Nel corso degli ultimi decenni, a partire da quello del 1973 l’Italia ha affrontato diversi shock petroliferi anche di dimensioni comparabili, se non peggiori, a quello attuale, tuttavia, ciò che si è andato progressivamente accentuando in questo medesimo periodo è stato l’indebolimento sul piano energetico del Paese». Questo l’esordio del professor Mario Baldassarri nel corso della trasmissione odierna di “Capire per conoscere”, condotta dal giornalista Claudio Landi e andata in onda sulle frequenze di Radio Radicale. L’ex viceministro e attuale presidente del Centro studi economia reale ha infatti trattato il “problema del momento”, cioè l’aggravarsi, sia in termini di costi che in termini strategici, della crisi energetica che ha portato a un incremento esponenziale dei prezzi del gas e delle altre materie prime energetiche.
IL «GAP» ENERGETICO ITALIANO HA RADICI NELLE SCELTE POLITICHE
«Nel tempo – ha egli proseguito – abbiamo chiuso le centrali nucleari, siamo passati dal petrolio al gas, quindi sostanzialmente da una dipendenza all’altra; non abbiamo costruito i rigassificatori e, al contempo, ci sdiamo affidati alla produzione di energia da fonti alternative, in particolare eolico e fotovoltaico, pagando in bolletta per questi ultimi anni un 110% di bonus a partire dagli anni Ottanta. Ebbene, oggi di fronte alla moltiplicazione del prezzo del gas l’Italia si trova esposto e in una posizione più debole rispetto a quella di cinquant’anni fa».
Ad avviso di Baldassarri, questo è il frutto di decenni di inerzia dei governi che si sono succeduti alla guida del Paese nei decenni precedenti, «poiché in questo strategico settore – ha egli chiosato -, l’ultimo posizionamento serio risale a Enrico Mattei».
AGGRAVI PER FAMIGLIE E IMPRESE E SOSTEGNI GOVERNATIVI
Questa crisi del gas nel quarto trimestre del 2021 ha determinato un aggravio di ben 22 miliardi di euro a carico di famiglie e imprese, una somma soltanto in minima parte compensata da interventi in sostegno da parte dello Stato (i 3,5 miliardi stanziati dal Governo Draghi), una cifra pari a quella relativa al primo trimestre dell’anno in corso, per il quale l’esecutivo in carica ha deliberato l’erogazione di un sostegno di 5,5 miliardi; infine, l’ultimo decreto per fare fronte al “caro bollette” varato pochi giorni fa, a fronte di maggiori costi energetici per famiglie e imprese stimati in 15 miliardi, Palazzo Chigi è intervenuto in sostegno con ulteriori 5,5 miliardi. In definitiva: su circa 60 miliardi di aggravi in bolletta i sostegni sono pari a poco meno di 15 miliardi.
PERICOLO DI ULTERIORI CONTRAZIONI DELLA CRESCITA
Si tratterà dunque di una trentina di miliardi in più in bolletta al netto dei sostegni pubblici, un ammontare che comprime sta già comprimendo i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese, con conseguenti rischi per la ripresa della crescita economica del Paese, che, a condizioni perduranti nei prossimi mesi, verrebbe frenata dal deleterio combinato composto inflazione-caro energia. Il rischio è che dall’auspicato 4,5% per il 2022 si passi invece a un 2% o addirittura meno, quindi un dimezzamento del tasso di crescita del prodotto interno lordo (Pil), dato che i 45 miliardi che verrebbero a mancare ammonterebbero a 2 punti di Pil, una conseguenza che condurrebbe ben al di sotto del 3 per cento.
RISCHIO APPROVVIGIONAMENTO GAS
Ora, sui mercati il prezzo del gas ha iniziato timidamente a calare e, ovviamente, l’auspicio è quello che esso si riduca ulteriormente e in maniera sensibile, tuttavia, visto il deteriorarsi della crisi Ucraina non può non inquietare l’ulteriore rischio che si è andato sempre più materializzando sullo sfondo, quello relativo a sanzioni economiche imposte a Mosca e a una conseguente interruzione (o quanto meno limitazione) delle forniture energetiche all’Europa.
Occhi puntati sul fronte del Donbass dunque, poiché una invasione militare russa provocherebbe una serie di conseguenze dagli effetti disastrosi. L’Italia soddisfa il proprio fabbisogno energetico attraverso una rilevante quota (40%) di gas fornito dalla Russia di Putin, un’altra quota (al momento divenuta preponderante sul totale) arriva dall’Algeria, meno da Libia (altro paese instabile a causa della guerra) e da Azerbaigian (gasdotto TAP che giunge in Puglia dopo avere attraversato Turchia, Bulgaria, Grecia e Albania).
EFFETTO STAGFLAZIONE E DOPPIO FRENO ALLA RIPRESA
«Sulla base di questi dati – ha concluso Baldassarri -, in assenza di un numero adeguato di rigassificatori e, nell’immediato, anche di grandi riserve di gas, né in Italia e neppure in Europa, se la crisi ucraina dovesse degenerare totalmente. Tutto dipenderà dalla durata di questa crisi e dalla possibile imposizione di sanzioni a Mosca».
Ma, qualora perdurasse la crisi dei prezzi del gas, gli effetti si rifletterebbero anche sui tassi di interessi, che la Banca centrale europea potrebbe essere costretta ad aumentare, materializzando così un secondo potente freno allo sviluppo della crescita economica, che si aggiungerebbe a quello esistente del caro energia.
IL FANTASMA DEL BLOCCO DELLE FORNITURE
Infatti, qualora le sanzioni imposte alla Russia di Putin colpissero anche il settore energetico (ad esempio con il blocco del gasdotto North Stream 2), la dipendenza europea si acutizzerebbe a tal punto da innalzare ulteriormente i prezzi della materia prima energetica e, soprattutto, anemizzando i flussi della materia prima vitale per i Paesi europei, con conseguenze immaginabili: uno scenario senza dubbio catastrofico.