La notizia del giorno è quella dell’offerta del fondo statunitense Kkr per l’acquisizione di Telecom. Si tratta di un fondo di investimenti che con una consistente quota del pacchetto azionario è già presente in una società (la Fibercop controllata da Telecom), che gestisce l’ultimo miglio della rete. Ora, attraverso un’offerta pubblica di acquisto (opa), gli americani vorrebbero acquistare l’intera Telecom, tuttavia, su questa operazione finanziaria sussistono alcuni dubbi. L’argomento è stato affrontato dal professor Mario Baldassarri (economista e già ministro della Repubblica) e da Alessio Falconio (direttore di Radio Radicale) nel corso della consueta trasmissione “Capire per Conoscere”, in onda ogni lunedì mattina sulle frequenze dell’emittente della Lista Marco Pannella.
PRIVATIZZAZIONI E CESSIONI DI ASSETTI STRATEGICI
«Bisogna risalire all’origine – afferma Baldassarri -, quando Telecom venne privatizzata, periodo nel quale si iniziarono a commettere alcuni errori, il primo dei quali fu quello del nocciolino duro, cioè la privatizzazione della società pubblica attraverso la cessione a un gruppo di grandi imprese italiane che detenevano soltanto il 7% del capitale di essa. Era l’epoca nella quale le azioni si “pesavano” e “non si contavano” e, di fatto, fu una privatizzazione che non comportò da parte dei privati la corresponsione del valore effettivo di Telecom».
In seguito, però, emerse il fatto che insieme alla Telecom ai privati erano state cedute anche l’anagrafe tributaria e la Sogein, che dell’ex monopolista di Stato delle telecomunicazioni erano parte. «A quel punto lo Stato dovette trattare con i privati divenuti proprietari di Telecom il riacquisto di questi assetti». Un esempio che evidenzia adeguatamente la strategicità dell’odierna operazione, poiché Telecom controlla la rete nazionale delle telecomunicazioni.
SEPARARE LA RETE DAL RESTO DI TELECOM
«Non soltanto nel caso della telefonia – prosegue l’economista -, ma in tutti quelli che concernono “reti”, come quella ferroviaria o quelle elettrica e del gas, si tratta di monopoli naturali, quindi, o li gestisce direttamente lo Stato, oppure quest’ultimo impone delle regole assolutamente rigide agli eventuali gestori privati al fine di garantire la concorrenza tra i vari operatori sul lato della distribuzione dei prodotti attraverso di essa».
Ecco dunque profilarsi il problema che si pone oggi: cosa ne sarà della rete telefonica fissa italiana qualora KKR riuscisse a ottenere il controllo totale di Telecom? Acquisirà anche la rete oppure si limiterà alla telefonia? Nelle due diverse ipotesi, diversi sono anche i valori da attribuire all’operazione. Ma, senza la rete il fondo di investimenti americano rinverrebbe ancora interesse nell’acquisto di Telecom?
GLI INTERESSI DEGLI AMERICANI
«Stante la situazione attuale – sottolinea Baldassarri – è evidente che l’opa di Kkr fa riferimento a una Telecom che ha “in pancia” anche la rete, anzi, forse oggi il valore più importante della società è costituito proprio da questa».
Un altro aspetto importante della questione è poi quello del personale di Telecom che il fondo americano erediterebbe con l’acquisizione della società e si tratta di decine di migliaia di dipendenti, per altro di livello medio-alto in termini di qualificazione professionale e retribuzioni, un dato da computare al momento di stabilire il prezzo della cessione. E poi va considerato il grado di indebitamento, «perché, quando il controllo della società è passato ai privati questa era gravata da una forte esposizione sul piano debitorio, un gravame che tutti si sono rimpallati via via che mutava la quota di controllo della Telecom. L’offerta del fondo americano oggi fa riferimento a questo».
UN INESORABILE DESTINO
Secondo l’economista ed ex viceministro, «la storia recente insegna che, in occasione dell’acquisizione di grandi imprese manifatturiere italiane da parte di gruppi esteri o da fondi di investimento internazionali, alla fine emergeva che l’interesse principale di questi ultimi era riferito alla clientela delle imprese acquisite, cioè, nella realtà, si mirava al mercato di consumo per poi smantellare, magari dopo qualche tempo, gli impianti di produzione in Italia, si pensi al caso della Whirlpool.
Nel caso della Telecom, oltre al problema dei clienti di Tim, esiste quello di valore enormemente superiore della rete, che è un monopolio naturale, poiché non possono coesistere tre o quattro diverse reti delle telecomunicazioni, così come non potrebbero coesistere tre o quattro linee ferroviarie che colleghino Roma con Milano, mentre avviane che su una stessa rete ferroviaria nazionale transitino treni di società diverse».
AUTORITÀ DI MERCATO E POLITICA
A questo punto le autorità di mercato a la politica vengono chiamate a svolgere il loro ruolo alla luce dell’importanza della rete.
«Formalmente Cassa depositi e prestiti è fuori dal perimetro pubblico – prosegue Baldassarri -, tuttavia, di fatto raccoglie il risparmio postale di piccoli risparmiatori italiani e i vertici di Cdp vengono sostanzialmente nominati dal governo» (Cdp possiede una quota di azioni di Tim, n.d.r.).
«Il Presidente del Consiglio Mario Draghi – ha comunque sottolineato Baldassarri – è certamente in possesso di tutti gli strumenti tecnici e conoscitivi per poter affrontare con chiarezza questo argomento».
I RINCARI DELLE MATERIE PRIME ENERGETICHE
Nel corso della trasmissione radiofonica si è parlato anche di energia e di “caro tariffe”, anche perché alla camera dei Deputati era in corso la seduta di conversione del decreto “recante misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale.
«All’origine di questo fenomeno – ha spiegato l’economista – risiede un aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, che è una dinamica esterna a quella dell’economia italiana ed europea e che va ricondotto prevalentemente a chi controlla l’erogazione dei flussi di gas, in particolare la Russia. Però, sul “caro bollette” non poco incide l’azione dello Stato, che impone una tassazione pari a due terzi della tariffa complessiva al consumatore finale, balzelli ai quali vanno poi aggiunti i “costi di distribuzione e gli oneri di sistema”, gravami che vengono resi possibili dalla situazione di oligopolio sulla rete in atto».
BOLLETTE BIZANTINE
I cosiddetti «oneri di sistema» altro non sono se non parte dei costi degli incentivi concessi alle imprese del settore delle energie rinnovabili (eolico, solare, eccetera) addebitati direttamente in bolletta agli utenti, bolletta dove l’Iva (imposta sul valore aggiunto) viene calcolata persino sulle stesse accise imposte. Si tratta di aumenti imponenti che incidono sulle attività delle famiglie e delle imprese piccole e medie.