a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’esercito italiano e attualmente membro della NATO Defence College Foundation – Dopo aver «digerito» e iniziato a far «scivolare in secondo piano» la disfatta in Afghanistan, prima politico diplomatica e poi anche militare, e nonostante le distrazioni elettorali di questi giorni, il continuo massiccio arrivo di immigrati clandestini via mare nel sud Italia porta ad aprire nuovamente gli occhi verso il Mediterraneo e porre attenzione al problema Libia.
ASPETTANDO LE ELEZIONI
Infatti, a circa un anno da uno storico cessate il fuoco, il Paese nordafricano dilaniato dalla guerra si starebbe preparando per le elezioni, tuttavia, la controversia in atto sulla legge elettorale costituisce una nuova minaccia al processo di pace guidato dalle Nazioni Unite. Il parlamento libico riconosciuto a livello internazionale, la Camera dei Rappresentanti libica (Hor), ha da pochi giorni approvato una legge elettorale di tipo presidenziale per le elezioni di dicembre ed è in procinto di finalizzare la legge elettorale per le elezioni parlamentari. In contrasto con tale approvazione, l’Alto Consiglio di Stato, ha lamentato che la legge elettorale presidenziale è stata adottata senza consultare i propri membri.
Si può ora certamente discutere, se quanto previsto dalla legge elettorale per le elezioni presidenziali sia in linea con l’Accordo politico libico, ma restando rigorosi alle tempistiche definite, se si vogliono avere le elezioni il 24 dicembre di quest’anno, non c’è altra opzione realistica che andare avanti con questa legge. Importante è subito rilevare che se le elezioni non si svolgeranno a dicembre e se non ci sarà nemmeno un’altra data fissa e concordata per le stesse, molti nel mondo potrebbero perdere la fiducia nel percorso politico e nell’unità della Libia, questo avrebbe conseguenze disastrose per il paese.
BRACCIO DI FERRO TRA LE FAZIONI
Dopo l’approvazione di fine settembre è continuato il braccio di ferro tra le diverse e divise istituzioni in Libia. La Camera dei rappresentanti ha approvato una mozione di sfiducia contro il governo di unità nazionale del primo ministro ad interim Abdel Hamid Dbeibah (89 deputati su 113 presenti in aula hanno votato per ritirare l’appoggio all’esecutivo). La Camera dei rappresentanti formalmente ha 200 seggi ma al momento è spaccata anche fisicamente fra Tobruk e Tripoli ed è controverso quanti siano i deputati che realmente possono votare. È comunque opinione condivisa degli esperti della Libia che 120-130 partecipanti forniscano una maggioranza credibilmente qualificata. La fiducia parlamentare, nell’assemblea monocamerale libica, si ottiene con una maggioranza semplice del quorum, anch’esso controverso e indicato ad esempio in 86 votanti (metà più uno del totale dei membri realmente esistenti).
VERSO LO STALLO ISTITUZIONALE
La sfiducia è arrivata due settimane dopo l’approvazione della prima già citata e controversa legge elettorale che, secondo alcuni, favorirebbe il generale Khalifa Haftar (signore della guerra dell’est libico). In queste ore il ministro degli esteri francese Le Drian ha fatto sapere che la Francia ha preso azione per sanare le cose e ospiterà una ulteriore conferenza internazionale sulla Libia il 12 novembre (una prosecuzione di quanto già fatto a Berlino negli scorsi anni).
Comunque, l’Alto consiglio di Stato libico si è affrettato a dichiarare nullo il voto e respingere il ritiro della fiducia al governo di unità nazionale da parte della Camera dei Rappresentanti di Tobruk. Quanto precede lascia prevedere uno stallo istituzionale anche se si era a fatica raggiunto un accordo politico e si sta nuovamente precludendo ogni svolta sia in meglio sia in peggio. Come indicato il parlamento ha approvato una legge solo per le elezioni presidenziali ma non ancora per le elezioni parlamentari, previste per lo stesso giorno.
LE PREOCCUPAZIONI DI DBEIBAH
Recentemente, il capo di governo provvisorio Dbeibah aveva persino espresso preoccupazione per il fatto che il paese potrebbe non essere ancora pronto per le elezioni. Vale la pena notare che il piano delle Nazioni unite esclude tecnicamente Dbeibah dalla corsa per la presidenza. Tuttavia, parrebbe che, anche in Europa oltre che nella Libia stessa, non si ci si opporrebbe in molti alla sua candidatura. Poiché la legge sulle elezioni presidenziali prevede che i dipendenti statali debbano sospendere i loro incarichi tre mesi prima della data delle elezioni, Dbeibah dovrebbe dimettersi subito per presentare la candidatura.
Questo è molto probabilmente anche il motivo per cui il presidente del Parlamento Aguila Saleh si è già dimesso dal suo incarico dopo aver ratificato la legge sulle elezioni presidenziali all’inizio di questa settimana. Aguila Saleh era inizialmente non eleggibile, ma è stato cancellato da tale gruppo di esclusi, con tacito assenso di UE e ONU, per consentire il proseguimento del processo di transizione.
RITORNA SAIF?
Anche Haftar non è in tale lista nera. Infatti, l’uomo forte dell’est, tristemente noto per essere stato responsabile dell’inizio dell’ultimo episodio di guerra nel 2019, si è dimesso questa settimana dalla carica di capo delle forze armate arabe libiche, un segnale della sua possibile intenzione di candidarsi alla presidenza. Praticamente, a inizio ottobre, due principali potenziali candidati dell’est Libia sono entrambi figure molto controverse e la posizione di Haftar è decisamente in una situazione forte perché nel caso vinca sarà il presidente e se perdesse, sicuramente, tornerebbe prendere il controllo della forza militare al potere nell’oriente libico.
È probabile che altri potenziali candidati annuncino le loro candidature a breve. A oggi, Saif al-Islam Ghedhafi, uno dei figli Muhammar Gheddafi, ha già espresso interesse a partecipare alla contesa per la presidenza e potrebbe essere il candidato che sia la Turchia che la Russia sosterrebbero per mantenere il controllo del paese in quanto vogliono tenere costante la loro pericolosa influenza, atteso che, secondo le Nazioni Unite, in Libia sono ancora presenti oltre 20.000 mercenari stranieri e militari provenienti oltre che da Turchia (molti ex terroristi Isis) e Russia (mercenari) anche da Sudan e Ciad.
MA IN LIBIA RESTANO ANCORA I MERCENARI
Ricordo che per l’Onu, la loro uscita dal paese è uno dei punti chiave dell’accordo di cessate il fuoco firmato circa un anno fa e che ha aperto la strada alle elezioni nazionali. Purtroppo, attesa la inesistente credibilità degli impegni presi dai due presidenti russo e turco, finora nulla è cambiato sul campo e difficilmente cambierà. Se si vuole trovare qualcosa di buono in tale “stallo” si può constatare che non ci sono stati scontri importanti nella regione di Tripoli o nei dintorni di Sirte nell’area costiera settentrionale. Almeno il cessate il fuoco ha tenuto, anche se la situazione al sud è piuttosto instabile.
Non è credibile che ci sia un abbandono della Libia dei mercenari e terroristi a breve, fondamentalmente perché’ non c’è nessuno che assicuri l’attuazione degli accordi Onu sul campo. La stesa missione Onu è molto debole e sottodimensionata e i suoi componenti non riescono svolgere a pieno il ruolo di garante degli accordi. Le ambasciate di Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti in Libia continuano in cooperazione con l’inviato speciale Jan Kubis nell’esortare tutti gli attori libici a garantire eque elezioni parlamentari e presidenziali il 24 dicembre e a rispettare sia quanto stabilito nella tabella di marcia del Forum di dialogo politico libico (LPDF) a Tunisi nel novembre 2020 sia affermato nella risoluzione 2570 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
FANTASMI DEL RECENTE PASSATO
Purtroppo, per il nostro paese, non sembrerebbe ci sia lo stesso livello di coesione quando si parla di accoglienza degli immigrati clandestini che partono dalla Libia stessa. Tale riluttanza a sostenere l’Italia fa nascere il dubbio che, a fronte del non voler affrontare nei rispettivi paesi il problema economico e sociale, sia ipotizzato dai servizi di sicurezza degli altri paesi che tra coloro che lasciano le coste africane inizino ad esserci alcuni elementi che hanno combattuto le guerre libiche e, anche se poco probabile, qualche ex terrorista Isis.
Si deve poi aggiungere che la pandemia da Virus di Wuhan in Libia avrebbe (condizionale anche in questo caso vista l’area d’obbligo) contagiato più di 340.000 e ci sarebbero più di mille nuovi malati al giorno a fronte di meno di sette milioni di abitanti di cui meno del 5% supera i sessanta anni.
Il 12 novembre si tornerà intorno a un tavolo in Francia. Se non si troverà «la quadra» potrebbero ripresentarsi i fantasmi, alcuni non di vecchia data. Meglio non pensarlo e sperare nel buon esito del voto.