A venti anni di distanza dalla sua introduzione la moneta unica europea mantiene la propria solidità, una caratteristica della quale beneficia in modo particolare una economia come quella italiana, che a suo tempo fece il suo ingresso nell’Eurozona tra mille incertezze e difficoltà. Quello del consuntivo dell’euro in occasione del suo genetliaco è stato uno degli argomenti trattati nel corso della trasmissione “Capire per conoscere”, andata in onda sulle frequenze di Radio Radicale lunedì scorso e che ha visto ai suoi microfoni, come di consueto, il professor Mario Baldassarri (economista, già viceministro della Repubblica e, attualmente, presidente del Centro studi economia reale) e il giornalista Claudio Landi.
MONETA SOLIDA MALGRADO LE RIPETUTE CRISI
«Se in questo periodo non avessimo avuto l’euro – si è al riguardo interrogato Baldassarri –, come avrebbe potuto reggere la nostra povera lira all’impatto delle varie crisi, tra le quali quest’ultima provocata dalla pandemia? Con le svalutazioni a ripetizione, l’inflazione galoppante e gli interessi enormi sul debito pubblico?».
Una moneta – secondo Landi –, ritenuta sia da destra che da sinistra «ormai insostenibile» o, come ritengono alcuni, una «moneta calabrone» che in questi venti anni è stata in grado di superare tre grandi crisi (Lehman Brothers, quella del debito e delle banche e, adesso, quella del SarsCov-2) e che, dunque, ha dimostrato però una sua solidità.
EURO: LA SUA FORZA E LE NON POCHE CRITICHE
Al riguardo Baldassarri ha inteso specificare la differenza tra le critiche mosse alla moneta unica e la moneta unica in sé, «che invece possiede una sua forza e una propria area geografica relativamente consistente, che la pone nelle condizioni di esistere nel contesto della globalizzazione. Di critiche ne ho fatte personalmente anche io, ma sulla sua gestione da parte della Banca centrale europea, in particolare durante la presidenza Trichet».
Una gestione, ha aggiunto l’ex viceministro dell’Economia, che invece con il suo successore Mario Draghi è stata «molto più intelligente ed efficace». Una gestione, ha quindi chiosato Landi, che ha dimostrato come la moneta unica europea non fosse quella «versione rivisitata del gold standard» che alcuni economisti, un po’ dogmaticamente, ritenevano.
UNO STRUMENTO DI POLITICA MONETARIA
«La politica della Bce di Draghi, ha al riguardo affermato Baldassarri, ha fatto comprendere come sia la banca centrale europea che l’euro costituiscano strumenti di politica monetaria da adattare ai diversi contesti, non semplicemente adattandoli in maniera esclusiva ai tassi di inflazione». Il riferimento evidente è al “super euro” di Trichet, che fu deleterio per l’economia del Vecchio Continente.
Non solo, poiché per quanto concerne l’Italia va ricordato che all’inizio degli anni Novanta il Paese attraversò una situazione economica molto difficile caratterizzata da un debito pubblico assai elevato, oltreché da forti pulsioni secessioniste delle quali si fece espressione il partito della Lega Nord.
IL MACIGNO DEL DEBITO PUBBLICO
Tuttavia, l’adesione alla moneta unica ha consentito all’Italia di risparmiare venti miliardi di euro all’anno di interessi sul debito pubblico, un gigantesco aiuto al bilancio nazionale. «Ma – ha aggiunto Baldassarri -, possiamo anche fare qualche calcolo controfattuale: se fossimo rimasti alla lira, oggi invece di pagare poco più di sessanta miliardi di euro all’anno di interessi sul debito pubblico, ne pagheremmo centottanta corrispondenti in lire, cioè un onere che invece di ammontare al 3% del prodotto interno lordo sarebbe invece del 9%, un servizio del debito che, parallelamente, avrebbe fatto schizzare in alto il complesso dei tassi di interessi applicati a livello di sistema, con il risultato di comprimere la politica monetaria e, di risulta, gli investimenti privati».
EVITATO IL BARATRO, ORA LO SGUARDO È AL FUTURO
La crisi avrebbe assunto quindi contorni disastrosi: il debito pubblico italiano sarebbe esploso e, contestualmente, l’economia reale del Paese sarebbe implosa. «A quel punto – ha dunque sarcasticamente sottolineato Landi -, Roma sarebbe stata costretta a negoziare duramente non più con la Banca centrale europea e la Commissione europea, bensì con il Fondo monetario internazionale e con le banche private di Wall Street».
Ora si guarda al futuro, seppure con qualche incognita. «La crescita prevista per quest’anno al 4,7% – ha concluso Baldassarri – potrà essere frenata dall’andamento della pandemia. Qualora l’effetto variante Omicron dovesse attenuarsi nei primissimi mesi del 2022 si registrerà un’incidenza sulla dinamica economica, comunque raggiungeremo lo stesso un tasso tra il 3,5% e il 4% di crescita del Pil, quindi un proseguimento del rimbalzo».
2022 ANNO CRUCIALE
Tuttavia, le prospettive «vere» sono quelle dal 2024 in avanti, che non dipenderà soltanto dall’andamento della pandemia, ma anche e soprattutto dal varo delle riforme strutturali e dall’utilizzo ottimale dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza in Italia. Da questo punto di vista il 2022 sarà un anno cruciale, anche perché in Europa si dovrà decidere in che modo proseguirà la politica monetaria della Banca centrale europea e soprattutto quali saranno i nuovi parametri del Patto di stabilità e crescita, sarà in quelle sedi che l’Italia dovrà dimostrare la propria credibilità, poiché, a fronte dell’enorme erogazione di denaro ricevuta, il successo o il malaugurato fallimento di questo Paese sarà allo stesso tempo il successo e il fallimento dell’Unione europea.
A405 – ECONOMIA, MONETA UNICA EUROPEA: L’EURO COMPIE VENTI ANNI, UN BILANCIO TUTTO SOMMATO POSITIVO. A distanza di tempo dalla sua introduzione, dopo avere attraversato tre gravi crisi sopravvivendo a esse (Lehman Brothers, debito e banche e l’attuale SarsCov-2), esso mantiene la propria solidità.