Contropropaganda? Disinformacija? Desiderio di affermazione di «una» verità? Chi può dirlo con certezza in questo turbolento scenario perennemente oscurato dalla «nebbia di guerra», quella «fog of hybrid war» che vede inevitabilmente protagonista il sistema mediatico inteso nel suo complesso. Ebbene, sull’articolo «Carri armati e migranti: la morsa di Putin sull’Europa», pubblicato da “La Repubblica” lo scorso 14 novembre, riportiamo di seguito la risposta inviata ieri al direttore del quotidiano romano Maurizio Molinari (che di quell’editoriale è l’autore) dalla portavoce del Ministero degli Affari esteri della Federazione Russa, dottoressa Maria Zakharova.
di Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Affati esteri della Federazione Russa – Ho letto con entusiasmo il Suo articolo, dottor Maurizio Molinari, su Repubblica. Era da molto tempo che non vedevo un’assurdità così deliziosa. Capisco perché nessuno della Sua redazione lo abbia firmato e Lei si sia assunto in prima persona la responsabilità di questa vergognosa missione. Nessun giornalista che si rispetti vorrebbe il suo nome sotto il titolo «Carri armati e migranti: la morsa di Putin sull’Europa».
ANDIAMO PER ORDINE …LA «PICCATA» RISPOSTA DI MOSCA
Andiamo per ordine. L’articolo dice: «…abbiamo visto l’arrivo di unità militari russe al confine con l’Ucraina: stiamo parlando di almeno 90.000 uomini con relativi mezzi blindati ed artiglieria… l’esercito ha stabilito una base a Yelnya, 260 chilometri a nord del confine ucraino».
Probabilmente, dottor Molinari, Lei ha ascoltato le affermazioni statunitensi secondo cui la Russia starebbe concentrando truppe al confine con l’Ucraina, ma non ha letto il comunicato ufficiale del Ministero della difesa ucraino, che smentisce le fobie statunitensi. Lei per definizione chiaramente ignora la posizione di Mosca. E perché dovrebbe, quando può scrivere della «creazione di una base con mezzi blindati ed artiglieria a Yelnya» senza alcun fact-checking. Non c’è nessuna base. Nel nostro Paese non esistono affatto basi militari. Esiste la dislocazione di unità delle forze armate russe sul nostro territorio nazionale. E questo è assolutamente un nostro diritto sovrano, che non viola gli impegni internazionali assunti e appartiene, come, tra gli altri, ama dire la NATO, alle «attività di routine».
CARRI ARMATI AL CONFINE
Ma il Suo sproloquio sulla realtà russa non finisce qui. Lei scrive che Yelnya si trova a 260 chilometri dal confine ucraino. E dunque i nostri carri armati sono sul confine o a 260 chilometri da esso?
Se il direttore di Repubblica ha un’idea confusa di dove sia Yelnya (anche se non lo credo, visto che le ha dedicato un intero articolo) forse sarà più informato sulla collocazione della Svizzera tra Francia e Italia. E la distanza è addirittura inferiore ai 260 chilometri. Ma non è che domani la Repubblica scriverà che Berna è a un passo dall’attaccare Italia e Francia contemporaneamente, visto che tutte le truppe svizzere sono più vicine ai confini di questi Paesi di quanto non sia Yelnya all’Ucraina?
Il difetto di tale logica non sembra ovvio ai lettori del Suo giornale Repubblica? Quello che Lei si permette di fare non è consentito a un giornalista perbene.
«… Nel 2014 la Russia intervenne dopo la sconfitta nelle presidenziali ucraine del candidato da lei sostenuto…. Ora la minaccia di invasione punta a tenere sotto scacco il nuovo presidente ucraino Volodymyr Zelensky», prosegue l’articolo.
LA «RIVOLUZIONE ARANCIONE»
E chi sarebbe il “candidato della Russia” che avrebbe perso le elezioni nel 2014? Si riferisce a Yanukovych? Candidato non della Russia, ma delle regioni sud-orientali dell’Ucraina. E non ha perso, ha vinto, e non nel 2014, ma nel 2010. Inoltre, aveva vinto le elezioni precedenti, nel 2004. Ma per impedirgli di andare al potere allora, l’opposizione ucraina, sostenuta dai protettori occidentali, ha escogitato una procedura inconcepibile, una parodia della democrazia – un “terzo turno” di elezioni, e ha fomentato una “rivoluzione arancione”, trascinando Victor Yushchenko alla presidenza dell’Ucraina.
E nel 2010 Viktor Yanukovych ha vinto di nuovo, con un ampio sostegno dalle regioni del sud-est dell’Ucraina, ma l’Occidente non ha avuto alcuna possibilità di ribaltare di nuovo la scelta del popolo ucraino. Gli USA e l’UE hanno deciso di rimandare il putsch a un momento più favorevole. Momento che si è presentato nel 2013, quando Viktor Yanukovych è diventato improvvisamente immeritevole, rimandando la firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea.
Nel giro di un paio di mesi, in Ucraina si è tenuta un’altra “Maidan” sotto la guida degli Stati Uniti, con la sottosegretaria di Stato americano Nuland che distribuiva soldi, panini e promesse di sostegno incondizionato ai “rivoluzionari”. E nel 2014, caro Direttore, Viktor Yanukovych non si è candidato. Ha lasciato l’Ucraina perché se fosse rimasto lì, sarebbe stato ucciso dai radicali ucraini che hanno sparato, picchiato a morte e bruciato centinaia di loro connazionali.
SOVRANITÀ DI KIEV
La Sua non conoscenza della sostanza della questione è sorprendente. Anche se mi è piaciuta molto l’espressione «tenerlo sotto scacco», che Lei usa in riferimento alla politica russa in Ucraina e personalmente a Vladimir Zelensky. Prima di tutto è un’espressione bellissima. In secondo luogo, non mi pare che gli scacchi siano vietati, vero? O solo se i russi non vincono?
L’unico problema è che in Ucraina ora non c’è un re, infatti i pedoni possono trasformarsi solo in regine. La politica della Russia nei confronti della sovranità dell’Ucraina fin dalla sua indipendenza ha avuto come unico obiettivo la costruzione di relazioni di buon vicinato. Quello che è successo nel 2014 in Crimea è qualcosa che spieghiamo di continuo, ma che in Occidente viene costantemente ignorato. Ogni tentativo di esporre i fatti si scontra con “articoli”, simili al Suo, che distorcono la percezione della realtà.
Ma lo ripeterò ancora una volta. Nel 2014, dopo il colpo di stato incostituzionale in Ucraina, ennesimo risultato dell’ingerenza occidentale negli affari di uno stato sovrano, il popolo che vive in Crimea ha fatto la sua scelta storica, è sfuggito al dilagante estremismo nazionalista e illegale tenendo un referendum che in precedenza aveva molte volte cercato di organizzare, ma che gli era sempre stato vietato.
UCRAINA E KOSOVO: DUE CASI A CONFRONTO
La prossima volta che sulle pagine del Suo giornale apparirà qualcosa sulla «volontà illegittima del popolo di Crimea», siate così gentili da ricordare ai lettori che in Kosovo non c’è stato assolutamente alcun referendum, ma i Paesi occidentali, compresa l’Italia, ne hanno riconosciuto la “sovranità”. E questo nonostante la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che indica esplicitamente l’integrità territoriale della Serbia, intendendo il Kosovo come parte di essa.
Veniamo ora ai migranti: «Putin crea parallelamente un’altra situazione di crisi sostenendo il dittatore bielorusso Alexander Lukashenko nella decisione di far arrivare migliaia di migranti da Asia e Medio Oriente fino alla frontiera polacca per creare un nuovo, esplosivo, fronte di attrito con l’Unione europea».
PUTIN E LUKASHENKO
Signor Molinari, pare che Lei abbia letto molti “rapporti dal campo” polacchi, visto che ripete come un mantra tutte queste infinite accuse contro Alexander Lukashenko e per qualche motivo contro il presidente russo per aver «creato un esplosivo fronte di attrito» e una «situazione di crisi». Ma dice sul serio?
Viene voglia di rimandarla al sito del Ministero dell’Interno italiano, in particolare alla sezione “Statistiche dell’immigrazione”. Bene, questo meraviglioso sito web italiano è stato recentemente aggiornato e scrive nero su bianco che il numero di migranti che vengono maltrattati attraverso il confine dalle forze dell’ordine polacche non è niente in confronto al numero di clandestini dall’Africa lasciati entrare nell’Unione europea attraverso il suo territorio dalla sola Italia. In soli tre giorni di novembre: più di duemila persone. Dall’inizio dell’anno, quasi 60.000 (e molti di loro attraverso la Libia devastata dall’occidente, di cui parleremo in seguito). Gli attuali eventi sul Bug sono solo una vivida immagine (che però dimostra chiaramente fino a che livello di disumanità possono arrivare le guardie di frontiera di uno stato membro dell’Unione europea).
Ora la domanda è: quando Repubblica scriverà che gli Stati Uniti e i paesi della NATO hanno “creato un esplosivo fronte di attrito e una situazione di crisi in Europa” con le loro azioni folli?
CAUSE DELLA CRISI
Bruxelles dovrebbe cercare le vere cause della crisi migratoria dell’Unione europea nelle vecchie dichiarazioni dei leader della coalizione anti-Iraq, anti-Libia, dei capi di stato e di governo di quei paesi che hanno istigato la “primavera araba” e per venti anni in Afghanistan hanno fatto non si sa cosa.
L’articolo prosegue così: «È interessante come tutto ciò coincida con l’imminente inaugurazione del Nord Stream 2, che aumenterà la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas russo, e con l’ostilità di Mosca a raggiungere accordi sul clima…»
Qualche parola sul gas, sulla «dipendenza dell’Europa» e sull’ecologia, visto che ha deciso di mettere insieme più o meno tutti i temi all’ordine del giorno (in quello che chiama “editoriale”). L’Italia da sola riceve fino a venti miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia. Mosca non ha mai tradito o ingannato Roma sulle consegne di gas. Come può in coscienza un giornalista italiano parlare con un tono così becero dei fornitori russi di idrocarburi?
GAS RUSSO E DIPENDENZA ENERGETICA EUROPEA
Lei personalmente, dottor Molinari, non ama il gas russo? Molto bene. Ho una grande idea: Maurizio per protesta riscaldi la sua casa con copie de “La Repubblica”. Chi Le dà il diritto di insultare il nostro Paese con calunnie nauseanti? È alla ricerca dello scoop? Ho una super esclusiva per Lei. Pubblichi una frase di verità sul Suo giornale: «Non c’è fornitore di gas all’Europa più affidabile della Russia».
Ora parliamo della «dipendenza», una parola di cui chiaramente non capisce il significato. La vita di tutti noi dipende da un numero enorme di cose, senza le quali cesseremmo di esistere: acqua, sole, ossigeno, eccetera. Questo La fa impazzire?
Per quanto riguarda il gas russo, la situazione è molto più certa dei terremoti in Sicilia o dell’acqua alta a Venezia : il gas c’è, c’era e ci sarà. La smetta di confondere i lettori e di farsi prendere dal panico. Gioisca per ogni nuovo giorno, anche se tutto in questo mondo è interdipendente: le persone dipendono l’una dall’altra, la vita dipende dal sole, le piante dall’acqua.
LA POLITICA AMBIENTALE DI PUTIN
Fondamentalmente non ha senso commentare i Suoi giudizi sulle politiche ambientali della Russia: le nostre priorità in questo settore (molto avanzate anche per gli standard europei) sono state enunciate dal presidente russo nell’ambito degli eventi multilaterali ad alto livello conclusisi di recente.
Per favore, dottor Molinari, quando si occupa dell’agenda russa, segua almeno le dichiarazioni che vengono fatte nel Suo Paese. Nel suo videomessaggio al vertice del G20 (tenutosi a Roma, Maurizio!) il presidente Putin ha detto senza mezzi termini: «La Russia sta sviluppando a ritmo spedito il settore energetico a basso contenuto di carbonio. Oggi, la quota di energia proveniente da fonti praticamente senza carbonio (e questo include, come sappiamo, il nucleare, l’energia idroelettrica, l’eolico e il solare) supera il 40% e, se aggiungiamo il gas naturale (il combustibile a più basso contenuto di carbonio tra gli idrocarburi) la quota raggiunge l’86%. Questo è uno dei migliori indicatori del mondo. Secondo gli esperti internazionali, la Russia è tra i leader nel processo di decarbonizzazione globale».
INGERENZE RUSSE IN LIBIA
E infine la Libia: «Nella tela europea del presidente Putin c’è anche la Turchia… soprattutto per la convergenza di interessi in Libia nel riuscire a scongiurare le elezioni in programma il 24 dicembre per eleggere un governo».
Qui Le voglio ricordare che la firma del rappresentante russo si trova sotto il documento finale della seconda Conferenza di Berlino sulla Libia, e la Russia è una di quelle (poche, a dire il vero) parti che, anche nelle attuali difficili circostanze, hanno promosso la normalizzazione e il dialogo politico nel Paese distrutto dall’Occidente. La Russia ha partecipato ad alto livello (ministro degli esteri Lavrov) alla recente conferenza internazionale sulla Libia a Parigi, e ha concordato la dichiarazione finale. Il ministro ha sottolineato più volte, anche durante discorsi pubblici, che la cosa principale ora è rispettare il calendario che i libici stessi hanno concordato un anno fa, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento delle elezioni generali, sia presidenziali che parlamentari.
Lo vede, spero, che questo contraddica completamente quello che Lei scrive?
LA SFIDA IBRIDA LANCIATA ALL’EUROPA DAL CREMLINO
Se vogliamo parlare della tela in cui l’Europa è caduta, dovrebbe ricordare come l’Occidente abbia alterato la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla Libia. Le ricordo che nel 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva dichiarato una no-fly zone sulla Libia, che è stata utilizzata da alcuni paesi della NATO non per proteggere i civili, ma per bombardarli, con la conseguente distruzione dello stato libico, il barbaro assassinio di Gheddafi e la pluriennale crisi migratoria in Europa, di cui l’Italia è prima vittima. Non lo sa?
Mi contatti, sarò sempre disponibile a raccontarLe molte cose interessanti, compreso a quale link corrisponde il sito dell’ONU.
A parte mi soffermo su qualcosa che non balza agli occhi a prima vista. Lei pone la domanda «come reagirà l’Unione europea di Macron, Scholz e Draghi alla sfida ibrida russa in pieno svolgimento». La risposta è breve: in nessun modo. Non reagiranno in alcun modo, perché non c’è «nessuna sfida ibrida russa». È un’invenzione, come tutto il Suo articolo. La smetta di alimentare questo mito per entrare nelle grazie di politici russofobi. Rispetti i Suoi lettori. Gli italiani non meritano bugie così sfacciate.