IMPRESE, autonoleggio e mobilità sharing. ANIASA, appello al Governo Draghi: «Auto aziendali: no all’ennesimo rinvio sulla totale detraibilità dell’Iva»

Un regime fiscale più corretto e allineato agli altri paesi europei imprimerebbe una spinta significativa alla diffusione e al rinnovo delle flotte aziendali, con benefici effetti per le imprese in termini di minori costi, per l’ambiente, grazie alla riduzione dell’età media dei veicoli in circolazione e delle relative emissioni, e le stesse casse dell’Erario

Il prossimo primo di aprile scadrà il termine entro il quale il governo potrebbe richiedere all’Unione Europea un’ulteriore proroga triennale del regime di detraibilità dell’Iva al 40% (anziché al 100% come previsto a livello comunitario) sugli acquisti e sui noleggi di auto aziendali. Sarebbe il quinto rinvio dal 2010 a oggi e andrebbe a penalizzare la mobilità delle aziende italiane rispetto ai competitor europei che beneficiano di minori costi e frenerebbe la spinta del noleggio veicoli verso l’annunciata transizione ecologica del nostro parco circolante.

APPELLO ANIASA AL GOVERNO DRAGHI

Questa è la premessa dell’appello lanciato dall’ANIASA all’esecutivo presieduto da Mario Draghi. Infatti, secondo l’Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio, Sharing mobility e Automotive digital, che in Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, «è’ ora di porre fine a una misura che penalizza la mobilità delle imprese nazionali e un settore che immatricola il 30% delle vetture elettriche e il 47% delle ibride plug-in».

Insomma, quella che si sta approssimando è una data alla quale il settore del noleggio veicoli guarda con grandi aspettative, il limite ultimo per chiedere una eventuale nuova deroga rispetto a quanto previsto dalla Corte di Strasburgo nel 2006, con la condanna dell’Italia ad applicare la detraibilità al 100% sull’Iva delle auto aziendali come previsto dalla normativa europea.

TEMPI STRETTI PER LA RICHIESTA

A oggi, in questo paese il limite massimo di detrazione Iva è fissato al 40%, percentuale stimata per l’utilizzo del veicolo a scopo di produzione del reddito. Un limite richiesto dal Governo italiano e accordato dall’Unione Europea tramite ripetute proroghe triennali che negli ultimi quindici anni si sono puntualmente succedute. L’ultima, in ordine di tempo, scadrà il prossimo 31 dicembre 2022, tuttavia l’esecutivo ha teoricamente tempo fino al 1°aprile per poterla richiedere alla Commissione a Bruxelles.

«Il prossimo 1° aprile potrebbe segnare un momento storico per la mobilità delle imprese italiane dopo anni di deroghe, infatti – affermano dall’associazione confindustriale -, alcuni emendamenti al Ddl sulla riforma fiscale e un significativo ordine del giorno presentato in occasione dell’ultima Legge di Bilancio, nonché varie mozioni presentate in questi giorni alla Camera dei Deputati, ci fanno ben sperare».

NECESSARIO UN REGIME FISCALE PIÙ CORRETTO ED EUROPEO

«In caso contrario – afferma Alberto Viano, presidente di ANIASA -, il rischio è che in pieno processo di transizione energetica ed ecologica del nostro parco circolante e con l’attuale crisi del mercato automotive, si scelga di penalizzare nuovamente uno strumento strategico per questa svolta, in grado già oggi di accelerare il rinnovo del nostro vetusto parco circolante».

Egli prosegue quindi sottolineando che «un regime fiscale più corretto e allineato agli altri paesi europei imprimerebbe una spinta significativa alla diffusione e al rinnovo delle flotte aziendali, con benefici effetti per le imprese in termini di minori costi, per l’ambiente, grazie alla riduzione dell’età media dei veicoli in circolazione e delle relative emissioni, e le stesse casse dell’Erario».

Al riguardo, si rammenta come oltre ai maggiori introiti legati alla crescita delle immatricolazioni, il settore svolga una funzione promozionale sia in ordine alla correttezza fiscale che al contrasto all’evasione. «Ogni fase operativa è tracciata sotto il profilo amministrativo e contabile – conclude il presidente di ANIASA – e un’ulteriore rinvio costituirebbe la conferma di un orientamento purtroppo dannoso per le imprese italiane».

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