ISRAELE, Gerusalemme. Quartiere cristiano: la controversia sul Little Petra Hotel

A seguito dei disordini verificatisi a Gerusalemme a seguito dell’acquisizione dello stabile da parte di un’organizzazione ebraica, Ateret Cohanim, il 2 aprile scorso i patriarchi e i capi delle Chiese locali della Città santa hanno rilasciato una dichiarazione congiunta di condanna degli atti di violenza.

A seguito dei disordini verificatisi a Gerusalemme dopo dell’acquisizione sul mercato dell’Hotel Petra da parte di un’organizzazione ebraica, il 2 aprile scorso i patriarchi e i capi delle Chiese locali della Città santa hanno rilasciato una dichiarazione congiunta di condanna degli atti di violenza.

UN’ONDATA DI VIOLENZA COLPISCE IL PAESE

«Nelle ultime due settimane – affermano i vescovi e i patriarchi cristiani – indiscriminati atti di violenza hanno avuto luogo in diverse parti della nostra Terra Santa. Questi atti a loro volta hanno portato a violente contrapposizione in tutta la regione, tanto che più di dodici persone hanno perso le loro vite quale risultato degli attacchi». Evidentemente essi nella loro dichiarazione si riferiscono alle vittime della recente ondata terroristica anti-israeliana, aggiungendo inoltre di condannare «tutti gli atti di violenza contro ogni persona umana», e che «con questa improvvisa crescita di spargimento di sangue, condividiamo la diffusa preoccupazione che le tensioni continueranno a crescere quando, come succede raramente, le più grandi festività delle grandi religioni abramitiche coincideranno: Ramadan, Pesach e la Settimana santa».

ATERET COHANIM

Nel comunicato congiunto si sottolinea come patriarchi e capi delle Chiese cristiane di Terra santa preghino anche «per il recupero di quelli che sono feriti e sono vicini a quanti hanno perso qualcuno, e chiedono alle autorità governative di esercitare politiche di tolleranza religiosa, restrizione della forza e di de-escalation del conflitto», lodandoli «per tutto quello che hanno già fatto in questo senso». Le dichiarazioni dei capi delle Chiese cristiane in Terra santa sono state rilasciate dopo che il gruppo Ateret Cohanim aveva acquistato il Little Petra Hotel, un atto che questi religiosi considerano come «una minaccia all’esistenza del quartiere cristiano a Gerusalemme». La Ateret Cohanim, fondata nel 1978, si occupa anche dell’acquisizione di proprietà da assegnare in seguito ai cittadini israeliani ebrei, come nei casi degli edifici abitati da famiglie palestinesi situati nel quartiere gerosolimitano di Silwan, o delle tre proprietà della Chiesa greco ortodossa alla Porta di Giaffa.

IL CASO LITTLE PETRA HOTEL

Nel caso del Little Petra Hotel, la controversia è insorta perché l’edificio si trova sul percorso dei pellegrini cristiani che a milioni visitano Città santa ogni anno. I capi delle Chiese cristiane avevano già rivolto vari appelli riguardo alla questione. «Ma – argomentano questi ultimi -, il 26 marzo scorso alcuni estremisti sono entrati nell’hotel conteso, nonostante la disputa sulla proprietà non fosse stata  risolta sul piano legale, mentre la polizia ha impedito ai proprietari e agli avvocati di farvi accesso». Tre giorni dopo una nutrita delegazione di leader cristiani e officiali della Chiesa, accompagnati da diplomatici di Stati esteri e rappresentanti musulmani ha visitato l’edificio allo scopo di solidarietà. Tra questi figuravano il patriarca greco ortodosso Theophilos III, il Custode di Terra santa padre Francesco Patton e l’arcivescovo Giacinto Marcuzzo, già vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina.

UNA CONTROVERSIA RISALENTE NEL TEMPO

La controversia relativa al Little Petra Hotel risale al 2004; il 10 giugno del 2019 la Corte suprema israeliana ha stabilito in capo ad Ateret Cohanim i diritti legali su tre proprietà e, in seguito, il 24 giugno del 2020 la Corte distrettuale ha dato ragione all’organizzazione ebraica, respingendo il ricorso che era stato precedentemente presentato dal Patriarcato. Al momento, il piano superiore dell’edificio conteso è ancora posseduto della Chiesa greco ortodossa, che lo ha concesso in uso a una famiglia palestinese.

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