Uno dei temi di fondo, sempre attuale nell’esistenza dell’umanità e nelle sue forme di espressione più o meno libere, è il conflitto tra il potere e rappresentazione, tra potere e cinematografia. Tra potere e cultura quindi, tra libertà, arte e censura. A quale migliore paradigma si può fare ricorso se non a quello della Germania Est, quella Repubblica democratica tedesca (DDR) nella quale operò la DEFA, ente di Stato per la cinematografia, tra gli elementi centrali nel sistema di propaganda della Germania comunista.
PROPAGANDA, LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E CENSURA
Libertà e censura nella DDR, ma non solo. Cosa rimane della DEFA? Una fondazione soltanto? Oppure molti ricordi, alcuni estremamente controversi? La DEFA veniva finanziata dallo Stato comunista tedesco orientale come un tetro dell’opera, o un ente fieristico. Ogni anno in bilancio veniva stanziata una certa somma di denaro e con quella bisognava produrre un certo numero di film. A fronte di una ovvia influenza del Partito comunista, però, chi operava in quel settore godeva di una certa sicurezza economica. Un mondo che non c’è più ormai da tempo.
COSÌ ERA LA DEFA
Kolhaase testimonia del dramma vissuto da tutti quegli operari dello spettacolo che in breve tempo si sono trovati privi del lavoro e con enormi difficoltà nel ricollocamento occupazionale in un sistema mutato radicalmente e impostato sulle (presunte, almeno per quanto concerne la cinematografia) basi del mercato, che a suo modo, al pari di quanto prima faceva la politica, esercita anche lui forme di censura, magari indirettamente. Il socialismo viveva una sua propria realtà, poi entrò in una fase di difficoltà che preluse al suo crollo. In questo strano e affascinante periodo si assistette a una perdita di senso della realtà, con il rifiuto di affrontare certi argomenti, poiché riguardo a essi era difficile, se non impossibile, prospettare una soluzione.
CARNEFICI E VTTIME
Questo deficit non è stato esclusivo del cinema, bensì dell’intera società, in un clima di assenza di dialogo pubblico. Ma, quello che in questa sede più forse interessa è il tema della lotta armata in Occidente e come essa sia stata rappresentata sul grande e piccolo schermo. Kolhaase, assieme a Volker Schlöndorff, col quale ha scritto il soggetto e la sceneggiatura del film “Il silenzio dopo lo sparo”, ha descritto quell’universo mortifero e autodistruttivo che fu il terrorismo anti-capitalista (difficile sarebbe in questa sede inquadrare tuti quei fenomeni nella categoria unica di marxisti-leninisti), raccontando anche in modo intimistico quelle esistenze, unitamente, ma soltanto sullo sfondo, però, delle loro vittime.