Infatti, il Cremlino nega decisamente qualsiasi legame tra le forze armate della Federazione Russa e le formazioni combattenti inviate dalla Wagner nei teatri bellici e di crisi, questo, seppure la realtà dei fatta registrata sul campo ingeneri al contrario più di un ragionevole dubbio.
LE MEZZE AMMISSIONI DI PUTIN
Un tema recentemente affrontato da Emanuel Dupuy, analista di strategie e conflitti che presiede l’Institut Prospective et Securité en Europe (IPSE), think tank che ha sede a Parigi. Nel suo articolo pubblicato da l’Internationale, egli si è detto scettico riguardo alle affermazioni rese da Vladimir Putin riguardo ai mercenari russi in Mali, dei quali il presidente russo ha ammesso la presenza nel Paese africano negandone tuttavia i collegamenti con Mosca, in questo ponendosi però in contraddizione con la posizione ufficiale delle autorità di Bamako, che hanno dichiarato il contrario.
Il presidente già kagebešník non ha infatti menzionato esplicitamente la Wagner, limitandosi ad ammettere soltanto che nel Paese africano sono attive società private russe, come peraltro ve ne sono di pubbliche russe, ad esempio la Rostec, che ha stipulato accordi commerciali con Bamako.
LA RETE AFRICANA DI PROGOJINE E OUTKINE
La Wagner è attualmente attiva in quattordici Paesi africani, incluse la Libia (circa duemila uomini dal 2017), la Repubblica Centrafricana (poco meno di mille uomini), nella martoriata provincia mozambicana di Cabo Delgado e nel Sudan, dove le competenze dei contractors russi si occuperanno della sicurezza della prevista base navale russa di Port Sudan.
Il chief executive officier (Ceo) di Wagner, Evgueny Progojine, e il suo fondatore Dimitri Outkine (colpiti dalle sanzioni europee dal dicembre scorso) hanno ottenuto contratti anche in Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Angola, Zimbabwe, Lesotho, Botswana, Madagascar, Guinea, Guinea-Bissau e nel citato Mali, intesa, quest’ultima, non ancora ufficialmente confermata dalle autorità militari di transizione oggi al potere a Bamako.
UNA EFFICACE STRATEGIA MULTIDIMENSIONALE
Una cooperazione bilaterale divenuta oltremodo evidente malgrado il riserbo, concretizzatasi il 30 settembre scorso con la consegna di quattro elicotteri d’attacco MI-17 alle forze armate maliane, cooperazione quantificata nel 2020 in 23 milioni di dollari. Oggi Mosca ha accordi di cooperazione militare con tutti i paesi membri del G5-Sahel, l’ultimo dei quali, quello con la Mauritania, siglato nove mesi fa.
Al riguardo Dupuy parla di una «efficace strategia multidimensionale» articolata sull’esportazione di materiali d’armamento (con Egitto, Algeria, Angola, Nigeria ed Etiopia principali clienti di Mosca nel continente africano) e sulle operazioni più o meno coperte dei contractors russi della Wagner.
«LIAISONS DANGEREUSES», TUTTAVIA DEL TUTTO USUALI
Sempre il presidente dell’IPSE ritiene tuttavia usuale il legame tra dei servizi di intelligence di uno Stato (in questo caso quelli della Federazione Russa) e una società privata come quella di Progojine e Outkine, al pari di quelli in essere, ad esempio, tra Blackwater (ora Academi), Relyant, Constellis, Dyncorp International e l’intelligence americana, oppure tra Frontier Services Group (FSG) e quelli cinesi, ovvero ancora tra SADAT e il MIT turco o Dyck Advisory e Paramount Group con quelli di Pretoria.
È ovvio, poiché queste società rispondono spesso a finalità dei loro “Stati madre”, coincidenti con quelle previste nei mandati loro conferitigli in forza dei contratti stipulati con i committenti esteri per i quali presteranno la loro particolare opera.
DALLA CRIMEA AL MALI PASSANDO PER SIRIA E KAZAKHSTAN
Questo è tanto più vero per Mosca e per la Wagner, che in Siria a partire dal 2015 ha supportato l’Armata russa nella delicata fase di schieramento del proprio contingente di truppe consistente in cinquemila soldati; così come un anno prima si era verificato nella Crimea annessa da Putin e, da tempo, anche nel Donbass ucraino e nel destabilizzato Kazakhstan.
«In Mali – sostiene Dupuy – ci sono molti russi, ma non è tanto importante la loro precisa entità, quanto il fatto che essi, sia che siano mercenari della Wagner oppure consiglieri militari dell’Armata russa, si trovino ora impegnati al fianco delle forze di Bamako». Attualmente sono schierati a Ségou, località situata a duecento chilometri a nord della capitale maliana, oltreché nelle regioni di Bandiagara e Bankass (regione di Mopti), nel circolo di Koro, laddove già erano attive le milizie di autodifesa DANA, alleate di Bamako nel contrasto dei gruppi armati jihadisti, in particolare il Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani (GSIM).
IL SALDO DEI CORRISPETTIVI …UNA SOLUZIONE SU MISURA PER TUTTI
A questo punto, l’interrogativo da porsi verte sulle capacità e i modi mediante i quali uno Stato come il Mali potrà corrispondere ai russi il corrispettivo relativo alla esternalizzazione di tutta una serie di funzioni militari affidate alla Wagner, che ammonterebbe almeno a diecimila dollari al mese. Orbene, la giunta al potere a Bamako, attualmente sotto pesanti sanzioni da parte della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e dell’Unione europea, onorerà le obbligazioni contratte a fronte della fornitura di servizi armati attraverso la concessione ai russi di licenze minerarie (oro e altre materie prime)?
Dei precedenti analoghi non mancano, si pensi alla notevole quota parte delle entrate petrolifere siriane (si parla del 25%) transitate a partire dal 2016 in mano russa grazie ai buoni uffici interposti dalla società Evro Polis, riconducibile ai vertici societari della Wagner.
VUOTI APERTISI NELL’AFRICA SUBSAHARIANA
In Mali e nella Repubblica Centroafricana i russi stanno occupando i vuoti lasciati dal disimpegno militare francese, uno sviluppo regionale che apre a Mosca la strada al consolidamento della propria influenza politica, economica e militare, a Bamako come a Bangui. Naturalmente il complesso dei contractors russi non è lontanamente paragonabile a quello che è stato il possente (seppure insufficiente agli scopi) dispositivo militare proiettato da Parigi nell’Africa subsahariana nel quadro delle diverse missioni, iniziate con l’operazione “Serval” decisa nel 2013 dal presidente François Holland, successivamente rimodulata sulla base delle esigenze nelle forme dell’operazione “Barkhane”.
È IL BUSINESS DELLE SOCIETÀ MILITARI PRIVATE
Ma, in conclusione – osserva acutamente Dupuy -, se paradossalmente la presenza eccessivamente ostentata della Wagner in Africa rischia di mettere in imbarazzo una Russia che vorrebbe presentarsi al mondo nelle vesti di grande potenza globale, rafforzando così le proprie relazioni bilaterali attraverso la cooperazione in campo militare e industriale, al giorno d’oggi quello delle società militari private costituisce in ogni caso un business miliardario, conseguentemente i russi starebbero cercando di affermarsi nello specifico settore attraverso una dura competizione con i concorrenti (principalmente americani) in vista del conseguimento della leadership sul mercato.