È un luogo altamente simbolico l’edificio di via Piangipane 81 che oggi ospita il Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah (MEIS), nella stupenda città emiliana sul fiume Po. Esso fu infatti un carcere fino alla metà degli anni Novanta, una galera che ospitò, tra gli altri, Giorgio Bassani, rinchiusovi durante il periodo fascista in quanto socialista e oppositore del regime. Proprio lui, quel Bassani che descrisse così bene quella sua città e la comunità ebraica che ci viveva. Chi non ricorda opere come “Il giardino dei Finzi Contini” od “Occhiali d’oro”, uno spaccato non soltanto della società del tempo, ma anche della borghesia ebraica di allora.
DUEMILA ANNI DI EBREI IN ITALIA
Ebbene, la mostra «Oltre il ghetto, dentro&fuori» allestita presso il MEIS è anche questo, ma ovviamente non solo, poiché attraverso la sua articolata esposizione attraversa duemila anni di storia e di vita degli ebrei in Italia, qualcosa di indissolubilmente unito a questo Paese, nel bene e nel male, nel progresso e nella tragedia. La mostra – curata da Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel e allestita dallo Studio GTRF Giovanni Tortelli Roberto Frassoni – ripercorre infatti la storia degli ebrei italiani nel periodo che va dal confinamento all’interno dei ghetti (con l’istituzione del primo, a Venezia, nel 1516) all’inizio del Novecento.
UN TERZO FONDAMENTALE TASSELLO
«Quello che si inaugura – spiega il presidente del MEIS, Dario Disegni – è il terzo fondamentale tassello concepito dal MEIS, dedicato alla millenaria esperienza ebraica in Italia: nel dicembre del 2017 è stata infatti inaugurata ‘Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni’, curata da Anna Foa, Daniele Jalla e Giancarlo Lacerenza con prestiti provenienti dai più prestigiosi musei, archeologici e non solo, di tutto il mondo e nel 2019 è stata allestita “Il Rinascimento parla ebraico”, a cura di Giulio Busi e Silvana Greco, all’interno della quale spiccavano opere firmate da Mantegna e Carpaccio. Due mostre temporanee di grande successo, ora condensate nel percorso permanente “Ebrei, una storia italiana”, che si arricchirà ulteriormente al termine di “Oltre il ghetto. Dentro&Fuori”. Un viaggio nel tempo reso possibile grazie ai musei, alle collezioni private e ai cimeli di famiglia che vengono prestati anno dopo anno al Museo e che esposti assieme raccontano più di duemila anni di storia».
IL GHETTO: SIMBOLO DI SEGREGAZIONE, MA DALLE «SIMBOLICHE FINESTRE»
«Il ghetto italiano – afferma il direttore del museo, Amedeo Rav Spagnoletto –, serraglio entro cui si è consumata una lunga e dura segregazione ha rappresentato per quasi tre secoli uno spazio angusto e ombroso ma pur sempre corredato di simboliche finestre ora più ora meno aperte verso il mondo esterno, una relazione continua fra il “dentro” e il “fuori”. Un filtro culturale e fisico che ha plasmato la vita ebraica a 360 gradi, agendo in profondità, dalla sfera sociale a quella familiare, modellando il lessico, rendendo più resistenti che altrove aspetti della vita religiosa, ma anche soffocando l’energia che in condizioni di libertà sarebbe fiorita più vigorosa in tante discipline. Questa mostra ci narra le letture complesse che di tale esperienza si possono offrire. I delicati rapporti fra le comunità ebraiche e il governo locale, ma anche le storie familiari, gli aneddoti e le tradizioni regionali, i fermenti culturali e artistici, che, nonostante tutto, sono pure fioriti in quella dimensione tanto ristretta».
La mostra “Oltre al ghetto. Dentro&Fuori” si potrà visitare fino al 15 maggio del 2022.
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista rilasciata sull’evento a insidertrend.it da Amedeo Rav Spagnoletto, direttore del, Museo nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara (A386)