Le milizie ribelli Houti hanno dunque rivendicato l’attacco che ha avuto luogo ieri ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti (EAU), che ha causato la morte di tre persone e il ferimento di sei. Infatti, il portavoce militare dei ribelli, Yahya Sarea, ha reso noto che l’operazione «Uragano dello Yemen» è stata condotta con cinque missili balistici e un gran numero di droni, aggiungendo che la sua milizia di appartenenza «non esiterà a ripetere attacchi simili contro obiettivi più importanti». A essere colpiti stavolta sono stati gli EAU, questo perché alleati dell’Arabia Saudita, rivale regionale dell’Iran e sostenitrice dell’esercito dello Yemen nella repressione contro i ribelli Houti. A seguito dell’attacco, Abu Dhabi ha chiesto che la formazione filoiraniana venga reinserita nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, questo mentre sia l’Onu che numerosi altri Stati hanno condannato l’azione.
«DRONI SUICIDI» SOFISTICATI E A LUNGO RAGGIO
A essere colpiti sono stati un sito di stoccaggio della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) e una struttura in fase di costruzione all’interno del comprensorio dell’aeroporto internazionale della capitale. Un attacco militare, quello degli Houti, che giungerebbe in risposta alla recente offensiva nella parte centro meridionale dello Yemen da parte delle milizie filo-emiratine, che ha portato queste ultime a occupare parte del territorio precedentemente controllato dalla formazione filo-iraniaina, un successo conseguito in quel settore del fronte che ha quale sua conseguenza però anche l’alleggerimento della pressione esercitata sulla strategica città di Maarib.
Gli analisti della materia ritengono inoltre che, in assenza di sufficienti dettagli relativi all’attacco, sia presumibile che l’azione possa essere stata portata a termine mediante il ricorso a droni a lungo raggio della famiglia Samad, che si avvale di ricevitori satellitari, ed è caratterizzata da una carenatura dorsale che consente l’installazione di un serbatoio del carburante maggiormente capiente, che di risulta consente un più esteso raggio di azione al sistema d’arma.
Gli Houthi hanno impiegato droni suicidi, un fatto che viene da non pochi ritenuto clamoroso, questo considerate le distanze coperte dalle armi usate ieri dai ribelli yemeniti e dalla consistenza delle difese antiaeree e antimissile degli emiratini.
LA COLLABORAZIONE DEGLI EAU CON ISRAELE
Questo attacco spingerà sicuramente gli Emirati Arabi Uniti in una più stretta cooperazione con Israele nel settore della Difesa, in primo luogo nella sorveglianza e nel contrasto dei droni a lungo raggio, velivoli a pilotaggio remoto come quelli utilizzati dalle milizie filoiraniane yemenite nell’attacco terroristico compiuto ieri. Si profila dunque anche per gli Emirati Arabi Uniti un nemico regionale, l’Iran, malgrado fino a oggi la petromonarchia del Golfo abbia mantenuto (inevitabili) strette relazioni con la Repubblica Islamica. Una posizione difficile quella di questi Stati affacciati sulle acque dello Stretto di Hormuz, poiché qualsiasi avvenimento di natura bellica, ancorché «ibrida», è in grado di sconvolgerli su diversi piani.
Secondo la dottoressa Etbisam al-Ketbi, presidente dell’Emirates Policy Center di Abu Dhabi, intervistata ieri dall’emittente televisiva i24 NEWS Middle East Now, attualmente «gli iraniani stanno rendendo pericolosa la loro posizione», dato che gli effetti delle loro politiche nella regione «potrebbero essere incalcolabili». Al riguardo va rilevato come l’attacco houti ad Abu Dhabi sferrato ieri condurrà, con ogni probabilità, a una più stretta cooperazione degli EAU con Israele nel settore della Difesa, in particolare nei campi della sorveglianza dello spazio aereo, anche in funzione anti-UAV (Unmanned Aerial Vehicle), e della difesa antimissile.