La tragica situazione alle porte orientali d’Europa, con le forze militari russe che avanzano in Ucraina e oltre un milione e mezzo di persone che hanno già lasciato la loro terra, costringe anche gli altri paesi del Vecchio continente a fare i conti gli eventuali effetti di quanto sta avvenendo e gli ipotizzabili contraccolpi, quali ad esempio la riduzione o addirittura l’interruzione del flusso di gas proveniente dalla Russia, questo l’incipit dell’articolo intervista di “In Terris”.
GAS ED ELETTRO GENERAZIONE
E il gas naturale – prosegue l’articolo di Lorenzo Cipolla – è una delle principali fonti per la produzione di energia elettrica in Italia, quella che manda avanti l’industria e permette di riscaldare gli ambiente casalinghi. Nel nostro Paese, secondo cifre fornite recentemente dal capo del governo Mario Draghi, il consumo nazionale di gas oscilla tra i settanta e gli ottanta miliardi di metri cubi all’anno, di cui noi produciamo circa tre miliardi annui (nel 2000 la produzione annuale era sui diciassette miliardi di metri cubi). Non va dimenticato, inoltre, che già nel 2021 il settore energetico ha conosciuto un importante aumento, con un chiaro riflesso sui consumi degli italiani tanto che nell’ultima legge di bilancio l’esecutivo ha stanziato 3,8 miliardi per “tamponare” il caro energia.
MANCATA DIVERSIFICAZIONE ENERGETICA
Nelle comunicazioni alle Camere, lo scorso primo marzo il presidente del Consiglio, dopo che il 25 febbraio nell’informativa al Parlamento all’indomani dell’ingresso dell’esercito russo in Ucraina, aveva sottolineato che «le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni», ha detto che «al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas, tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni e di un possibile inasprimento delle sanzioni».
Draghi ha inoltre aggiunto che «la nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altre capacità di importazione. Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto le importazioni di gas da altre fornitori, maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti». Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha concluso affermando che: «Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico».
STRATEGIE E BEST PRACTICES
Per capire meglio la situazione in cui si trova il nostro Paese e quali possano essere le strategie e le best practices a breve e medio termine per un futuro energetico più autonomo e sostenibile, Interris.it ha intervistato l’economista e professore ordinario di economia politica dell’Università di Roma Tor Vergata Leonardo Becchetti, nonché membro del comitato promotore delle Settimane sociali dei cattolici italiani.
Quanta percentuale dei nostri consumi energetici è fornita dal gas?
«Circa il 40% dei nostri consumi energetici viene dalla fonte fossile del gas. Di questo, il 43% circa dal gas russo. Nel complesso dunque il gas russo conta per non più del 16% delle nostre forniture».
Recentemente il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato che l’Italia importa il 95% del gas che consuma, di cui una parte, come anche lei, proveniente dalla Russia. Quali sono le strategie del governo per ridurre la ‘dipendenza’ dal gas russo, nel breve termine? Come ad esempio trovare fornitori alternativi, o, se servirà, aumentare la capacità del gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) che parte dai giacimenti in Azerbaijan.
«In questi giorni il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è recato in Algeria con l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi per aumentare la fornitura di gas da quel paese, attraverso il gasdotto che collega i due paesi passando nel Mediterraneo. Sta funzionando al di sotto della massima capacità ed è dunque possibile aumentare le forniture di gas da quella fonte. L’altra via da seguire è quella di aumentare la fornitura di gas liquefatto. In questo caso non abbiamo il vincolo dei gasdotti, sono solo tre quelli che arrivano nel paese: uno dal Tarvisio che porta il gas russo: uno sulle coste pugliesi che porta il gas dall’Asia centrale: uno infine dall’Algeria. Il gas liquefatto però costa di più perché richiede un processo di liquefazione, per essere poi trasportato in nave e di rigassificazione. Possiamo aumentare l’importazione d gas liquefatto perché anche i rigassificatori stanno funzionando al di sotto della loro massima capacità».
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