Nei sette decenni in cui il Partito comunista cinese (PCC) è stato al potere i suoi leader hanno spesso articolato le loro visioni e le piattaforme politiche ricorrendo all’alta retorica e a slogan vaghi. Nel 1980 Deng Xiaoping affermò di perseguire «il socialismo con caratteristiche cinesi», mentre nel primo decennio di questo secolo, Jiang Zemin tentò di edificare una «economia di mercato socialista». Da ultimo Xi Jinping, che all’inizio del suo mandato di segretario generale del Partito comunista ha fatto riferimento al tentativo di ripristinare lo status storico della Cina quale potenza globale, si tratta dell’attuale «Sogno cinese».
IL PCC E LE IMPRESE PRIVATE CINESI
La cosiddetta «prosperità comune», ultimo in ordine di tempo tra gli slogan coniati nei palazzi del potere di Pechino, ingenera una certa dose di confusione tra i sinologi occidentali e gli osservatori stranieri in genere. Si tratta di un termine coniato l’estate scorsa, nel momento in cui le autorità comuniste ponevano in essere una serie di normative restrittive aventi quale oggetto le imprese private, tra le quali figurano diverse importanti società del settore della tecnologia avanzata. Finalità ufficiale di questo nuovo impianto normativo è la «rettifica degli eccessi del capitalismo» e «il ripristino della missione originale del PCC», che dovrebbe essere quella di «servire le masse».
Di questo tema si è occupato Yuen Yuen Ang in una sua analisi pubblicata oggi sulla rivista “Foreign Affairs”; egli è professore associato di Scienze politiche presso l’Università del Michigan ed è inoltre inoltre del saggio “China’s Gilded Age: The Paradox of Economic Boom and Vast Corruption” https://www.foreignaffairs.com/articles/china/2021-12-08/decoding-xi-jinping
DECIFRARE LA «PROSPERITÀ COMUNE»
Un provvedimento che ha avuto effetti sui mercati finanziari, poiché ha provocato una drastica riduzione del valore dei titoli azionari delle società interessate, con la conseguente incertezza diffusasi nell’universo degli investitori, che si interrogano sulle implicazioni di politiche del genere sulle prospettive economiche future della Cina. Per cercare di decifrare il senso della svolta del PCC, essi hanno fatto ricorso al discorso pronunciato lo scorso agosto da Xi Jinping al Comitato centrale del Partito, del quale un lungo estratto è stato successivamente pubblicato nel mese di ottobre dal periodico “Qiushi”, rivista ufficiale del Comitato centrale medesimo, cioè dell’élite della Repubblica Popolare investita dell’assunzione delle decisioni “chiave” per il Paese.
Qiushi ha dunque un peso rilevante e si rivolge principalmente alla burocrazia, facendolo nelle forme di un insieme di istruzioni destinate ai funzionari governativi che hanno il compito di attuare la visione del leader e dei nomenklaturisti a lui più vicini.
AMBIGUITÀ E INCERTEZZE
E il leader cinese al riguardo si è espresso, egli ha infatti dichiarato che la Prosperità comune non è una richiesta di egualitarismo e neppure una indulgenza verso forme improduttive e ingiuste di welfare, bensì un moto collettivo in direzione della prosperità. In sostanza: non abbiate paura, poiché il Partito continuerà a incoraggiare la creazione di ricchezza «attraverso la diligenza e l’innovazione».
Tuttavia – nota Yuen Yuen Ang nella sua analisi -, dalle parole e dai comportamenti del segretario generale emergerebbe una tensione nei confronti dei capitalisti privati e uno sforzo teso a limitarne ricchezza ed effettivo potere. Xi sostiene infatti la necessità di «contenere i redditi irragionevoli» e il contestuale «rifiuto dell’espansione caotica del capitale», obiettivi da perseguire attraverso la promulgazione di regolamenti in grado di frantumare la solidità dei titani aziendali del settore privato. Il segretario generale ha esortato i ricchi «a donare» rassicurandoli che la Cina dovrà continuare «ad attivare e sfruttare gli incentivi propri dell’impresa».
COMUNISTI SU MARTE
«Quadrare questo cerchio è complicato – ha affermato Xi -, perché se la remunerazione degli imprenditori sarà ridotta o se questi non riusciranno a garantirsi dei ritorni dai loro investimenti, investiranno e innoveranno meno».
Ma, secondo il docente della Università del Michigan il segretario generale avrebbe inavvertitamente messo in chiaro una realtà fondamentale: nonostante il notevole successo del PCC nel creare ricchezza e stimolare la crescita, esso non ha tuttavia fornito risposte riguardo all’enigma relativo al contenimento degli eccessi del capitalismo, problema che nella repubblica Popolare andrebbe risolto evitando di soffocarne il potenziale creativo.
È il classico problema della redistribuzione del reddito, che in Cina assume aspetti giganteschi, anche alla luce dell’asserita assenza di ricette adeguate alla sua risoluzione. E lo ammette lo stesso Xi quando afferma che «riguardo alla riduzione della povertà abbiamo molta esperienza (egli qui si riferisce alla campagna di eradicazione della povertà varata dal PCC nel 2012, n.d.r.), ma sulla gestione della prosperità dobbiamo ancora imparare molto».
L’IMPROVVISAZIONE CARATTERIZZA IL SISTEMA
Afferma Yuen Yuen Ang, anche interpretando il senso criptico dei discorsi dei vertici politici della Repubblica Popolare, che il vertice del Partito non ha una propria road map da seguire e, quindi, esorta quadri e militanti ad adattarsi e sperimentare. A questo punto, conclude l’analista, l’impatto finale della Prosperità comune dipenderà però da come i funzionari, ai vari livelli della gerarchia, interpreteranno e tradurranno l’aspirazione del segretario generale in concrete linee politiche.
Una «improvvisazione diretta» caratterizzerebbe il sistema, con il leader che fornisce (impartisce) indicazioni di carattere generale e i burocrati che, successivamente, attuano politiche particolari attagliandole di solito alle condizioni locali. Sia chiaro: mantenersi criptici e vaghi consente anche ai vertici del Partito di non impegnarsi davvero a fondo in una determinata politica finché non vi sia la sicurezza di un risultato, evitando in questo modo di porre in discussione la propria reputazione e, conseguentemente, anche l’esercizio della propria autorità.
SOLIDARIETÀ DEI PRIVATI
Rileva Yuen Yuen Ang, che Xi e il vertice del PCC temono gli eventuali risultati negativi derivanti da errate applicazioni delle politiche suggerite, e mettono dunque in guardia «dal fissare obiettivi irrealistici e ricorrere a misure energiche che potrebbero creare problemi lungo la strada». Ma, a loro avviso, sarà comunque necessario serrare il controllo ideologico sul Paese onde evitare che la situazione sfugga dal controllo del Partito, quindi, rafforzare i valori socialisti come dottrina guida unitamente all’educazione al patriottismo, al collettivismo e al socialismo.
Sulla scorta degli assiomi che un tempo furono di Deng Xiao Ping, anche Xi afferma pubblicamente che dovrà continuare a esistere e a prosperare una iniziativa privata (ad esempio come Alibaba e Tencent), ma che questa dovrà contribuire attivamente a sollevare dalla povertà le masse di cinesi che ancora versano in queste condizioni.
L’analista conclude che, ora che Xi ha delineato i parametri generali della politica per la prosperità, spetterà ai funzionari di Partito di livello inferiore appianare le disparità emerse in Cina in questi anni attraverso i loro piani quinquennali, dando così seguito alle priorità indicate da Xi. L’interrogativo è se essi riusciranno a potenziare adeguatamente le infrastrutture industriali, ma anche se saranno in grado e nelle condizioni di implementare le donazioni filantropiche, di frenare il fenomeno della speculazione immobiliare e di incrementare la disponibilità della popolazione cinese di alloggi a prezzi accessibili.