riguardo il professor Mario Baldassarri -, tuttavia non va dimenticato che nel 2014, cioè al momento dell’invasione russa della Crimea, la dipendenza energetica italiana da Mosca si attestava intorno al 20%, oggi, a distanza di anni e di conflitti, è al 40 per cento».
RADDOPPIATA LA DIPENDENZA ENERGETICA NONOSTANTE LA GUERRA
«Insomma, dopo il segnale ricevuto da Putin attraverso l’invasione militare della Crimea la dipendenza energetica da Mosca non si è ridotta, ma è addirittura raddoppiata». La sottolineatura dell’economista già ministro della Repubblica e attualmente direttore del Centro studi economia reale, è stata fatta durante il suo intervento alla trasmissione “Capire per conoscere”, condotta dal giornalista Claudio landi e andata in onda sulle frequenze di Radio Radicale lo scorso lunedì 25 aprile 2022. Diversificare è un imperativo, però ma bisogna avere chiara consapevolezza che ciò sarà possibile, entro certi limiti, soltanto non prima di tre o quattro anni.
RISCHIOSE ALTERNATIVE
Inoltre si pone anche l’ulteriore problema dell’instabilità interna di buona parte dei paesi produttori di materie prime energetiche (MPE) alle quali l’Italia si sta rivolgendo per ottenere maggiori quote di idrocarburi da importare per sostituire gradualmente quelle russe. «Si tratta di paesi che non garantiscono certezze strutturali nel medio-lungo termine. Si pensi al gas fornito dall’Azerbaigian, paese alleato di mosca, e lo stesso vale per l’Algeria, o la Nigeria e la Libia». Ad avviso di Baldassarri, le uniche alternative attualmente praticabili per Europa e Italia sono le energie rinnovabili e, soprattutto, «andrebbe fatto un discorso serio riguardo al nucleare, anche in vista della fusione».
IL «BUCO NERO» LIBICO
La Libia, tra tutti, è il paese che detiene nel proprio sottosuolo e nelle profondità marine enormi risorse energetiche, ma oggi è totalmente instabile. «Il dittatore Gheddafi – afferma Baldassarri – era riuscito a tenere sotto controllo il suo paese, in particolare la Cirenaica in attrito con Tripoli, uno scontro per il controllo delle risorse energetiche. Ora, nel momento in cui si è scatenata una guerra per sostituire Gheddafi era evidente che si sarebbe scoperchiato un vaso di Pandora e adesso la Libia va stabilizzata, ma questo è divenuto difficile e ora l’Europa, dopo avere fatto da capofila con i francesi per aprire il vuoto, questo vuoto non riesce a colmarlo».
UN TRATTATO DI LIBERO SCAMBIO E COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Una soluzione anche a questo problema – sempre ad avviso dell’economista ospite della trasmissione radiofonica – potrebbe rinvenirsi in un trattato di libero scambio tra Unione Europea e Unione Africana finalizzato al varo di un grande piano di libero scambio e cooperazione allo sviluppo che possa dare impulso alle economie africane, incluse quindi quelle della sponda meridionale del Mediterraneo. «Anche perché – ha conluso Baldassarri -, tra pochi decenni l’Africa conterà una popolazione di due miliardi di abitanti, dunque siamo di fronte a una dinamica che va gestita in senso preventivo attraverso l’integrazione e lo sviluppo mediante la crescita economica».