CAUCASO, instabilità. Incremento della tensione tra Azerbaigian e Iran: le forze armate dei due paesi si fronteggiano sul fiume Araz

Negli ultimi giorni il duro confronto ha conosciuto una escalation culminata con l’ammassamento di truppe e armamenti pesanti sulla comune frontiera. Per Teheran si tratta di «una esercitazione», tuttavia, non pochi testimoni oculari riferiscono del notevole rischieramento delle unità militari della Repubblica Islamica. Ma a gli ayatollah temono la «quinta colonna» azera

Risale al 30 settembre scorso l’ammissione da parte di Teheran che le «esercitazioni militari» sono state avviate nella regione nordoccidentale della Repubblica Islamica, abitata dalla consistente minoranza azera, pari a circa un terzo della popolazione complessiva dell’Iran. Citando una dichiarazione resa in precedenza dal brigadier generale dell’esercito iraniano Kioumars Heydari, l’agenzia Fars aveva reso noto come a venire rischierate per le operazioni sarebbero state unità corazzate appoggiate da droni ed elicotteri d’attacco, mentre nel corso delle medesime manovre sarebbero stati testate apparecchiature radar e sistemi elettronici. Seppure in quell’occasione il generale Heydari non abbia specificato con precisione in quale settore della citata regione avranno luogo le manovre, tuttavia, è facile comprendere come si possa trattare della zona immediatamente a ridosso della lunga linea di frontiera con Azerbaigian, Armenia, Turchia e Iraq.

ALLARME A BAKU

Lo stesso presidente azero Ilham Aliyev ha espresso preoccupazioni riguardo all’ammassamento di forze iraniano alla frontiera con il suo paese, un fatto – ha egli commentato – «che si verifica per la prima volta dalla caduta dell’Unione sovietica». Dal canto suo, Teheran aveva immediatamente replicato per bocca di Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministero degli esteri, eccependo che quella esercitazione altro non era se non una contromossa nei confronti di Israele, che «è presente in Azerbaigian». In effetti, lo Stato ebraico negli ultimi anni ha sostenuto l’Azerbaigian, paese dal quale importa notevoli quote di petrolio, fornendo a Baku i sistemi d’arma che hanno consentito a quest’ultima il ribaltamento a suo favore della preesistente situazione in campo militare, contribuendo a far vincere a Baku la guerra contro l’Armenia.

Quella interessata da quest’ultima dinamica di natura militare è una regione di particolare importanza, poiché è attraversata dalla principale arteria viaria che pone in collegamento la Repubblica Islamica con l’Armenia, percorsa quotidianamente da automezzi che vi trasportano carburanti e altre merci. Una strada di essenziale importanza dunque, rimasta praticabile malgrado tutto, ma sulla quale nelle ultime settimane le autorità di Baku hanno effettuato alcuni arresti di camionisti iraniani, fatto che ha elevato il  livello di tensione tra i due paesi.

VENTI DI GUERRA SUL FIUME ARAZ

Si tratta di un territorio che fino al ritiro delle truppe di Erevan, seguito alle sconfitta subita l’anno scorso sul campo di battaglia del Nagorno-Karabakh dopo un mese e mezzo di guerra con gli azeri, ora si trova sotto il controllo degli azeri, Azeri che, il 12 settembre scorso avevano avviato una serie di loro esercitazioni militari congiunte con le forze armate di Turchia e Pakistan in un’area addestrativa situata a cinquecento chilometri di distanza dal confine iraniano, l’esercitazione Three Brothers 2021, durata otto giorni.

L’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna ha poi reso noto che mercoledì l’ambasciatore plenipotenziario di Teheran a Erevan ha incontrato Il vice primo ministro armeno Suren Papikyan: siamo dunque di fronte a qualcosa di più di una situazione di forte tensione sulla frontiera dell’Araz? Le grandi manovre iraniane sono soltanto una risposta all’esercitazione congiunta Three Brothers 2021 (in realtà le due attività hanno avuto luogo praticamente in simultanea) oppure Teheran si prepara a un conflitto con Baku?

Purtroppo – almeno stando alle analisi elaborate da alcuni esperti – forse è così, poiché quella in atto nell’Iran nordoccidentale risulta essere il maggiore rischieramento di truppe mai avvenuto dai tempi della guerra contro l’Iraq di Saddam, combattuta negli anni Ottanta. Ma stavolta – affermano quegli stessi analisti – verrebbe scatenata in funzione di prevenzione di un eventuale attacco azero a una provincia armena, magari al fianco delle forze di Erevan, nel quadro di una dinamica che Teheran considererebbe un’intollerabile stravolgimento degli equilibri nella regione.

SI RIDEFINISCONO GLI EQUILIBRI GEOPOLITICI   

Durante la guerra tra Armenia e Azerbaigian del 2020, Teheran ha accusato Ankara e Baku di impiegare gruppi jihadisti siriani al confine con la repubblica Islamica allo scopo di destabilizzare la regione. Inoltre, nel corso degli ultimi mesi gli iraniani hanno ripetutamente lamentato la chiusura della citata via di transito verso l’Armenia da parte di Baku.

In questo pericoloso gioco di frontiera non va poi sottovalutato un altro importante elemento, quello costituito dalla componente etnica azera della repubblica Islamica dell’Iran. Infatti, sebbene durante l’ultimo conflitto nel Nagorno-Karabakh gli ayatollah, pressati dalla consistente minoranza azera presente sul proprio territorio, abbiano espresso sostegno all’Azerbaigian, va tuttavia considerato che Teheran ha però sostenuto Erevan sino dagli anni Novanta.

Nel Caucaso, come altrove nel più ampio scacchiere eurasiatico, è in atto un confronto senza esclusione di colpi per la ridefinizione degli equilibri e delle influenze che vede coinvolte grandi potenze e medie potenze regionali, con Qatar, Turchia, Pakistan e Azerbaigian intenzionate a colmare il vuoto politico lasciato aperto in Medio Oriente e Asia centrale dal disimpegno statunitense a spese di Iran, India e Russia.

LA «QUINTA COLONNA» CHE PREOCCUPA TEHERAN   

Ed ecco allora come potrebbe assumere particolare importanza la possibile determinante influenza esercitata dalla «quinta colonna» assai temuta dagli strateghi di Teheran. Infatti, la popolazione di etnia azera che popola il lato iraniano oltre la sponda del fiume Araz potrebbe venire coinvolta in un futuro conflitto. Essa, durante la guerra per il Nagorno-Karabakh si dimostrò attiva nel sostenere l’offensiva di Baku, impedendo, tra l’altro, l’ingresso in Armania delle forniture militari russe trasportate tramite l’impiego di convogli di automezzi iraniani.

Una minoranza già scontenta per la posizione assunta dalla Repubblica Islamica nei confronti dell’Azerbaigian, sulla quale da tempo hanno protestato chiedendo a Teheran un radicale mutamento di linea politica allo specifico riguardo. Una esplosione della protesta degli azeri iraniani potrebbe avere luogo in concomitanza con altri eventi potenzialmente destabilizzanti per la Repubblica Islamica, quali la precarietà generale registrata nel Paese a causa della situazione economica e politica, con un sentimento di insoddisfazione che permea larghe fasce della società che si sommerebbe ai disagi per un’eventuale stress idrico e per le carenze nell’erogazione di energia elettrica.

INSTABILITÀ ENDOGENA E INDOTTA: LE CREPE NELLA REPUBBLICA ISLAMICA

Proteste come quelle esplose nel Khuzestan (popolato da numerosi arabi), propagatesi in seguito da Ahvaz a Tabriz, nel nord popolato da azeri, senza mancare comunque di interessare la stessa capitale Teheran. Si tratta di un nervo molto sensibile per il sistema di potere iraniano, poiché gli effetti del variegato malcontento potrebbero cumularsi in un’unica potente e sinergica sollevazione.

Se poi a tutto ciò si aggiunge che Azerbaigian e Israele sono in trattative per una cessione di materiali d’armamento per un valore pari a due miliardi di dollari e che Baku ha recentemente inaugurato un proprio ufficio di rappresentanza commerciale con status diplomatico a Tel Aviv, si comprende bene come i vertici religiosi, politici e militari della Repubblica Islamica iraniana di questi tempi non dormano sonni tranquilli.

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