di Sergio D’Elia, pubblicato dal quotidiano “Il Riformista” il 5 novembre 2021 – I Paesi che hanno deciso di passare dalla sedia elettrica, l’impiccagione o la fucilazione alla iniezione letale come metodo di esecuzione, hanno presentato questa “riforma” come una conquista di civiltà e un modo più umano e indolore per giustiziare i condannati a morte. La realtà è diversa.
Alcuni prigionieri ci mettono molti minuti prima di morire. Altri cadono in preda all’angoscia. Anche se l’iniezione letale è somministrata senza errori tecnici, i giustiziati avvertono un senso di asfissia come se stessero per annegare o morire strozzati. L’idea convenzionale dell’iniezione letale come una morte serena e indolore è molto discutibile.
L’ESECUZIONE DI JOHN GRANT
John Grant era nero ed era stato condannato a morte per l’omicidio di un bianco, Gay Carter, un addetto alla caffetteria della prigione.
È stato giustiziato con un’iniezione letale nello Stato americano dell’Oklahoma il 28 ottobre scorso. Testimoni dei media dell’esecuzione hanno riferito che Grant ha avuto ripetute convulsioni e ha vomitato per quasi quindici minuti dopo che gli è stato somministrato il farmaco mortale. È stato il primo detenuto a essere messo a morte da quando una serie di esecuzioni fallite aveva portato a una moratoria temporanea sulla pena capitale nello Stato.
UN FARMACO GLI ERA STATO INIETTATO…
Nell’aprile 2014, un altro nero, Clayton Lockett era rimasto con la bocca aperta e in convulsione per quarantatré minuti prima di morire. Un «farmaco» gli era stato iniettato nel tessuto muscolare invece che nel flusso sanguigno. Con Lockett che si contorceva, l’esecuzione fu annullata ma era ormai troppo tardi, morì sulla barella in una pozza di sangue. Nel gennaio 2015, per uccidere Charles Warner l’Amministrazione Penitenziaria ha usato consapevolmente un farmaco diverso da quello previsto: l’acetato di potassio al posto del cloruro di potassio come terzo farmaco nel protocollo di iniezione letale dello Stato. «Sembra acido… Il mio corpo è in fiamme», l’hanno sentito dire alcuni testimoni presenti alla sua esecuzione.
LA BREVE MORATORIA
L’Oklahoma aveva poi bloccato le esecuzioni nel settembre 2015, quando l’allora governatore Mary Fallin all’ultimo minuto ha annullato quella di Richard Glossip dopo aver saputo che il farmaco sbagliato stava per essere usato di nuovo.
Ma la moratoria di fatto è durata solo sei anni, fino alla settimana scorsa, quando John Grant, sessanta anni, è stato messo in croce sul lettino dell’iniezione letale. L’Oklahoma Department of Corrections ha detto che l’esecuzione di Grant è andata come previsto e “senza complicazioni”. Il condannato ha vomitato e ha avuto convulsioni in tutto il corpo due dozzine di volte prima di essere dichiarato morto, hanno detto invece i testimoni sulla scena del delitto di stato.
MIDAZOLAM
Gli avvocati di Grant hanno sostenuto che l’uso del sedativo, il midazolam, identificato come un potenziale fattore in una serie di esecuzioni fallite in Oklahoma, costituiva una punizione “crudele e inusuale”, formula che nell’esecuzione penale identifica i casi di violazione dei diritti costituzionali dei condannati a morte. Una Corte d’appello federale aveva sospeso l’esecuzione di Grant per le preoccupazioni sul cocktail di droga usato per mettere a morte i detenuti nello stato del Midwest, ma la Corte Suprema, divenuta a maggioranza conservatrice dopo le nomine di giudici decisi da Donald Trump, ha revocato la sospensione dell’ultimo minuto e ha permesso che l’esecuzione continuasse con solo i tre giudici liberali che si sono opposti.
IL CASO OKLAHOMA
Il crudele e fallimentare protocollo dell’iniezione letale dell’Oklahoma doveva andare sotto processo nel febbraio 2022. Invece, la fretta di uccidere ha annullato la decisione della Corte d’appello e, con la vita di Grant, rischia anche di uccidere le speranze degli altri prigionieri del braccio della morte che hanno sfidato il protocollo di esecuzione dell’Oklahoma. Il dipartimento di correzione ha affermato che l’Oklahoma continuerà a utilizzare il protocollo che si è dimostrato “umano ed efficace” e che non intendeva modificare le procedure di esecuzione a seguito dell’esecuzione di Grant.
Un altro condannato a morte, Julius Jones, un afroamericano di 41 anni, dovrebbe essere giustiziato il 18 novembre per l’omicidio di un uomo d’affari bianco. Grant si è assunto la piena responsabilità dell’omicidio di cui è stato accusato e ha trascorso i suoi anni nel braccio della morte cercando di capire ed espiare le sue azioni. Jones ha invece costantemente proclamato la sua innocenza di cui sono convinti anche celebrità come Kim Kardashian e il quarterback dei Cleveland Browns Baker Mayfield. Ma la fretta di uccidere non fa distinzioni tra colpevoli e innocenti. Tanto il modo di uccidere è dolce e indolore. Umano, troppo umano.
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