AFRICA, Algeria e Marocco. Deserto, idrocarburi e fosfati: l’Italia è di fronte a una scelta di campo?

Il Governo Draghi avrebbe preso le distanze da quello di Pedro Sánchez, non condividendone gli orientamenti in ordine all’annosa questione del Sahara occidentale. Questo per la evidente ragione che nell’attuale difficile fase, al fine di garantirsi delle linee di approvvigionamento energetico, per Roma risulta indispensabile mantenere più che ottime relazioni con l’Algeria, paese che a seguito del conflitto in Ucraina è divenuto il suo primo fornitore di gas, scavalcando i russi

In un articolo recentemente pubblicato dal quotidiano spagnolo “El Mundo” si afferma che il governo italiano avrebbe preso le distanze da quello di Pedro Sánchez, non condividendone gli orientamenti in ordine all’annosa questione del  Sahara occidentale. Questo per la evidente ragione che nell’attuale difficile fase, al fine di garantirsi delle linee di approvvigionamento energetico, per Roma risulta indispensabile mantenere più che ottime relazioni con l’Algeria, paese che a seguito del conflitto in Ucraina è divenuto il suo primo fornitore di gas, scavalcando i russi.

LA CRISI DIPLOMATICA SI È ANDATA RICOMPONENDO

Come è noto, nei giorni scorsi si era andata ricomponendo la frattura tra il Paese iberico e il regno nordafricano apertasi in precedenza dopo che, lo scorso anno, Madrid aveva consentito al leader del Fronte Polisario, Brahim Ghali, di recarsi sotto falso nome in Spagna per sopporsi a urgenti cure mediche in un ospedale di Saragozza. Il caso aveva provocato una grave crisi diplomatica tra i due Stati. Infatti, Ghali, leader politico e militare degli indipendentisti del Fronte Polisario, l’organizzazione sostenuta dall’Algeria (vero e proprio esercito strutturato in corpi d’armata) che è in guerra con il Marocco per la sovranità sul Sahara occidentale, viene ritenuto responsabile da Rabat di numerosi attacchi armati, dunque una delle principali minacce alla sicurezza nazionale del Regno.

PROPOSTA DI AUTONOMIA PER IL SAHARA OCCIDENTALE

Ora Spagna e Marocco si sono riconciliante e parrebbero intenzionate a collaborare nel tentativo di risolvere le più importanti questioni a livello regionale, inclusa quella del Sahara occidentale (già Sahara spagnolo), che si trascina praticamente dal momento del disimpegno di Madrid da quel territorio e che ha visto in questi ultimi giorni il favore ufficiale degli spagnoli riguardo alla proposta di Rabat per un’autonomia che ponga fine alla controversia con i Saharawi che ha generato conflitti e alimentato la tensione tra Marocco e Algeria. In una lettera inviata dal premier Sánchez al sovrano marocchino Mohammed VI si afferma che «il governo spagnolo elogia gli sforzi seri e credibili del Marocco nel quadro delle Nazioni Unite per cercare una soluzione mutuamente accettabile».

IL RICONOSCIMENTO AMERICANO

Madrid riconosce dunque le potenzialità della proposta relativa all’autonomia, un progetto presentato per la prima volta da Rabat all’Onu nel 2007 che fisserebbe la sovranità marocchina sul territorio conteso a fronte della concessione di un’autonomia speciale assegnata alle future autorità regionali. Attualmente il Sahara occidentale viene considerato dalle Nazioni Unite come territorio non autonomo, tuttavia, alcune decine di Stati, inclusi gli Usa, ne riconoscono la sovranità del Marocco, al punto da aprirvi delle loro rappresentanze consolari. Rabat preme da tempo su Bruxelles per ottenere dall’Unione Europea un eguale riconoscimento e ora, alla luce del mutato orientamento di Madrid i suoi sforzi potrebbero assumere un peso diverso. Ma…

ALLA CANNA DEL GAS…

…ma, il fatto che la Spagna riconosca l’importanza della questione del Sahara per il Marocco e consideri altresì l’iniziativa diplomatica di Rabat del 2007 come «la base più seria, realistica e credibile per la risoluzione della controversia», come anche il favore ricevuto dal governo tedesco di Olaf Scholz riguardo alla proposta sull’autonomia potrebbero non bastare. Già, poiché nel frattempo è successo qualcosa di molto destabilizzante, del quale dobbiamo tutti ringraziare Vladimir Putin: l’invasione militare russa dell’Ucraina, con il suo corollario di disastrose conseguenze anche in campo energetico. Uno stravolgimento che cambia le carte in tavola anche e soprattutto in Mediterraneo, in particolar modo per quei paesi dipendenti dall’estero per la soddisfazione del proprio fabbisogno di materie prime energetiche. Come l’Italia.

IL CANE A SEI ZAMPE E LA QUARTA SPONDA

Già, poiché per il Bel Paese assetato di idrocarburi l’Algeria, storica sostenitrice del Fronte Polisario e in endemico attrito con il confinante Marocco, è divenuta oggi il primo fornitore di gas, scavalcando la Russia impantanata nel conflitto ucraino. A questo punto, Roma dovrà tenersi stretta la tetta dalla quale ciucciare gas, prendendo quindi le distanze, con educazione e pompa della circostanza, da Madrid e Rabat, ponendosi conseguentemente, seppure in maniera indiretta, in linea con le posizioni del Fronte Polisario. In fondo, gli strumenti formali per farlo non mancano, sarà sufficiente porsi nel solco della politica tracciato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, recatosi in visita ad Algeri alcuni mesi or sono, che ha ribadito il sostegno al ruolo svolto dall’Algeria e «al suo impegno profuso nel quadro dell’Onu con il Sahara occidentale».

UNA SOLIDA PARTNERSHIP

Anche secondo Piazzale Mattei si tratta della «soluzione più logica e naturale», cosicché l’Italia potrà assicurarsi adeguati (speriamo) flussi dall’Algeria. Lo stesso Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, ha dichiarato che «l’Italia ha grande fiducia nella capacità dell’Algeria» e che «per Roma è ancora necessario avere un paese alleato al sud che gli consenta di diversificare le rotte energetiche»; in conclusione, «con l’Algeria si deve costruire una solida partnership».

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