Barni e Domenica Axado sono cresciute insieme a Mogadiscio. La loro è un’infanzia spensierata, all’interno di un ambiente familiare unito e protetto. Allo scoppio della guerra civile, però, sono costrette a separarsi. Barni trova a Roma un faticoso equilibrio grazie al lavoro di ostetrica e riesce a circondarsi di nuovi affetti. Domenica Axado, invece, sradicata e trapiantata in un contesto diverso, inizia a peregrinare senza meta. Solo un decennio dopo, in attesa di un figlio, si ricongiungerà alla cugina: Barni sarà la habaryar, cioè la «madre piccola» del bambino e, grazie alla nascita di Taariikh, che invece significa «Storia», le due donne potranno finalmente riannodare quei fi li che sembravano sciolti per sempre. Alle loro voci che si alternano nella narrazione, e hanno il sapore di un racconto orale, si unisce quella di Taageere, marito di Domenica Axado. I ricordi frammentati piano piano si ricompongono e le esistenze disperse delle persone che hanno fatto parte delle loro vite tornano finalmente a formare un quadro unico.
UN MIX LINGUISTICO DI INTENSA POETICITÀ
In un mix linguistico affascinante, di intensa poeticità, dove l’italiano si mescola e segue il ritmo del somalo, Madre piccola, pubblicato per la prima volta nel 2007 e qui presentato in una nuova veste grafica e con una prefazione dell’autrice, affronta temi ancora oggi di drammatica attualità come i traumi della guerra e il dolore della diaspora. C’è una leggenda in Somalia che si tramanda di generazione in generazione: poiché il loro paese era privo di corsi d’acqua e non c’era da bere, gli abitanti affidarono a due saggi l’incarico di creare un fiume; i saggi esaudirono la richiesta, ma nel fiume nuotavano anche i coccodrilli, creature crudeli. Qualcuno doveva governarli per consentire l’accesso all’acqua, dunque il popolo elesse un comandante che ricevette il potere di annientare le bestie se non avessero ubbidito ai suoi ordini. Fin da piccolo Yabar ha ascoltato il racconto di zia Rosa e ha imparato che per conoscere il bene bisogna convivere con il male necessario.
YABAR, SRADICATO A ROMA
Diciotto anni, poca voglia di studiare e molta di provocare, Yabar vive a Roma con la madre Zahra. Il padre li ha abbandonati tanti anni prima e di lui il ragazzo conserva una foto fatta di ritagli, in cui i contorni dell’uomo sono indistinguibili e mostruosi. Il dolore dell’abbandono non soffoca la curiosità di Yabar di sapere cosa ne sia stato di lui e la reticenza della madre lo ferisce. Spedito in punizione a casa della zia a Londra, Yabar si trova immerso in un microcosmo somalo inedito e scoprirà un terribile segreto di famiglia, che forse aveva voluto dimenticare. Ubah Cristina Ali Farah narra con delicata efficacia la storia di un giovane che, come tanti, è arrivato da bambino in Italia per sfuggire a un destino di guerra e morte. È un racconto in flashback composto di piccole storie memorabili, che ha sullo sfondo il melting pot di una Roma sconosciuta e più bella negli occhi di chi ha deciso di farne la propria patria elettiva.
UBAH CRISTINA ALI FARAH
Poetessa e scrittrice, Ubah Cristina Ali Farah è nata a Verona da padre somalo e madre italiana ed è cresciuta a Mogadiscio, dove è rimasta fino allo scoppio della guerra civile nel 1991. Fuggita dal paese, dopo alcuni anni trascorsi in Ungheria è tornata in Italia e si è stabilita a Roma. Oggi vive a Bruxelles. Oltre al Comandante del fiume, qui riproposto in una nuova edizione, è autrice di altri due romanzi, Madre piccola, premio Vittorini 2008 (66thand2nd, 2022) e Le stazioni della luna (66thand2nd, 2021). Nel 2006 si è aggiudicata il premio Lingua Madre. Ha partecipato a numerosi programmi internazionali di scrittura creativa tra cui l’International Writing Program della University of Iowa, e quelli della Civitella Ranieri Foundation e dello Stellenbosch Institute for Advanced Study.
INFO
Autrice: Ubah Cristina Ali Farah
Titolo: Il comandante del fiume
Editore: 66thand2nd
Collana: Bazar
Pagine: 209