GIUSTIZIA, carceri e sicurezza. Taser alla Polizia Penitenziaria? Possibile, ma solo come «armi di reparto»

aIl tema è stato sollevato oggi a Palazzo Madama a seguito di una interrogazione parlamentare a risposta immediata rivolta dal senatore Simone Pillon (Lega) al ministro della Giustizia Marta Cartabia

Pillon ha sollevato il problema argomentando la necessità della distribuzione dei cosiddetti «taser» anche al personale della Polizia Penitenziaria in servizio nelle carceri italiane, Corpo armato dello Stato che è stato escluso dalla fase di sperimentazione di quest’arma non letale che ha invece interessato la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza.

ARMI «NON LETALI»

Sottolineando le difficoltà e le tensioni che quotidianamente si registrano nelle carceri soprattutto in questi ultimi anni, conseguenza non ultima anche del sovraffollamento, nella sua risposta all’interrogazione parlamentare presentata dal senatore leghista Pillon, il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha ricordato come, nell’interlocuzione avuta dal suo dicastero con le organizzazioni sindacali del comparto Sicurezza della Polizia Penitenziaria, si sia sempre teso al rafforzamento degli strumenti di sicurezza disponibili, quali, ad esempio quelli che consentono la videosorveglianza degli ambienti carcerari, nonché le bodycam di recente introduzione.

POLIZIA PENITENZIARIA SENZA TASER

Inoltre, sempre secondo il ministro Cartabia, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) ha potenziato la formazione, sia iniziale che permanente, degli operatori di Polizia Penitenziaria al fine di porli nelle migliori condizioni di fare fronte a eventi critici e violenti, «tuttavia – ha ella aggiunto – la sicurezza nelle carceri si costruisce giorno per giorno». Il Corpo della Polizia Penitenziaria è stato escluso dalla sperimentazione delle cosiddette electric shock waepons, cioè dalle pistole a impulsi elettrici (correntemente chiamate «taser») la cui dotazione alle Forze dell’Ordine è stata prevista con un decreto emanato nel 2014. Per la legge dello Stato si tratta di armi a tutti gli effetti, il cui impiego deve conseguentemente sottostare al complesso delle vigenti regole in materia, in particolare a quelle relative alle cosiddette armi di reparto.

ARMI DI ORDINANZA E ARMI DI REPARTO

Il personale della Polizia Penitenziaria riceve regolarmente in dotazione un’arma di ordinanza che, tuttavia, non può essere introdotta nelle sezioni delle carceri per ragioni di sicurezza. Al contrario, in caso di eventi critici e su specifica autorizzazione concessa dal direttore del carcere, solo in casi definiti dal Regolamento come «eccezionali», il personale in servizio può utilizzare le dotazioni di reparto, cioè manganelli, caschi e scudi protettivi e maschere antigas. Secondo la Cartabia, «il taser dovrebbe rientrare in questa categoria di strumenti», appunto le armi di reparto, però con tutte le garanzie del caso.

REGOLE PRECISE FRUTTO DI UN DIBATTITO PUBBLICO E PARLAMENTARE

Interpellata sull’argomento da insidertrend.it, Elisabetta Zamparutti (esponente dell’associazione Nessuno tocchi Caino) ha sottolineato che al riguardo «basterebbe seguire le indicazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, che riconosce alle Autorità nazionali la possibilità di dotare l loro forze dell’ordine di strumenti del genere, ma chiede però che l’introduzione di esse sia il risultato di un ampio dibattito pubblico sui piani parlamentare e dell’esecutivo, poiché i criteri vengano definiti per legge e applicati secondo specifiche regolamentazioni, fissando altresì dei principi generali di necessità, sussidiarietà, proporzionalità, dissuasione e precauzione», aggiungendo che «come per altro ha affermato la Cartabia, occorrono attività di formazione sul loro utilizzo, ispirata ai principi sull’uso delle armi da fuoco, in quanto il taser è un’arma a tutti gli effetti, seppure elettrica».

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